Dengue, maxi focolaio a Fano: 102 casi. L’allarme degli esperti
Nelle farmacie comunali della cittadina il kit di protezione. Bassetti: "Focolaio va arginato, si rischia espansione". Ciccozzi: "Se zanzara tigre diventa vettore efficace c'è da preoccuparsi"
Maxi focolaio di dengue a a Fano (Pesaro-Urbino): sono 102 i casi accertati e 10 quelli probabili che si registrano al momento nell’area. A comunicarlo la Regione Marche, in una nota, aggiungendo che sono inoltre in via di verifica altri casi che hanno presentato nei giorni scorsi sintomatologia compatibile. Da oggi nelle farmacie comunali è in distribuzione il kit con 10 larvicidi, uno spray repellente e una pennetta disinfettante al prezzo calmierato di 15 euro (800 quelli disponibili complessivamente).
La situazione e l'allarme degli esperti
"La situazione - sottolinea la Regione - è monitorata costantemente". Oggi "è previsto un incontro di aggiornamento con il ministero e l’Istituto superiore di sanità, al quale parteciperanno rappresentanti regionali e territoriali. Inoltre, giovedì tornerà a riunirsi il Gruppo operativo regionale per le emergenze sanitarie (Gores), un gruppo tecnico formato da esperti di varie discipline che si occupa anche di eventi sanitari epidemici, che aveva già effettuato un primo incontro nei giorni scorsi".
"Per prevenire la malattia, che è trasmessa unicamente dalle zanzare - si ricorda - sono state messe in atto tutte le misure di Sanità pubblica previste. Come da indicazione del Dipartimento di prevenzione della Ast, il Comune di Fano ha effettuato la disinfestazione su tutta l’area urbana di Fano ed avviato un intervento per eliminare le larve. Inoltre è partita una campagna informativa per sensibilizzare la popolazione residente su come eliminare le zanzare nei giardini e nelle aree private: va eliminata l’acqua stagnante dei vasi e delle ciotole degli animali; è consigliato indossare maniche e pantaloni lunghi di colore chiaro, utilizzare le zanzariere alle finestre e usare repellenti efficaci. Sono state posizionate nel territorio alcune trappole per zanzare, utili per definire la consistenza della popolazione in grado di trasmettere il virus e l’eventuale infettività. Le zanzare catturate verranno esaminate dal laboratorio per le malattie trasmesse da vettori dell’Istituto zooprofilattico sperimentale Umbria e Marche".
Bassetti: "Focolaio autoctono a Fano va arginato altrimenti rischio espansione"
"Nella zona di Fano si sta verificando quello che sembra proprio essere un focolaio autoctono di Dengue ed è evidente che con tutti i casi nel nostro Paese c'era da aspettarselo e l'avevamo anche preventivato. Dopo i focolai del 2023 eccoci di nuovo alle prese con la Dengue importata e che poi si diffonde. Ora si deve passare alle vaccinazioni, perché un eventuale recidiva può diventare importante e poi si deve fare un lavoro certosino di sorveglianza dei contatti dei casi perché altrimenti il focolaio si allargherà ancora di più", dice all'Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive dell'ospedale policlinico S.Martino di Genova.
"Le amministrazioni comunali non possono essere lasciare sole in questo lavoro di disinfestazione contro le zanzare - avverte - va fatto un ragionamento più ampio con interventi strutturali anti-zanzare. Nel frattempo si deve affrontare questo focolaio arrivato a 102 contagi arginandolo altrimenti rischiamo una espansione sul territorio e oltre. Uno scenario - conclude l'infettivologo - che diventerebbe ancora più difficile da gestire"
Ciccozzi: "Se zanzara tigre diventa vettore efficace c'è da preoccuparsi"
"Il clima di settembre e ottobre sta aiutando la persistenza della zanzara tigre sul territorio. A me fa riflettere che questa zanzara, che è un vettore occasione della Dengue, a Fano ha portato tanti casi e se siamo di fronte a tutti contagi autoctoni c'è un problema non da poco. I tre fattori, clima mite, mancata disinfestazione e la presenza di tante zanzare tigre, hanno probabilmente permesso questo focolaio di Dengue di oltre 100 casi. A questo punto dobbiamo porci la domanda che se la zanzara tigre stia diventando un vettore efficace anche di questa malattia infettiva tropicale, la preoccupazione da un punto di vista sanitario potrebbe aumentare", le parole all'Adnkronos Salute dell'epidemiologo Massimo Ciccozzi.
