Salute, Consoli (Eudf Italia): “4 mln con diabete ma è inaccettabile disparità cure tra regioni “
"Malattia è emergenza sanitaria, al Parlamento europeo chiediamo politiche per garantire equità e omogeneità di trattamenti"
"Oggi sono circa 4 milioni gli italiani con diabete. Per questi pazienti la tecnologia in tutte le sue forme è un grande ausilio per far sì che possano vivere una vita il più possibile uguale a quella delle persone senza diabete. Tra queste tecnologie, per esempio, abbiamo il monitoraggio in continuo della glicemia, e tutte quelle possibilità di formazione di rete telematiche che mettano in connessione il paziente e gli operatori che intorno ad esso ruotano, in maniera che l'assistenza sia il più possibile integrata. Tuttavia per un paziente di Crotone il trattamento è diverso rispetto ad un diabetico di Cravelcore". Così all'Adnkronos Salute Agostino Consoli, coordinatore dell'European Diabetes Forum (Eudf) per l'Italia, in occasione del convegno 'Health to the Fullest - Al fianco dei pazienti tra prevenzione, innovazione e sostenibilità', promosso da Abbott oggi a Roma.
"Il diabete è un'emergenza sanitaria, non solo nel nostro Paese. Per questo motivo, come Forum europeo per il diabete - spiega Consoli - abbiamo presentato un documento di impegno ai candidati al Parlamento europeo, affinché una volta eletti portassero in Europa quelle politiche necessarie a fronteggiare quella che è un'emergenza sanitaria in Italia come in Europa, una malattia con un peso sociale ed economico enorme". Questo documento "ha, tra le altre cose, al centro un call, un richiamo alla equità delle cure. Tutte le persone con diabete devono infatti avere accesso alle cure più moderne e migliori in maniera equa e omogenea. In Italia, purtroppo, abbiamo enormi disparità di trattamento tra le diverse regioni. E' diverso se nasco a Crotone o nasco a Crevalcore. E non necessariamente è meglio nascere a Crevalcore, ma è diverso e bisogna che sia uguale".
Le persone "che trattiamo con insulina hanno bisogno di monitorare molto frequentemente, possibilmente in continuo, la loro glicemia. Solo in poche regioni d'Italia gli apparecchi per la misurazione in continuo della glicemia, i sensori, sono disponibili gratuitamente a tutte le persone che si trattano con insulina. E questa è una cosa che deve essere superata", conclude.
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Lo Spallanzani partecipa allo studio sulla febbre...
L'Istituto nazionale per le malattie infettive Spallanzani Irccs di Roma partecipa allo studio di sanità pubblica sul monitoraggio sierologico e molecolare uomo-animale-vettore della febbre emorragica di Congo e Crimea (Cchf) in Italia. Lo studio multicentrico, che partirà a breve, è coordinato dall'Istituto zooprofilattico sperimentale di Abruzzo e Molise e prevede la partecipazione di altre 8 istituzioni nazionali.
Responsabile scientifico del progetto per lo Spallanzani è Daniele Lapa che spiega: "A causa del suo potenziale epidemico, dell'elevato tasso di mortalità, della possibilità di focolai nosocomiali e delle difficoltà di trattamento e prevenzione, il virus Cchf rientra tra gli agenti patogeni inclusi nella lista Blueprint dell'Organizzazione mondiale della sanità, cioè un elenco di malattie ritenute un rischio per la salute pubblica e per cui è stato definito un piano strategico per evitare crisi su larga scala. In merito alla febbre emorragica Congo e Crimea, va detto che si tratta di un virus fortemente presente in Africa e nell'Est Europa e che può manifestarsi anche in forma asintomatica o paucisintomatica".
"In Italia, nonostante un importante presenza delle zecche Hyalomma, capaci di trasmettere il virus - precisa Lapa - questo non è mai stato cercato nella popolazione umana. Invece adesso, con questo studio, andremo a creare un sistema di sorveglianza umana, animale ed entomologica sul territorio italiano. L'impegno da parte dello Spallanzani prevede, tra le altre cose, l'utilizzo del Laboratorio di virologia e biosicurezza per confermare eventuali positività anticorpali nella popolazione umana e animale. Lo studio ci permetterà di capire se nel territorio italiano il virus è presente e questo, di conseguenza, ci aiuterà nel migliorare le strategie di prevenzione, trattamento e controllo".
Salute e Benessere
Occhio al braccio quando si misura la pressione,...
Come mettere il braccio quando si misura la pressione? Va rigorosamente appoggiato sopra un tavolo, perché tenerlo in grembo o peggio ancora penzoloni può falsare i risultati al punto da far diagnosticare (e curare) un'ipertensione quando l'ipertensione non c'è. A mettere in guardia medici e pazienti è un gruppo di ricercatori della Johns Hopkins Medicine negli Usa, che in uno studio pubblicato su 'Jama Internal Medicine' spiegano gli errori da non fare, calcolando quanto potrebbero pesare sulla correttezza dei valori rilevati: sbagliando la posizione del braccio la pressione diastolica, la cosiddetta minima, può risultare oltre 4 millimetri di mercurio (mmHg) più alta del reale, mentre quella sistolica, cioè la massima, maggiore di quasi 7 mmHg. Abbastanza per fare la differenza tra un referto di 'normoteso' e uno di 'iperteso'.
