Salute, Saia (Gise): “Malattie cuore prima causa morte ma cure non omogenee per tutti”
"Alcune patologie necessitano di approfondimento diagnostico con appositi device il cui acquisto è spesso vincolato da risorse economiche limitate o assenza di rimborso specifico"
Le patologie cardiovascolari con 217mila decessi all'anno (dati Istituto superiore di sanità) rappresentano la prima causa di morte in Italia. "Tuttavia, l'accesso alle cure per questi pazienti sul territorio nazionale purtroppo non è omogeneo". Così all'Adnkronos Salute il presidente della Società italiana di cardiologia interventistica (Sici-Gise), Francesco Saia, in occasione del dibattito 'Health to the Fullest - Al fianco dei pazienti tra prevenzione, innovazione e sostenibilità', promosso da Abbott oggi a Roma. All'incontro, che si è tenuto nella sede dell'Acquario Romano, sono intervenuti i principali stakeholders della salute, tra rappresentati delle istituzioni e del mondo accademico. Tra i temi affrontati 'L'importanza di una salute accessibile' tra prevenzione, percorso del paziente, approccio multidisciplinare, efficientamento delle risorse, tecnologia e innovazione; e 'Le Best Practice e le nuove sfide' che attendono il Ssn.
"Sono ancora molti i bisogni insoddisfatti dei pazienti - spiega Saia che è anche responsabile della Cardiologia interventistica dell'ospedale Sant'Orsola di Bologna - anche in un panorama di offerta terapeutica di alto livello come la nostra. Alcune patologie, nell'ottica di una terapia ritagliata sul paziente, necessitano di strumentazioni di un certo tipo, tra cui alcuni device, il cui acquisto è però molto vincolato perché rappresentano una voce di spesa pesante. Spesa che va giustamente tenuta sotto controllo. Il problema, però, è che dobbiamo riuscire come clinici, insieme agli amministratori e ai politici, a governare l'introduzione e l'implementazione di questi strumenti e gestirne la sostenibilità perché solo questo ci può permettere di fare delle diagnosi molto accurate e quindi di instaurare delle terapie personalizzate".
Sul fronte delle cure "abbiamo registrato in diverse occasioni delle disparità della diffusione delle più moderne tecniche e tecnologie per il trattamento di questi pazienti sul territorio nazionale - sottolinea Saia - Certamente è importantissimo garantire equità di accesso a tutti". Come Gise "lavoriamo su quelle che sono attualmente le barriere che impediscono che ciò si verifichi. Gli interventi possibili sono tanti a diversi livelli e sicuramente la chiave per risolvere la maggior parte dei problemi è quella di avere una interlocuzione tra i professionisti e le istituzioni che sia continua e vada ad affrontare tutti i possibili problemi che impediscono attualmente l'omogeneità di cura, dal tracciamento mediante codifica appropriata, ai rimborsi, alle valutazioni di qualità delle cure", conclude.
Salute e Benessere
Lo Spallanzani partecipa allo studio sulla febbre...
L'Istituto nazionale per le malattie infettive Spallanzani Irccs di Roma partecipa allo studio di sanità pubblica sul monitoraggio sierologico e molecolare uomo-animale-vettore della febbre emorragica di Congo e Crimea (Cchf) in Italia. Lo studio multicentrico, che partirà a breve, è coordinato dall'Istituto zooprofilattico sperimentale di Abruzzo e Molise e prevede la partecipazione di altre 8 istituzioni nazionali.
Responsabile scientifico del progetto per lo Spallanzani è Daniele Lapa che spiega: "A causa del suo potenziale epidemico, dell'elevato tasso di mortalità, della possibilità di focolai nosocomiali e delle difficoltà di trattamento e prevenzione, il virus Cchf rientra tra gli agenti patogeni inclusi nella lista Blueprint dell'Organizzazione mondiale della sanità, cioè un elenco di malattie ritenute un rischio per la salute pubblica e per cui è stato definito un piano strategico per evitare crisi su larga scala. In merito alla febbre emorragica Congo e Crimea, va detto che si tratta di un virus fortemente presente in Africa e nell'Est Europa e che può manifestarsi anche in forma asintomatica o paucisintomatica".
"In Italia, nonostante un importante presenza delle zecche Hyalomma, capaci di trasmettere il virus - precisa Lapa - questo non è mai stato cercato nella popolazione umana. Invece adesso, con questo studio, andremo a creare un sistema di sorveglianza umana, animale ed entomologica sul territorio italiano. L'impegno da parte dello Spallanzani prevede, tra le altre cose, l'utilizzo del Laboratorio di virologia e biosicurezza per confermare eventuali positività anticorpali nella popolazione umana e animale. Lo studio ci permetterà di capire se nel territorio italiano il virus è presente e questo, di conseguenza, ci aiuterà nel migliorare le strategie di prevenzione, trattamento e controllo".
Salute e Benessere
Occhio al braccio quando si misura la pressione,...
Come mettere il braccio quando si misura la pressione? Va rigorosamente appoggiato sopra un tavolo, perché tenerlo in grembo o peggio ancora penzoloni può falsare i risultati al punto da far diagnosticare (e curare) un'ipertensione quando l'ipertensione non c'è. A mettere in guardia medici e pazienti è un gruppo di ricercatori della Johns Hopkins Medicine negli Usa, che in uno studio pubblicato su 'Jama Internal Medicine' spiegano gli errori da non fare, calcolando quanto potrebbero pesare sulla correttezza dei valori rilevati: sbagliando la posizione del braccio la pressione diastolica, la cosiddetta minima, può risultare oltre 4 millimetri di mercurio (mmHg) più alta del reale, mentre quella sistolica, cioè la massima, maggiore di quasi 7 mmHg. Abbastanza per fare la differenza tra un referto di 'normoteso' e uno di 'iperteso'.