Cronaca
Corteo pro Palestina a Torino, bruciate bandiere di...
La manifestazione è partita da piazza Castello e ha raggiunto piazza Vittorio. Lanciate anche alcune uova contro i giornalisti, colpito a un occhio un cineoperatore di Mediaset
Sì è concluso con un falò il corteo dei manifestanti pro Palestina che partito da piazza Castello ha raggiunto piazza Vittorio dove tra le fiamme sono state bruciate alcune bandiere di Israele. In piazza sono state lanciate anche alcune uova contro i giornalisti, una della quali ha colpito a un occhio un cineoperatore di Mediaset che è stato soccorso dalla polizia. Sotto la sede della Rai, invece, due agenti di polizia sono rimasti feriti dal lancio di alcuni petardi.
“Queste fiamme bruciano per ricordare la sofferenza ma anche la resistenza del popolo palestinese, oggi non è un giorno di pianto o di commozione, oggi bisogna gridare resistenza, politica, culturale, ma soprattutto armata e continueremo a lottare a fianco della Palestina e del Libano”, hanno urlato al megafono i manifestanti prima di improvvisare una danza in cerchio sventolando bandiere palestinesi.
Nonostante la prescrizione del questore di Torino che ha vietato le manifestazioni nel capoluogo piemontese per oggi, giorno dell’anniversario dell’attacco terroristico a Israele, circa un migliaio di manifestanti si sono radunati in piazza Castello e al grido di ‘Free Palestine’ si sono mossi in corteo. “Ci volevano fermare, anzi non ci volevano neanche ma noi oggi lo stiamo dicendo chiaramente Torino sa da chi parte stare e si riprende la città: oggi Torino è a fianco del popolo palestinese e della sua resistenza”,le parole al megafono dei manifestanti alla partenza.
Cronaca
Terapia alimentare e ovaio policistico, successo per la...
Dopo il grande successo ottenuto dalle prime due edizioni, organizzate presso l’Aula dei Gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati e la Pontificia Accademia delle Scienze nella Città del Vaticano, oggi, lunedì 7 ottobre, presso la prestigiosa sede dei Cavalieri di Malta a Roma, si è tenuta la terza edizione del convegno “Terapia alimentare nell’approccio alla sindrome dell’ovaio policistico: nuovi scenari”. L’evento, patrocinato dalla Regione Lazio, dal Comune di Roma Municipio VI delle Torri, da ASSOFARM e dalla Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO), ha riunito importanti esperti per discutere i recenti progressi scientifici e le sfide legate alla gestione alimentare della sindrome dell’ovaio policistico (PCOS). Promosso da Tisanoreica, con il supporto di partner come Callegari Spa e Banca Mediolanum Private Banking, il convegno ha messo in luce le implicazioni sociali e i costi sanitari associati a questa patologia.
La sindrome dell’ovaio policistico colpisce circa il 10% delle donne in età fertile e rappresenta una delle principali cause di infertilità femminile. Inoltre, è spesso associata a patologie metaboliche come il diabete di tipo 2 e l’insulino-resistenza. Durante il convegno è stato ribadito quanto una corretta alimentazione sia fondamentale non solo per la gestione della PCOS, ma anche per la prevenzione di complicazioni legate all’obesità, migliorando così la qualità della vita delle donne affette da questa condizione. L’evento ha quindi voluto sensibilizzare l’opinione pubblica, soprattutto le donne, sull’importanza di adottare stili di vita sani e preventivi, in una sinergia tra corpo e mente.
Moderato da Gianluca Mech, guru di Tisanoreica, il convegno si è aperto con i saluti istituzionali di Maria Chiara Iannarelli del Consiglio regionale del Lazio, Vice Presidente della Commissione Lavoro, Pari Opportunità e Vice Presidente della Commissione speciale Giubileo 2025, e di Franco Nicola, Presidente del VI Municipio di Roma. Il convegno ha visto l’intervento di esperti di spicco, tra cui il Prof. Antonio Paoli, Direttore del Laboratorio di Fisiologia della Nutrizione e dell’Esercizio presso l’Università di Padova, che ha sottolineato i benefici della dieta chetogenica per la salute. La Dott.ssa Gloria Calagna, ginecologa presso l’Università degli Studi di Palermo, ha offerto approfondimenti scientifici sulla PCOS, mentre il Prof. Marco De Vincentiis, Presidente dell’Associazione Universitaria Otorinolaringologi della “Sapienza” Università di Roma, ha discusso l’impatto della PCOS sulla voce. Altri interventi di rilievo hanno incluso il Prof. Violante Di Donato, che ha illustrato la correlazione tra obesità e PCOS, e il Dott. Renzo Catellani di Callegari Spa, che ha sottolineato l’importanza della tecnologia per il monitoraggio della salute.
