Giornata Internazionale dell’Anziano: quando si è considerati tali nei vari Paesi Ue?
Oggi, primo ottobre, è la Giornata Internazionale dell’Anziano. Praticamente, è la festa di un italiano su quattro, dal momento che, come certifica l’Istat, il 24,3% degli italiani ha almeno 65 anni. Un dato in crescita a inizio 2024 rispetto al 24% del 2023. In totale si tratta di 14 milioni 358mila persone.
Prima di vedere quando si è considerati anziani nei principali Paesi europei, giova ricordare che l’Italia è il Paese dell’Unione europea con il più alto numero di anziani (dati Eurostat). L’età media è di 48,4 anni. L’età media della popolazione Ue, invece, è di 44,5 anni, con un aumento di 2,3 anni rispetto al 2013. Insomma, l’Unione europea è sempre più “Vecchio Continente” non solo da un punto di vista geologico, anche se le cose cambiano tra i vari Paesi.
L’età media per andare in pensione in Europa varia a seconda del Paese, ma in generale si attesta attorno ai 64 anni e 4 mesi per gli uomini e 63 anni e 4 mesi per le donne. In questo contesto, l’Italia si colloca nella fascia più alta per quanto riguarda l’età pensionabile, con la pensione di vecchiaia fissata a 67 anni, come accade in Grecia, con specifiche differenze sulle pensioni anticipate.
Particolare la situazione della Danimarca dove non esiste un’età fissa per andare in pensione ma un sistema progressivo, in cui, l’età pensionabile viene gradualmente innalzata ogni sei mesi, perciò, facendo un esempio, chi è nato al 31 dicembre del 1953 potrà andare in pensione all’età di 65 anni, mentre chi è nato nell’arco temporale che va dal 1° gennaio 1954 al 30 giugno 1954, andrà in pensione all’età di 65,5 anni e così via.
Quando si è considerati anziani in Italia
Questa analisi condivisa in occasione della Giornata Internazionale dell’Anziano partirà dall’età pensionabile dei vari Paesi, per poi spostarsi su servizi e agevolazioni previsti per questa categoria di cittadini.
La pensione di vecchiaia
In Italia, l’età pensionabile è fissata a 67 anni, ma il sistema previdenziale consente una certa flessibilità (ridotta negli ultimi tempi per rispondere alla crisi demografica). Con la pensione anticipata, si può andare in pensione a partire dai 62 anni, ma con delle penalizzazioni. Questo sistema risponde a due necessità: da un lato garantire la sostenibilità delle casse pubbliche in un Paese con una popolazione sempre più anziana e con meno giovani a contribuire; dall’altro, cercare di non penalizzare eccessivamente chi ha svolto lavori gravosi o è entrato presto nel mercato del lavoro.
Pensione di vecchiaia: 67 anni;
Pensione anticipata (con penalizzazioni sull’importo dell’assegno): a partire dai 62 anni di età purché si abbiano almeno 38 anni di contributi.
Opzione Donna
Requisiti: le lavoratrici devono avere almeno 61 anni di età e 35 anni di contributi per andare in pensione. L’età può essere ridotta di un anno per ogni figlio, fino a un massimo di due anni. Le lavoratrici licenziate o in crisi aziendale possono accedere a 59 anni con 35 anni di contributi;
Decorrenza: La pensione decorre dopo 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e 18 mesi per le autonome dalla maturazione dei requisiti.
Servizi e agevolazioni per anziani
In Italia, le agevolazioni per gli anziani sono ancora sproporzionate rispetto alla domanda. Ci sono sconti sui trasporti pubblici, come l’abbonamento agevolato per gli over 65, che permette di viaggiare a costi ridotti. Inoltre, molti Comuni offrono iniziative culturali gratuite o a prezzi scontati per gli anziani, oltre a servizi sanitari convenzionati, come visite mediche e terapie a tariffe calmierate. Non mancano programmi di assistenza domiciliare per anziani non autosufficienti, spesso gestiti da enti locali o associazioni di volontariato.
