Giornate FAI, Usai: “Il 12 e 13 ottobre apriremo 700 luoghi inediti”
“Le Giornate FAI sono l'appuntamento più importante della Fondazione e si svolgono sia in primavera che in autunno. Sono dei momenti di grandissima festa perché offriamo agli italiani l'opportunità di visitare dei luoghi inediti. In questa edizione sono 700 i luoghi inediti che il FAI aprirà grazie ai suoi volontari e ovviamente chiediamo a chi visiterà i nostri beni di iscriversi, perché attraverso l'iscrizione può aiutare la missione istituzionale della Fondazione”. Lo ha dichiarato Davide Usai, Direttore Generale del Fondo per l’Ambiente Italiano, a margine della presentazione alla stampa delle Giornate del FAI d’autunno che si svolgeranno il 12 e 13 ottobre in tutta Italia.
In merito alla collaborazione con Groupama, Usai ha sottolineato: “Siamo molto contenti che anche quest'anno, per il secondo anno consecutivo, Groupama sostenga le giornate FAI di autunno. Per noi è motivo ovviamente di grande orgoglio, soprattutto perché questa è una partnership che si sta consolidando su dei valori assoluti che condividiamo. Tendenzialmente il FAI sta facendo degli investimenti molto importanti sulla sostenibilità ambientale per assicurare che il patrimonio storico, paesaggistico e naturalistico del nostro Paese venga salvaguardato. Sulla base di questi valori e della sostenibilità, la partnership con Groupama si sta consolidando e auspichiamo possa rafforzarsi e allargarsi anche ad altre iniziative”.
Spettacolo
Musica, Guido Rimonda con la camerata musicale conquista il...
Prossimi concerti a dicembre nelle principali citta’ italiane
"Un sabato di emozioni al Pax Julia con la Camerata Ducale: Terras sem Sombra incanta Beja”, con questo titolo il Diário do Distrito, storico quotidiano portoghese con 150 anni di storia celebra il concerto che la Camerata Ducale, sotto la direzione del maestro Guido Rimonda e presso il Teatro Municipale Pax Julia di Beja, ha tenuto la scorsa settimana a Beja in Portogallo. “In un viaggio musicale attraverso capolavori classici e contemporanei. Il maestro Guido Rimonda, celebre per la sua maestria e sensibilità artistica, ha diretto lo spettacolo con un’interpretazione che ha conquistato tutti i presenti. La serata si è contraddistinta per la qualità musicale e il forte legame creatosi tra i musicisti e il pubblico”, ha aggiunto con toni enfatici il quotidiano portoghese. Il concerto promosso dal Cidim (Comitato Nazionale Italiano Musica) all’interno del progetto Suono Italiano si è tenuto in collaborazione con l'Istituto Italiano di Cultura di Lisbona e grazie al contributo del Ministero della Cultura - Direzione Generale Spettacolo.
“Artefice della riscoperta di Giovan Battista Viotti e geniale innovatore della tecnica violinistica, Guido Rimonda è riconosciuto oggi come il più importante interprete viottiano vivente. Insieme al quintetto Camerata Ducale, sta girando il mondo con l’obiettivo di far conoscere un artista che ha segnato la storia della musica. Siamo davvero felici del grande successo ottenuto in Portogallo. Le nuove tappe del tour che ancora lo aspettano in Italia (Pescara, Messina e Lamezia Terme) sapranno generare lo stesso entusiasmo”, spiega il presidente di Aiam (Associazione Italiana Attività Musicali) e Vicepresidente del Cidim, Francescantonio Pollice.
“Il Festival Terras sem Sombra, in programma tra maggio e novembre, ha appena festeggiato e celebrato la sua ventesima edizione. Guido Rimonda e la sua Camera Musicale si sono esibiti nel corso di uno dei più importanti festival di musica sacra in Portogallo e hanno saputo letteralmente rapire l’attenzione dei presenti. Ringraziamo dunque il Cidim, che ha organizzato l’evento, e rinnoviamo il nostro interesse nel volere continuare insieme a valorizzare all’estero i musicisti italiani, specchio di una cultura sempre in grande crescita e fermento”, conclude Stefano Scaramuzzino, Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Lisbona.
Cultura
‘Le porte aperte della vita’, il nuovo romanzo...
Edito da Besa, sarà presentato mercoledì 4 dicembre alle 18,10 alla sala Margana, Piazza Margana 12, a Roma
Le vite di una donna, l'amante, un marito, una moglie e una figlia 'lesbica', si intrecciano in una storia che parla di laicità e cattolicesimo, di libertà e incapacità di scegliere, di dipendenza affettiva, di ossessione. Il nuovo romanzo di Luciana D'Aleo, 'Le porte aperte della vita', si snoda nell'arco di 20 anni, quando Michela, l'amante, e Guido, il marito, ambedue sposati, si conoscono e iniziano una relazione clandestina , vissuta più sul filo del telefono che degli incontri.