Gli autori del lavoro - tra i cui enti finanziatori compaiono Bloomberg Philanthropies, Bill and Melinda Gates Foundation, Gates Philanthropy Partners e Chan Zuckerberg Foundation - sottolineano l'importanza di rispettare le indicazioni sulla corretta misurazione della pressione arteriosa, per non rischiare di ottenere dati "notevolmente sovrastimati". Le ultime linee guida dell'American Heart Association elencano i diversi passaggi chiave per un test fatto bene: usare un bracciale di dimensioni appropriate da indossare sull'avambraccio all'altezza del cuore, sedersi appoggiando la schiena con i piedi ben piantati sul pavimento e le gambe non incrociate, mettere il braccio su una scrivania o un tavolo. Nonostante queste raccomandazioni, "troppo spesso" la pressione viene misurata con il braccio in posizione sbagliata, segnalano gli scienziati: sorretto dal medico, tenuto in grembo dal paziente, di lato senza alcun sostegno. Invece "la posizione fa una grande differenza", avverte Tammy Brady, autore principale dello studio.
La ricerca è stata condotta su 133 adulti dai 18 agli 80 anni, seguendo tutte le raccomandazioni per una misurazione 'doc' della pressione, fatta eccezione per le diverse posizioni del braccio. Gli autori hanno così osservato che "le misurazioni ottenute con le posizioni del braccio utilizzate di frequente nella pratica clinica (braccio in grembo o non supportato) erano notevolmente più alte di quelle ottenute quando il braccio era appoggiato su una scrivania, la posizione standard raccomandata". Nel dettaglio, tenere il braccio in grembo causava una sovrastima pari a 3,9 mmHg per la pressione sistolica e di 4 mmHg per la diastolica, mentre lasciarlo penzoloni falsava il dato di +6,5 mmHg per la sistolica e di +4,4 mmHg per la diastolica. Quasi 7 mmHg di pressione sistolica in più "significa una differenza potenziale differenza tra una massima di 123 e una di 130, o tra una di 133 e una di 140 che è considerata ipertensione di stadio 2", rimarca Sherry Liu, fra gli autori dello studio.
Salute e Benessere
Occhio al braccio quando si misura la pressione, ecco...
Lo studio: tenerlo nella posizione sbagliata può falsare i risultati portando a false diagnosi di ipertensione
Come mettere il braccio quando si misura la pressione? Va rigorosamente appoggiato sopra un tavolo, perché tenerlo in grembo o peggio ancora penzoloni può falsare i risultati al punto da far diagnosticare (e curare) un'ipertensione quando l'ipertensione non c'è. A mettere in guardia medici e pazienti è un gruppo di ricercatori della Johns Hopkins Medicine negli Usa, che in uno studio pubblicato su 'Jama Internal Medicine' spiegano gli errori da non fare, calcolando quanto potrebbero pesare sulla correttezza dei valori rilevati: sbagliando la posizione del braccio la pressione diastolica, la cosiddetta minima, può risultare oltre 4 millimetri di mercurio (mmHg) più alta del reale, mentre quella sistolica, cioè la massima, maggiore di quasi 7 mmHg. Abbastanza per fare la differenza tra un referto di 'normoteso' e uno di 'iperteso'.
Lo studio
Gli autori del lavoro - tra i cui enti finanziatori compaiono Bloomberg Philanthropies, Bill and Melinda Gates Foundation, Gates Philanthropy Partners e Chan Zuckerberg Foundation - sottolineano l'importanza di rispettare le indicazioni sulla corretta misurazione della pressione arteriosa, per non rischiare di ottenere dati "notevolmente sovrastimati". Le ultime linee guida dell'American Heart Association elencano i diversi passaggi chiave per un test fatto bene: usare un bracciale di dimensioni appropriate da indossare sull'avambraccio all'altezza del cuore, sedersi appoggiando la schiena con i piedi ben piantati sul pavimento e le gambe non incrociate, mettere il braccio su una scrivania o un tavolo. Nonostante queste raccomandazioni, "troppo spesso" la pressione viene misurata con il braccio in posizione sbagliata, segnalano gli scienziati: sorretto dal medico, tenuto in grembo dal paziente, di lato senza alcun sostegno. Invece "la posizione fa una grande differenza", avverte Tammy Brady, autore principale dello studio.
La ricerca è stata condotta su 133 adulti dai 18 agli 80 anni, seguendo tutte le raccomandazioni per una misurazione 'doc' della pressione, fatta eccezione per le diverse posizioni del braccio. Gli autori hanno così osservato che "le misurazioni ottenute con le posizioni del braccio utilizzate di frequente nella pratica clinica (braccio in grembo o non supportato) erano notevolmente più alte di quelle ottenute quando il braccio era appoggiato su una scrivania, la posizione standard raccomandata". Nel dettaglio, tenere il braccio in grembo causava una sovrastima pari a 3,9 mmHg per la pressione sistolica e di 4 mmHg per la diastolica, mentre lasciarlo penzoloni falsava il dato di +6,5 mmHg per la sistolica e di +4,4 mmHg per la diastolica. Quasi 7 mmHg di pressione sistolica in più "significa una differenza potenziale differenza tra una massima di 123 e una di 130, o tra una di 133 e una di 140 che è considerata ipertensione di stadio 2", rimarca Sherry Liu, fra gli autori dello studio.