Tra gli altri partecipanti, Dino Secco, Presidente dell’Associazione Diabetici di Bassano del Grappa, ha evidenziato l’importanza degli screening, mentre la pediatra Patrizia Patrizi ha parlato dell’importanza di una corretta alimentazione per i più piccoli. La Dott.ssa Daniela Volpato, rappresentante dell’AIPO (Associazione Interregionale Produttori Olivicoli), ha infine posto l’accento sul ruolo protettivo dell’olio extravergine di oliva, prezioso per la salute dello stomaco, del fegato e delle arterie.
L’evento ha inoltre affrontato temi più ampi legati alla prevenzione, come l’importanza di una corretta alimentazione fin dall’infanzia. In Italia, il 20,4% dei bambini è in sovrappeso e il 9,4% è obeso, dati che rappresentano una preoccupazione crescente. L’obesità infantile non solo predispone a gravi problemi di salute in età adulta, come il diabete di tipo 2 e la PCOS, ma ha anche un impatto significativo sui costi sanitari. La prevenzione attraverso l’educazione alimentare e stili di vita sani è quindi fondamentale per ridurre l’incidenza di queste patologie e i relativi costi.
A conclusione della giornata, i partecipanti hanno potuto assistere al concerto “Roma, Opera e Serenate”, a cura dell’Associazione Lateranensis APS. Un momento di riflessione che ha sottolineato come la musica, così come l’alimentazione, possa essere un potente strumento di benessere. Recenti studi hanno infatti dimostrato che l’ascolto della musica aiuta a ridurre lo stress, rallentare l’invecchiamento cerebrale e stimolare la neurogenesi.
Cronaca
Omicidio poliziotto Agostino, ergastolo per il boss Scotto
Papà Vincenzo aspettava questo momento da 35 anni, da quando il 5 agosto del 1989 i sicari di Cosa nostra uccisero il figlio poliziotto, Nino Agostino, e la moglie Ida Castelluccio, incinta di 4 mesi. Lo ripeteva sempre: "Solo quando sarà fatta giustizia, mi taglierò la barba". Ma non ha fatto in tempo. Perché è morto lo scorso 24 aprile. Però, oggi pomeriggio c'erano le figlie, Ida e Flora, il nipote Nino Morana, cresciuto con il nonno alla ricerca di giustizia. La sentenza è arrivata dopo oltre 7 ore di Camera di consiglio all'aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo. Ergastolo per il boss Gaetano Scotto. "Oggi mio nonno avrebbe tagliato la barba, e ce la tagliamo tutti metaforicamente. Con lui", ha detto il nipote Nino Morana. "E' in parte una vittoria per tutti noi", ha poi aggiunto. Ma prima ha lanciato un appello al boss Gaetano Scotto: "Collabori per fare luce sui tanti punti oscuri sulla morte di mio zio Nino...".
Accanto a lui c'è anche don Luigi Ciotti. L'Associazione Libera si è costituita parte civile nel processo. E' emozionata anche la Procuratrice generale Lia Sava, che ha sostenuto l’accusa con Umberto De Giglio e Nico Gozzo. Gaetano Scotto era accusato di duplice omicidio aggravato in concorso mentre Francesco Paolo Rizzuto, il coimputato che è stato assolto su richiesta della stessa Procura generale, di favoreggiamento aggravato. Scotto è stato condannato anche al pagamento di oltre mezzo milione di euro per il risarcimento delle parti civili.
Durante il processo è emerso che il poliziotto Nino Agostino, che all'epoca era in servizio al Commissariato di San Lorenzo di Palermo raccoglieva informazioni sui latitanti nel territorio del mandamento di Resuttana. "Un fatto importante da risultare decisivo nella valutazione di quella che deve essere la responsabilità di chi faceva parte di questa compagine criminale", hanno spiegato le difese di parti civili, durante le arringhe. Non ci sono state repliche, né dalla Procura generale né dalle difese, prima che i giudici entrassero in camera di consiglio. In passato il boss Nino Madonia era stato giudicato in un procedimento parallelo con rito abbreviato. Adesso sul banco degli imputati Gaetano Scotto, suo stretto collaboratore, per il quale la procura generale nelle scorse settimane ha chiesto l'ergastolo. Che oggi è stato concesso. Ma per la difesa di Scotto non si sarebbe trattato di un omicidio di mafia. Il delitto sarebbe stato di ben "altra natura che trae origine da ben altri rapporti". Elementi che porterebbero "alla assoluta mancanza di prova nei confronti di Scotto Gaetano. Per tali motivi concludo, così come il mio precedente difensore, chiedendo l'assoluzione di Scotto Gaetano per non aver commesso il fatto contestato", ha detto l'avvocato Giuseppe Scozzola.