L’invecchiamento della popolazione invita il Paese a incentivare questi meccanismi e a investire di più nella Silver Economy, in modo da cogliere anche gli aspetti positivi del trend demografico.
La pensione in Spagna
Anche la Spagna si trova ad affrontare pressioni simili a quelle italiane, con un’età pensionabile attualmente fissata a 67 anni fino 2027, come previsto dalla riforma delle pensioni approvata lo scorso anno. È possibile andare in pensione anticipata a 65 anni se si hanno almeno 38 anni e 6 mesi di contributi con una riduzione della pensione per non sovraccaricare le casse dello Stato.
Alcune categorie, come i lavoratori invalidi e il personale militare, possono accedere a pensioni anticipate anche prima di questa età.
La principale modifica della riforma pensionistica prevede che dal 2025 ci sia un aumento del contributo alla sicurezza sociale, specialmente per i redditi più alti. Una nuova “quota di solidarietà” sarà applicata ai salari superiori a 54.000 euro lordi annuali, con l’obiettivo di garantire una maggiore equità nel sistema pensionistico
Demograficamente, la Spagna ha una popolazione anziana in crescita, ma rispetto all’Italia, la pressione sui giovani è leggermente inferiore grazie a un tasso di natalità e un’immigrazione in lieve ripresa negli ultimi anni.
Servizi e agevolazioni per anziani
In Spagna, gli anziani di sconti sui trasporti pubblici locali e sui treni a lunga percorrenza, con la Tarjeta Dorada di Renfe che offre riduzioni fino al 40% sui viaggi per gli over 60.
Anche sul fronte culturale, ci sono agevolazioni per musei e teatri, mentre il programma di turismo sociale IMSERSO consente agli anziani di viaggiare a prezzi ridotti durante la bassa stagione, una misura che non solo offre svago agli anziani, ma sostiene anche il settore turistico spagnolo fuori dai periodi di alta affluenza.
La pensione in Francia
La Francia ha una delle età pensionabili più basse d’Europa, fissata a 62 anni, ma solo per chi ha raggiunto il numero minimo di contributi richiesti, che varia tra 42 e 43 anni in base all’età anagrafica. Dal 1° settembre 2023 l’età pensionabile viene gradualmente (con un incremento di tre mesi all’anno fino al 2030) per i nati dal 1968 in poi. innalzata fino a 64 anni per i nati dal 1968 in poi (impossibile dimenticare le rivolte dei lavoratori francesi per queta modifica). Questa scelta riflette sia una tradizione di forti politiche sociali, sia la pressione economica: come in Italia, la popolazione anziana è in crescita, con la necessità di equilibrare i conti pubblici.
Servizi e agevolazioni per anziani
I pensionati francesi godono di numerosi benefici. La Carte Senior+ della SNCF offre sconti del 30% sui treni e ci sono agevolazioni per il riscaldamento domestico e altre spese. Inoltre, il sistema sanitario francese garantisce una copertura quasi totale per le cure mediche agli over 60, con programmi specifici per prevenzione e assistenza a lungo termine.
La pensione in Germania
A partire dal 2024, l’età pensionabile ordinaria salirà a 66 anni per i nati nel 1958. Per i nati successivamente, l’età aumenterà progressivamente di due mesi per ogni anno, fino a raggiungere 67 anni per coloro nati nel 1964 e oltre. È possibile accedere alla pensione a 63 anni senza penalizzazioni, ma solo per i lavoratori nati prima del 1° gennaio 1953, che abbiano maturato 45 anni di contributi. Per i nati dopo questa data, l’età per il pensionamento anticipato si allinea con l’età pensionabile ordinaria.
Per ottenere una pensione completa senza penalizzazioni, è necessario avere un’anzianità contributiva di almeno 45 anni. La Germania può permettersi una maggiore stabilità del sistema pensionistico, ma il problema dell’invecchiamento della popolazione è comunque presente e la locomotiva d’Europa sta rallentando notevolmente.