Una relazione che porterà Michela al divorzio e Guido a condurre una doppia vita gestita con continui abbandoni e reincontri che avviluppano Michela trasformandolo in un oscuro oggetto del desiderio, in un'ossessione e che la porterà a scandagliare con coraggio il rapporto con Guido.
Guido 'il clericale', come lo definirà un religioso, continua una vita il cui scopo è salvaguardare se stesso e la sua religiosità combattendo quella laicità, libertà di scelta di cui si sente ammantato ma che in realtà combatte. Quando la figlia gli svela di essere lesbica la prima cosa che pensa mentre la scaccia è 'in cosa ho sbagliato'. E rifugiandosi nel senso di colpa si chiede perché Dio abbia voluto punirlo in quel modo. Così sceglie la moglie, 'una vittima', il senso del dovere, la responsabilità e la sofferenza'.
Ma sarà proprio Così? E Michela avrà il coraggio di dire 'Basta' e rifarsi una Vita? Un romanzo scorrevole, quello di Luciana D'Aleo, che si legge di corsa. Salvo riprenderlo per capire, riflettere e approfondire i temi scottanti che tocca come la religione, la diversità di genere, l'amore, la sessualità, la fedeltà coniugale, la laicità, la libertà di essere se stessi. Strutture e sovrastrutture etiche e morali che possono essere vissute con integralismo o laicamente. Le tante porte della vita che possiamo aprire.
'Le tante porte aperte della vita' di Luciana D'Aleo, edito da Besa sarà presentato mercoledì 4 dicembre alle 18,10 alla sala Margana, Piazza Margana 12.
Politica
Il potere, gli amori e la Rai: Vespa racconta il suo nuovo...
Il giornalista parla all’Adnkronos di “Hitler e Mussolini”, ma anche di Meloni e Giambruno, Schlein sull'Aventino, Fitto in Europa
“Il potere è sempre stato un grande motivo di attrazione, anche se oggi non è più fatale come un tempo. Non si arriva più al suicidio come Geli, la nipote-lolita di Hitler”. Bruno Vespa commenta con l’Adnkronos il suo nuovo libro, “Hitler e Mussolini” (Rai Libri-Mondadori), che racconta anche gli amori, i sentimenti (e, nel caso del Führer, le perversioni) dei due uomini che hanno sconvolto il Novecento. Nella seconda parte, le interviste ai leader di oggi, da Meloni a Conte, da Calenda a Vannacci.
A 17 anni da “L’amore e il potere”, uscito nel 2007, anno della prima lettera di Veronica Lario a “Repubblica”, in cui chiedeva pubbliche scuse a Berlusconi, i rapporti sentimentali sono ancora in grado di condizionare la politica. “Basti pensare al caso Sangiuliano, che è ricostruito nel libro. Mariarosaria Boccia ha provato a usare per il proprio tornaconto il rapporto con il ministro, che era un bravo ministro ma non è riuscito ad arginarla, pagandone le conseguenze. Il caso più clamoroso di questi anni”.
Margherita Sarfatti, Ida Dalser, Rachele Guidi, nel libro ci sono tutte le donne del Duce. “Come si vede dal rapporto con la sua ultima amante, il potere attrae e inquina: se Claretta Petacci era sinceramente innamorata, intorno a sé aveva una famiglia di profittatori, con il padre che si fece raccomandare e il fratello che rubava a mani basse”. All’epoca, mantenere le apparenze era tutto. “Mussolini, che frequentava solo donne sposate, dormì solo una notte con Claretta, quella prima della fucilazione. Non aveva mai passato una notte fuori casa senza Rachele, che infatti diceva a tutti che lui, tanto, tornava sempre da lei”.
Oggi il mondo è cambiato, se si pensa ai rapporti tra Giorgia e Arianna Meloni e i rispettivi compagni, che sono stati chiusi dalle due leader senza troppo rumore né strascichi. Anzi, in questi giorni Andrea Giambruno si cosparge il capo di cenere per i fuorionda che hanno preceduto la rottura. “Fu una clamorosa caduta di gusto che ha portato alle conseguenze che sappiamo, fa piacere che abbia fatto ammenda”, chiosa Vespa.
