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Dengue, Burioni su focolaio a Fano: “Situazione fuori controllo”

"Le infezioni sono minimo il doppio, ora speriamo nel freddo ma la questione è politica"

Roberto Burioni - (Fotogramma)

La Dengue a Fano? "Situazione fuori controllo (le infezioni sono come minimo il doppio). Speriamo nell'arrivo del freddo. Di nuovo, pensate fosse successo a giugno". E' la riflessione postata su Facebook dal virologo Roberto Burioni dopo le news relative al focolaio nelle Marche.

I casi accertati nell'area di Fano sono ormai a quota 102 e l'esperto evidenzia come vada considerato anche il sommerso. La chiave, ammonisce, è "eliminare le zanzare tigre che trasmettono la malattia". Dal punto di vista medico, spiega il professore di virologia e microbiologia dell'università Vita-Salute San Raffaele di Milano, sentito dall'Adnkronos Salute, "dove ci sono uomini non ci devono essere zanzare tigre. Fine del discorso. Se poi per altri motivi si decide di non eradicarle (magari di non provarci neanche) la questione è politica, e bisogna in questo caso essere pronti a pagare il prezzo della diffusione evitabile di queste malattie. Non dimentichiamo che nel 1946 abbiamo eradicato dall'Italia la zanzara anofele, e con essa la malaria".

"La Dengue non è una semplice influenza"

Burioni tiene a precisare che "la Dengue non è, come hanno improvvidamente detto alcuni, una semplice influenza. Nella maggioranza dei casi la malattia, pur gravata da sintomi estremamente fastidiosi (in molti Paesi la chiamano 'febbre spaccaossa', e questo è esemplificativo), guarisce spontaneamente. Ma in un paziente su 20 ha un decorso molto più grave e può essere addirittura fatale. Non abbiamo farmaci specifici e abbiamo da pochissimo un vaccino, che però è inutilizzabile nel contesto italiano e sembra non avere un'efficacia altissima". La Dengue, ricorda, "viene trasmessa esclusivamente dalle zanzare tigre (non le altre specie), che pungono un individuo infetto (che in oltre il 50% dei casi è asintomatico), si infettano a loro volta e rimangono in grado di trasmettere la malattia per tutta la loro vita, che è di un mese circa".

Per fortuna, riflette Burioni, "nella situazione di Fano un aiuto ci dovrebbe arrivare dall'abbassarsi delle temperature. Sotto i 16 gradi le zanzare tigre diventano molto meno attive e quindi meno efficaci nel trasmettere l'infezione. Però pensiamo cosa sarebbe successo in una zona a vocazione turistica se questa situazione si fosse verificata non ai primi di ottobre, ma in giugno. In questo momento, se io fossi un turista a Fano, me ne andrei immediatamente. Questa volta probabilmente ci è andata bene, ma impariamo per il futuro". E' ovvio, continua il virologo, "che in questo contesto il modo per controllare la Dengue è agire sul vettore, quindi sulla zanzara tigre. Dobbiamo usare repellenti (quelli veri, non quelli 'naturali'), far sì che le zanzare non possano deporre le uova e quindi proliferare (quindi eliminare tutti i ristagni di acqua, anche se minimi). Ovviamente quando è in corso un focolaio epidemico diventa indispensabile uccidere le zanzare adulte e potenzialmente in grado di trasmettere l'infezione, per cui bisogna agire con grande energia".

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Salute e Benessere

Cardiologi, ‘anche atleta sano può avere anomalie...

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Cardiologi, 'anche atleta sano può avere anomalie cardiache celate'

La vicenda del centrocampista della Fiorentina Edoardo Bove, crollato a terra privo di sensi durante il match contro l'Inter, ripropone importanza della prevenzione delle malattie cardiovascolari, prima causa di morte a livello globale. Il tema, che interessa anche il mondo dello sport professionistico ma anche amatoriale, è tra le priorità della Fondazione Cesare Bartorelli per lo sviluppo della ricerca e della terapia cardiovascolare. "Anche un atleta, amatoriale o professionista, pur apparendo sano, può essere affetto da anomalie cardiache celate, potenzialmente pericolose durante l'attività fisica". Lo spiega il vicepresidente della Fondazione Cesare Bartorelli, Daniele Andreini, ordinario all'Università degli Studi di Milano, responsabile della Cardiologia clinica ed Imaging cardiaco e di Cardiologia dello sport presso l'Irccs Ospedale Galeazzi - Sant'Ambrogio di Milano.