Per questo, la recente riforma pensionistica ha sollevato preoccupazioni tra economisti e commentatori, che suggeriscono che sarebbe stato più opportuno aumentare l’età pensionabile piuttosto che consentire un anticipo. Ci sono anche timori riguardo ai costi associati a queste modifiche, stimati in circa 30 miliardi di euro entro il 2030.
Servizi e agevolazioni per anziani
In Germania, gli anziani possono usufruire di abbonamenti mensili scontati per i trasporti pubblici, come il Seniorenticket, e ci sono sgravi fiscali per chi continua a lavorare part-time anche dopo l’età pensionabile. Inoltre, i servizi sanitari per gli anziani sono tra i più sviluppati d’Europa, con un sistema di assistenza a domicilio altamente efficiente e ampiamente supportato dallo Stato.
Altri Paesi europei
Paesi Bassi
Età pensionabile: attualmente, l’età pensionabile nei Paesi Bassi è 67 anni. Fino al 2024, l’età pensionabile era fissata a 66 anni e 4 mesi, ma è stata aggiornata per riflettere l’aspettativa di vita;
Pensionamento anticipato: è possibile andare in pensione anticipata a partire dai 63 anni, ma con una riduzione della pensione. I requisiti specifici possono variare in base al piano pensionistico individuale.
Grecia
Età pensionabile: L’età pensionabile in Grecia è fissata a 67 anni. Tuttavia, coloro che hanno almeno 40 anni di contributi possono andare in pensione anticipatamente a 62 anni;
Pensionamento anticipato: Oltre alla possibilità di andare in pensione a 62 anni con 40 anni di contributi, ci sono anche altre eccezioni per lavori usuranti o categorie specifiche.
Lituania, il Paese Ue dove si va prima in pensione
Il Paese dell’Est Europa ha l’età pensionabile più bassa in Europa, fissata attualmente a 59 anni per gli uomini e 58 anni per le donne.
Demografica
Siamo davvero destinati a vivere 100 anni? Secondo...
Vivere fino a 100 anni forse non è così scontato. Che la longevità abbia un limite ben preciso è un dato emerso da una recente ricerca. Lo studio è stato condotto da S. Jay Olshansky, un esperto in aspettativa di vita, docente della School of Public Health dell’Università dell’Illinois a Chicago.
Olshansky ha guidato lo studio, pubblicato il 7 ottobre sulla rivista Nature Aging, in cui si analizzano i dati sulla possibile longevità in diverse popolazioni, evidenziando un cambiamento rispetto al passato: se nei secoli XIX e XX l’aspettativa di vita ha quasi raddoppiato, oggi assistiamo a un rallentamento dei guadagni di anni. Cosa significa tutto questo per il futuro della nostra salute e della nostra vita?
L’aspettativa di vita
Nelle popolazioni con maggiore longevità, l’aspettativa di vita alla nascita è aumentata in media di soli 6,5 anni dal 1990, dopo essere quasi raddoppiata durante il XX secolo grazie ai progressi nella prevenzione delle malattie.
Secondo gli esperti, gli esseri umani sembrano, adesso, aver raggiunto un limite biologico alla vita. “La maggior parte delle persone vive oggi grazie a un tempo ‘creato’ dalla medicina – ha spiegato S. Jay Olshansky, l’autore principale dello studio -. Tuttavia, questi ‘cerotti’ medici producono meno anni di vita, il che implica che il periodo di rapidi aumenti dell’aspettativa di vita è finito”.
Un bambino nato oggi negli Stati Uniti può aspettarsi di vivere fino a 77,5 anni. Nello specifico, le bambine hanno una vita media di 80,2 anni, mentre i bambini di 74,8 anni, secondo i dati del National Center for Health Statistics. In Italia, la situazione è ancora più positiva: l’aspettativa di vita alla nascita è di circa 83 anni, con le donne che vivono mediamente fino a 85,3 anni e gli uomini fino a 80,5 anni, rendendo l’Italia uno dei Paesi con la maggiore longevità al mondo.