Nel libro, la ricostruzione ben documentata delle vite dei due dittatori, accomunati anche dall’infanzia travagliata e dalla fine ingloriosa, si intreccia con i personaggi e le vicende dell’epoca. Come il delitto Matteotti, di cui quest’anno ricorre il centenario. “Ha cambiato la storia d’Italia”, rimarca Vespa. "Eppure anche i libri usciti negli ultimi mesi non riescono a dimostrare che Mussolini fu il mandante. Certo, la frase ‘quest’uomo non dovrebbe più circolare’ oggi gli farebbe comunque avere l’ergastolo per esserne stato l’istigatore. Ma non possiamo dire che lo abbia ordinato, sulla base dei documenti e delle testimonianze, persino degli antifascisti. Fu un omicidio eseguito da dilettanti che usarono un’auto vistosa per pedinarlo, come se oggi ci si appostasse sotto casa con una Ferrari. Tanto che il portiere riuscì a prenderne la targa. Lo hanno rapito e non si sa neanche se avessero un’arma – il figlio Matteo parla di una lima – non avevano idea di come seppellirlo, né di come farlo (scavarono la fossa con un cric)”.
Vespa non crede pienamente alla versione di Mussolini. “Negò di aver chiesto anche solo una spedizione punitiva, che in quegli anni erano diffuse, e mi pare difficile. Credo però che in quel momento fosse talmente forte e potente che quel delitto non gli servisse, anzi lo mise con le spalle al muro e lo trasformò nel dittatore spietato che (ancora?) non voleva essere. Nei giorni seguenti alla morte di Matteotti, l’antifascista Paolo Monelli lo incontrò con la barba sfatta, lo videro dare testate al muro, e negli anni seguenti fu lui (insieme al Viminale) a sostenere economicamente la vedova, che invece cacciò da casa gli amici del leader socialista perché non l’avevano aiutata. Credo che l’ala destra che ha sempre condizionato dall’interno il fascismo abbia avuto un ruolo determinante, ai danni del Duce”.
Quest’anno si riparla di Aventino, “per fortuna per questioni non di vita e di morte, bensì per la presidenza della Rai”, commenta il presentatore di “Porta a Porta”. “L’ho detto anche a Elly Schlein, la scelta di bloccare la nomina non la condivido, anche se ovviamente il Pd segue la sua strategia. Ma se la situazione è bloccata è perché un presidente di garanzia non può esistere, visto che trasformerebbe la maggioranza di governo in minoranza nel cda Rai, cosa alquanto curiosa”. E l’Unione Europea, che con lo European Media Freedom Act chiede al governo italiano di rendere la Rai libera dal condizionamento politico? “Lo spiego nel libro: anche alla Bbc, ancor più in altre tv pubbliche come quelle spagnole e francesi, la maggioranza di governo ha voce in capitolo sui vertici. È sempre stato così. Se l’editore è politico, il manager sarà sempre gradito alla politica. Poi la differenza è tra chi si sdraia e chi cerca di restare dignitosamente in piedi. Ho servito sotto 26 capi azienda, sui 29 che si sono alternati nella guida della Rai. 62 anni, di cui 56 in televisione. Dunque ne ho viste di tutti i colori. Posso dire che se adesso in Rai si facesse quello che si fece per evitare che Berlusconi tornasse al potere nel 2001, con Biagi, Benigni, Luttazzi, Santoro, altro che Telemeloni: ci sarebbe la lotta armata nelle strade”.
Chi è andato via dunque non lo ha fatto per un clima ostile che si è creato negli ultimi due anni? “Non mi pare proprio. Fabio Fazio e Bianca Berlinguer sono andati in tv rivali a guadagnare di più, e ricordo che il programma di Fazio, lo dicono i documenti, costava più di quanto rendesse alla tv pubblica. Lucia Annunziata ha scelto di candidarsi con il Pd alle europee. Martiri in giro non ne vedo. Vedo Ranucci, Damilano, Zanchini, Costamagna, Gomez e altri nomi sicuramente non organici a questa maggioranza”.
Infine, il libro racconta per filo e per segno il processo che ha portato alla nomina di Raffaele Fitto alla vicepresidenza esecutiva della Commissione Europea. “A dimostrazione che Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen fossero perfettamente d’accordo, e che l’ostilità sbandierata serviva solo per evitare che la gamba ‘sinistra’ della maggioranza europea facesse precipitare il tavolo per protesta contro l’appoggio dei Conservatori. Quest’estate si raccontava sui giornali un’Italia isolata a Bruxelles che avrebbe avuto un ruolo di basso livello. Invece Fitto è uno dei vicepresidenti che gestirà alcuni dei dossier più importanti. E alla fine avremo un collegio anche più spostato a destra di quanto avevo previsto. Su migrazione e ambiente, il Ppe vota insieme ai Patrioti di Orban e Le Pen. D’altronde, quando parla Friederich Merz, il probabile prossimo cancelliere tedesco, sembra di sentire Salvini”. (di Giorgio Rutelli)