Il pg Umberto De Giglio, ha detto durante la requisitoria che gli elementi raccolti ''in questo processo dimostrano con certezza che l'agente di polizia Antonino Agostino è stato assassinato da soggetti appartenenti a Cosa nostra''. In particolare "da Scotto e Madonia". Secondo la procura generale, ''Scotto ha eseguito materialmente l'omicidio come ci riferiscono concordemente Vito Lo Forte, Vito Galatolo e Oreste Pagano in base alle informazioni che gli stessi hanno appreso da fonti e in contesti diversi''. ''Tutte le direzioni delle diverse visuali dalle quali si può analizzare il duplice omicidio si incrociano proprio sulla posizione della figura di Scotto. Tutte le traiettorie probatorie ci portano a Scotto'', ha spiegato il Pg De Giglio durante la requisitoria.
E ancora: "Tutte le direzioni delle diverse visuali dalle quali si può analizzare il duplice omicidio si incrociano proprio sulla posizione della figura di Scotto. Tutte le traiettorie probatorie ci portano a Scotto”. Non solo. L’accusa ritiene anche che il boss dell’Acquasanta quale “uno dei mandanti dell’omicidio”. E ciò “non solo in quanto esponente di vertice del mandamento di Resuttana, in stretti rapporti con Nino Madonia, ma anche in ragione dei rapporti particolari che Scotto intratteneva con uomini delle istituzioni come il maresciallo Salzano e Giovanni Aiello (faccia da mostro ndr). E quindi in ragione di quella particolare posizione occupata da Scotto proprio in quello spazio di complicità tra mafia e istituzioni. Quello stesso spazio in cui si era introdotto Agostino nella sua attività di raccolta di informazioni. E in cui si deve collocare l’omicidio di Agostino”.
Il poliziotto Agostino, ha ricordato la procura generale, “era entrato in contatto con soggetti legati a servizi segreti instaurando rapporti quantomeno di collaborazione operativa” con costoro. Era entrato in contatto con il giudice Giovanni Falcone - avendo fatto servizio di protezione per l’estremista Alberto Volo, al tempo sentito da Falcone - e “aveva cercato di raccogliere informazioni sull’attentato all’Addaura” in cui sarebbe dovuto morire Falcone.
“Tutto questo - disse De Giglio in requisitoria - lo aveva introdotto in quello spazio di contiguità in cui si verificavano le connessioni illecite tra mondo mafioso ed apparati dello Stato. Aveva visto incontri tra mafiosi ed esponenti delle istituzioni. O comunque aveva compreso il significato illecito delle relazioni sistemiche tra i due mondi. Manifestando la volontà di non finire in questo calderone, Agostino aveva guadagnato l’ostilità non solo di Cosa nostra ma anche interna del suo mondo. In particolare di coloro nelle istituzioni che temevano che Agostino potesse rivelare quanto aveva vissuto e soprattutto quanto aveva visto”.
Il giovane poliziotto “è stato ucciso anche per evitare che potesse rivelare quelle informazioni che aveva raccolto in merito ai rapporti esistenti tra esponenti mafiosi ed alcuni uomini dello Stato, appartenenti alla Polizia o ai servizi segreti”. Alla procura generale risulta “ancora accertato che in alcuni ambienti della polizia e dei servizi l’eliminazione di Agostino fu salutata con favore. Risulta infine provata che soggetti legati o appartenenti a servizi di sicurezza realizzavano azioni depistanti, dirette a sviare le indagini sul duplice omicidio allo scopo di nascondere l’attività effettivamente svolta da Agostino”. Oggi pomeriggio, alle 17.16 è arrivata la sentenza, tanto attesa, tanto cercata, da papà Vincenzo Agostino. Che oggi avrebbe tagliato la barba. Dopo 35 anni. (di Elvira Terranova)