La ricerca e i suoi risultati
Olshansky, che studia l’aspettativa di vita da decenni, aveva già previsto in un articolo pubblicato nel 1990 sulla rivista Science che le persone stavano avvicinandosi a un tetto per l’aspettativa di vita intorno agli 85 anni. Molti esperti avevano invece previsto che i progressi nell’assistenza sanitaria avrebbero portato a ulteriori guadagni in termini di tempo. Lo studio prevede, invece, che i miglioramenti nell’aspettativa di vita continueranno a rallentare man mano che sempre più persone sperimentano gli effetti inesorabili dell’invecchiamento.
I ricercatori hanno esaminato i cambiamenti osservati nei tassi di mortalità e nelle aspettative di vita dal 1990 al 2019 negli otto Paesi più longevi al mondo. Parliamo di Giappone, Corea del Sud, Australia, Francia, Italia, Svizzera, Svezia e Spagna, oltre agli Stati Uniti. Hanno scoperto che il miglioramento dell’aspettativa di vita ha rallentato in quasi tutti questi luoghi.
“Il nostro risultato ribalta la convisione secondo cui l’aumento naturale di longevità per la nostra specie è proficuo e riguarda il futuro – ha dichiarato Olshansky -. In realtà, si trova dietro di noi, in un intervallo tra i 30 e i 60 anni. Abbiamo ora dimostrato che la medicina moderna sta producendo miglioramenti incrementali sempre più ridotti nella longevità, anche se i progressi medici avvengono a un ritmo vertiginoso”.
Fino a 100 anni si può?
Sebbene sia probabile che sempre più persone raggiungano i 100 anni, secondo il dottore, queste saranno un’eccezione, contrariamente a quanto si pensa in molti ambiti, come le assicurazioni e la gestione patrimoniale, dove si calcola che la maggior parte delle persone vivrà quasi un secolo: “Questo ragionamento è semplicemente sbagliato”, ha aggiunto Olshansky.
Lo studio sottolinea che, sebbene la scienza e la medicina possano produrre ulteriori benefici, potrebbe avere più senso investire nel miglioramento della qualità della vita piuttosto che nell’estensione della vita stessa.
I ricercatori hanno chiamato a un investimento nella geroscienza, la biologia dell’invecchiamento, sostenendo che potrebbe essere la chiave per la prossima ondata di salute e longevità: “Questa è una sorta di soffitto di vetro, non un muro di mattoni,” ha notato Olshansky. Ridurre i fattori di rischio, lavorare per eliminare le disuguaglianze e incoraggiare stili di vita più sani può consentire alle persone di vivere più a lungo e in salute.
“Possiamo superare questo soffitto di salute e longevità con la geroscienza e sforzi per rallentare gli effetti dell’invecchiamento, ma quello non lo possiamo più rallentare”, ha concluso.
Demografica
Jeff Bezos e il puttering prima di iniziare a lavorare: di...
C’è qualcosa che riguarda il lavoro, viene fatta da Jeff Bezos e puoi fare anche tu: rilassarti per bene prima di iniziare a produrre. Questo, in estrema sintesi, è il puttering, routine che il fondatore di Amazon, nonché uno degli uomini più ricchi del mondo con un patrimonio stimato di 204 miliardi di dollari, segue pedissequamente ogni mattina.
Puttering, cosa è?
Invece di cominciare la giornata con riunioni affollate o telefonate, Bezos dedica un’ora del mattino al “puttering”, termine che lui stesso descrive come una serie di attività rilassanti e non strutturate. Durante un discorso al Economic Club di Washington, Bezos ha sottolineato quanto sia importante per lui questo tempo libero, che gli permette di ricaricare le energie prima di affrontare gli impegni della giornata.