Gli autori del lavoro - tra i cui enti finanziatori compaiono Bloomberg Philanthropies, Bill and Melinda Gates Foundation, Gates Philanthropy Partners e Chan Zuckerberg Foundation - sottolineano l'importanza di rispettare le indicazioni sulla corretta misurazione della pressione arteriosa, per non rischiare di ottenere dati "notevolmente sovrastimati". Le ultime linee guida dell'American Heart Association elencano i diversi passaggi chiave per un test fatto bene: usare un bracciale di dimensioni appropriate da indossare sull'avambraccio all'altezza del cuore, sedersi appoggiando la schiena con i piedi ben piantati sul pavimento e le gambe non incrociate, mettere il braccio su una scrivania o un tavolo. Nonostante queste raccomandazioni, "troppo spesso" la pressione viene misurata con il braccio in posizione sbagliata, segnalano gli scienziati: sorretto dal medico, tenuto in grembo dal paziente, di lato senza alcun sostegno. Invece "la posizione fa una grande differenza", avverte Tammy Brady, autore principale dello studio.
La ricerca è stata condotta su 133 adulti dai 18 agli 80 anni, seguendo tutte le raccomandazioni per una misurazione 'doc' della pressione, fatta eccezione per le diverse posizioni del braccio. Gli autori hanno così osservato che "le misurazioni ottenute con le posizioni del braccio utilizzate di frequente nella pratica clinica (braccio in grembo o non supportato) erano notevolmente più alte di quelle ottenute quando il braccio era appoggiato su una scrivania, la posizione standard raccomandata". Nel dettaglio, tenere il braccio in grembo causava una sovrastima pari a 3,9 mmHg per la pressione sistolica e di 4 mmHg per la diastolica, mentre lasciarlo penzoloni falsava il dato di +6,5 mmHg per la sistolica e di +4,4 mmHg per la diastolica. Quasi 7 mmHg di pressione sistolica in più "significa una differenza potenziale differenza tra una massima di 123 e una di 130, o tra una di 133 e una di 140 che è considerata ipertensione di stadio 2", rimarca Sherry Liu, fra gli autori dello studio.
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Occhio al braccio quando si misura la pressione, ecco...
Lo studio: tenerlo nella posizione sbagliata può falsare i risultati portando a false diagnosi di ipertensione
Come mettere il braccio quando si misura la pressione? Va rigorosamente appoggiato sopra un tavolo, perché tenerlo in grembo o peggio ancora penzoloni può falsare i risultati al punto da far diagnosticare (e curare) un'ipertensione quando l'ipertensione non c'è. A mettere in guardia medici e pazienti è un gruppo di ricercatori della Johns Hopkins Medicine negli Usa, che in uno studio pubblicato su 'Jama Internal Medicine' spiegano gli errori da non fare, calcolando quanto potrebbero pesare sulla correttezza dei valori rilevati: sbagliando la posizione del braccio la pressione diastolica, la cosiddetta minima, può risultare oltre 4 millimetri di mercurio (mmHg) più alta del reale, mentre quella sistolica, cioè la massima, maggiore di quasi 7 mmHg. Abbastanza per fare la differenza tra un referto di 'normoteso' e uno di 'iperteso'.
Lo studio
Gli autori del lavoro - tra i cui enti finanziatori compaiono Bloomberg Philanthropies, Bill and Melinda Gates Foundation, Gates Philanthropy Partners e Chan Zuckerberg Foundation - sottolineano l'importanza di rispettare le indicazioni sulla corretta misurazione della pressione arteriosa, per non rischiare di ottenere dati "notevolmente sovrastimati". Le ultime linee guida dell'American Heart Association elencano i diversi passaggi chiave per un test fatto bene: usare un bracciale di dimensioni appropriate da indossare sull'avambraccio all'altezza del cuore, sedersi appoggiando la schiena con i piedi ben piantati sul pavimento e le gambe non incrociate, mettere il braccio su una scrivania o un tavolo. Nonostante queste raccomandazioni, "troppo spesso" la pressione viene misurata con il braccio in posizione sbagliata, segnalano gli scienziati: sorretto dal medico, tenuto in grembo dal paziente, di lato senza alcun sostegno. Invece "la posizione fa una grande differenza", avverte Tammy Brady, autore principale dello studio.
La ricerca è stata condotta su 133 adulti dai 18 agli 80 anni, seguendo tutte le raccomandazioni per una misurazione 'doc' della pressione, fatta eccezione per le diverse posizioni del braccio. Gli autori hanno così osservato che "le misurazioni ottenute con le posizioni del braccio utilizzate di frequente nella pratica clinica (braccio in grembo o non supportato) erano notevolmente più alte di quelle ottenute quando il braccio era appoggiato su una scrivania, la posizione standard raccomandata". Nel dettaglio, tenere il braccio in grembo causava una sovrastima pari a 3,9 mmHg per la pressione sistolica e di 4 mmHg per la diastolica, mentre lasciarlo penzoloni falsava il dato di +6,5 mmHg per la sistolica e di +4,4 mmHg per la diastolica. Quasi 7 mmHg di pressione sistolica in più "significa una differenza potenziale differenza tra una massima di 123 e una di 130, o tra una di 133 e una di 140 che è considerata ipertensione di stadio 2", rimarca Sherry Liu, fra gli autori dello studio.