“Puttering” per Bezos significa muoversi lentamente in casa, senza fretta, magari dedicandosi a una passeggiata o facendo piccole faccende. Non è un momento per prendere decisioni importanti, ma piuttosto per distendersi e prepararsi mentalmente. Questa abitudine, come ha spiegato fondatore di Amazon, gli consente di essere più lucido durante le riunioni più impegnative che, non a caso, pianifica solo a partire dalle 10 del mattino. Molti non se lo possono permettere, ma la sua testimonianza offre spunti interessanti per tutti i lavoratori.
“Preferisco fare le riunioni che richiedono maggiore concentrazione prima di pranzo, quando la mia energia è al massimo. Dopo le 5 di sera, non riesco più a pensare in modo chiaro”, ha detto Bezos spiegando che grand parte del suo successo deriva al riposo e al tempo dedicato a sé stesso. Ha spiegato che si assicura di dormire almeno otto ore ogni notte, perché questo migliora il suo umore, la sua capacità decisionale e la sua energia.
Nel suo libro Invent & Wander, ha scritto: “Dormire a sufficienza mi fa pensare meglio, avere più energia e migliorare il mio stato d’animo”. Questo approccio bilanciato tra lavoro e riposo gli ha permesso di mantenere livelli elevati di produttività nel lungo periodo.
I benefici del “puttering”
Il “puttering”, al di là della routine di Jeff Bezos, ha benefici riconosciuti per la salute mentale e fisica. Secondo Maris Loeffler, terapista specializzata in ansia e stress presso lo Stanford Lifestyle Medicine Program, dedicarsi ad attività rilassanti all’inizio della giornata può ridurre i livelli di ansia e migliorare la concentrazione. Loeffler avverte che trascorrere troppo tempo su dispositivi elettronici appena svegli può avere l’effetto opposto, danneggiando la memoria e la capacità di apprendimento a lungo termine.
Molti studi, come quelli citati dalla Loeffler, collegano un uso eccessivo dei dispositivi a una riduzione del volume della materia grigia nel cervello, associata a un declino delle funzioni cognitive. Una situazione sempre più urgente, ma anche avvertita come dimostra la petizione firmata da esperti e vip per vietare l’uso dello smartphone agli under 14 e dei social agli under 16.
Il “puttering”, quindi, rappresenta un antidoto al sovraccarico mentale causato dalla tecnologia. Lontano dai dispositivi, Bezos riesce a iniziare la giornata in modo più sereno e con un approccio più calmo, concentrato su attività manuali o rilassanti. Questo tipo di routine consente di ridurre lo stress e di prevenire problemi di salute legati a ritmi troppo frenetici, come dimostrano anche altre ricerche sull’importanza di prendersi momenti di pausa e relax nel corso della giornata.
Un esempio di vita equilibrata
Nonostante la sua vita frenetica e le responsabilità legate alla gestione di un colosso come Amazon, Bezos ha scelto di mantenere una routine che gli consente di bilanciare lavoro e riposo. Il suo “puttering” mattutino è un esempio di come anche i leader più impegnati possono trarre beneficio da momenti di pausa e riflessione.
Insomma, non sono solo le lunghe ore di lavoro a determinare il successo, ma anche la capacità di prendersi cura di sé, mantenendo un equilibrio mentale e fisico che lo aiuta a rimanere performante nel lungo periodo.
La sua filosofia si riflette anche nella struttura delle sue giornate lavorative: Bezos preferisce gestire gli impegni più complessi nelle ore del mattino, quando si sente più fresco e pronto ad affrontare gli impegni di lavoro.
Ora non ci resta che testare.
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Denatalità, Rago (Pertini): “Scelte personali devono tener...
La denatalità in Italia è un problema gravissimo. Lo ha ribadito con decisione Rocco Rago, direttore dell’unità operativa di fisiopatologia della riproduzione dell’ospedale Sandro Pertini di Roma e direttore del dipartimento materno-infantile della Asl Roma 2.
In occasione della XVIII edizione delle giornate di andrologia e medicina della riproduzione, il più grande congresso di medicina della riproduzione che si tiene ogni anno a Sabaudia, Rago ha chiarito: “La situazione non è grave. È gravissima. Serve una cultura fisiologica della riproduzione”.
La denatalità in Italia
Negli ultimi anni, l’Italia ha registrato un costante calo della natalità. L’attuale media è di soli 1,2 figli per donna nel 2023, in diminuzione rispetto all’1,24 del 2022. Secondo l’Istat, nel 2023 sono stati circa 379mila nati, con un tasso di natalità sceso a 6,4 per mille, rispetto al 6,7 dell’anno precedente.
Questo declino è iniziato nel 2008 e ha portato a una perdita complessiva di 197mila nascite (-34,2%). Le coppie senza figli e i genitori single sono in aumento, mentre la maternità viene posticipata, con l’età media delle donne che ricorrono alla procreazione assistita che ha raggiunto quasi 37 anni. Le cause includono fattori economici, stili di vita e un cambiamento culturale che privilegia la carriera.
Si stima che nel 2024 il numero di nati potrebbe scendere ulteriormente, evidenziando una crisi demografica che richiede urgentemente interventi e una nuova cultura della fertilità.
“La situazione non è grave. È gravissima – ha spiegato Rago -. Innanzitutto, c’è da dire che l’età media delle donne che vanno alla ricerca di una tecnica di procreazione assistita è arrivata a quasi 37 anni e a oltre 42 se effettua un’eterologa. Il numero medio di figli per donna è oggi a 1.2 e rappresenta il dato più basso dal dopoguerra. Anche se è ancora una stima, quella del 2024 ci porta tra i 350 e i 360 mila nati, quindi verso un dato già fortemente negativo rispetto al 2021 che era di 399 mila nuovi nati. Teniamo presente che nel 1964 in Italia nascevano un milione e 350 mila nati. Nel 2024 quel milione ce lo siamo persi”.
Posticipare la maternità: quali rischi?
“L’età anagrafica in cui si ricerca una gravidanza si è spostata in avanti di dieci anni – ha continuato l’esperto – e a questa si aggiungono le patologie oncologiche, gli stili di vita e anche le abitudini culturali che sono cambiate nel desiderio di una gravidanza”. Tutti questi fattori, in sintesi, incidono sul concepimento e sull’infertilità di coppia rendendoli sempre più al centro dell’attuale dibattito.
Posticipare la maternità riduce l’arco temporale disponibile per le potenziali madri. Per cercare quindi di invertire questo trend negativo ha spiegato lo specialista “dobbiamo iniziare col diffondere una cultura della fisiologia della riproduzione, spiegando alle giovani generazioni che la donna ha un orologio biologico che ha una sua scadenza. Non tutti infatti sanno che sopra i 35 anni inizia un calo della fertilità e che, se si desidera avere un figlio, bisogna cominciare a pensarci prima di quell’età. Non sarà una cosa che faremo in un anno, ma nei decenni successivi, iniziando piano piano a modificare già da ragazzi quella che può essere la cultura della fertilità”.
Per il dottor Rago, la sfida è sensibilizzare l’opinione pubblica contro stereotipi e idee sbagliate: “Bisogna essere consapevoli che nella vita si fanno delle scelte: se si decide di avere una vita incentrata sul singolo va benissimo, ma se poi questa non combacia col desiderio di una gravidanza, allora è una cosa di cui si deve essere informati – e chiarisce -. Anche la stessa concezione della scienza come soluzione sempre e comunque efficace può portare a sottostimare elementi come il calo di fertilità legato all’avanzare dell’età”.
“Un’altra attività su cui sarebbe necessario investire – ha poi concluso – sono le infrastrutture che dovrebbero essere messe a supporto della donna che vuole lavorare anche avendo uno o più figli. Oggi non abbiamo più quella famiglia allargata che avevamo una volta e che consentiva alle donne di tornare a lavoro lasciando i propri figli accuditi da nonni e parenti. Oggi c’è necessità di avere dei servizi accessibili, sia da un punto di vista economico, sia da un punto di vista della presenza di questi servizi”.