In Italia lo sport viene praticato da più di una persona su 4 (25,5%), valore che ha superato i livelli pre-pandemici (nel 2019 era pari al 23,4%). Anche sulla scorta di queste premesse la Fondazione, riconosciuta come Ente del terzo settore, ha posto tra le sue priorità quella di finanziarie studi avanzati in una branca specialistica che interessa milioni di cittadini. "La Federazione medico sportiva italiana ha attivato il modello italiano del 'Preparticipation screening' sulla popolazione, anche giovanissima, per indagare sulla natura degli incidenti cardiaci specialmente in ambito sportivo; una strategia che ha contribuito alla riduzione delle morti improvvise da sport in Italia rispetto al resto del mondo in un rapporto di 1 a 1 milione e mezzo versus 1 a 100mila", ricorda la Fondazione Cesare Bartorelli.

'Le anomalie di origine delle coronarie pur rimanendo spesso inosservate possano avere implicazioni critiche negli atleti'

"Indagare vicende come quella avvenuta ieri - sottolinea il presidente della Fondazione, Antonio Bartorelli, ordinario all'Università degli Studi di Milano e responsabile della Cardiologia interventistica universitaria presso l'Irccs Ospedale Galeazzi - Sant'Ambrogio di Milano - è cruciale per l'intera disciplina cardiologica. Studi pubblicati dal nostro board scientifico hanno esplorato le anomalie di origine delle coronarie dimostrando come queste, pur rimanendo spesso inosservate nella popolazione generale, possano avere implicazioni critiche negli atleti". Da qui l'importanza di screening cardiaci mirati.

"Sostenere i progetti di ricerca nella cardiologia dello sport - evidenzia lo specialista - significa investire in una comprensione più approfondita della fisiologia cardiaca, della prevenzione e della cura delle malattie cardiovascolari. I progressi ottenuti hanno un impatto diretto non solo sugli atleti, ma anche sulla popolazione più ampia e contribuiscono a migliorare la salute cardiovascolare globale e a ridurre i rischi legati all’esercizio fisico. I progetti di ricerca nella cardiologia sportiva - conclude Andreini - hanno dimostrato come screening più specifici e tecniche diagnostiche avanzate siano in grado di rilevare queste condizioni. Tali conoscenze non solo migliorano la sicurezza per gli atleti, ma hanno applicazioni più ampie nella prevenzione precoce delle malattie cardiovascolari nella popolazione generale".

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Salute e Benessere

Cardiologo Grimaldi, ‘proteggere anche sportivi non...

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Cardiologo Grimaldi, 'proteggere anche sportivi non agonisti'

La vicenda del calciatore della Fiorentina Edoardo Bove, colpito da malore durante il match con l'Inter, "sembra essere stata gestita bene: se il ragazzo, come è stato riportato, non ha alterazioni di tipo neurologico, vuol dire che hanno mantenuto efficacemente il circolo, perché altrimenti dopo un paio di minuti si iniziano ad avere danni cerebrali. Quindi sono stati tempestivi e bravi. Il problema è che questo tipo di situazione si può riscontrare su qualsiasi campo di calcio, di qualsiasi categoria, ma anche nei dilettanti, cioè anche in chi fa calcio o qualsiasi altro sport a livello amatoriale, non agonistico. Il mio pensiero dunque si rivolge all'enorme schiera di sportivi non agonisti". Lo evidenzia all'Adnkronos Salute Massimo Grimaldi, presidente designato dell'Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (Anmco) e direttore Cardiologia dell'Ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti (Bari).

Cosa si può fare? "La cosa migliore è diffondere la cultura della rianimazione cardiopolmonare, una cosa che secondo me andrebbe insegnata nelle scuole, almeno per quanto riguarda i rudimenti di rianimazione cardiopolmonare - illustra l'esperto - E poi andrebbe curata particolarmente anche la diffusione dei defibrillatori automatici. Ora averli è obbligatorio nei centri sportivi, grazie ad una legge vera e propria. Ma la diffusione potrebbe essere anche più estensiva, e vi sono degli esempi virtuosi in Italia, come il progetto avviato a Piacenza con una capillare diffusione di questi strumenti. Un defibrillatore automatico tra l'altro - chiosa l'esperto - ha ormai un costo molto accessibile, dai 500 ai mille euro circa, meno di un telefonino di ultima generazione, ed è uno strumento che può salvare una vita".

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Cardiologo su malore Bove, ‘ecco cosa si prospetta...

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Cardiologo su malore Bove, 'ecco cosa si prospetta ora'

Cosa potrebbe essere successo a Edoardo Bove, il centrocampista della Fiorentina colpito ieri da malore durante la partita che si stava giocando contro l'Inter allo stadio Artemio Franchi di Firenze? "Sicuramente ce lo diranno i colleghi dell'ospedale Careggi, dove vi è un'ottima cardiologia, ma anche un'ottima aritmologia", sottolinea all'Adnkronos Salute Massimo Grimaldi, presidente designato dell'Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (Anmco) e direttore Cardiologia dell'Ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti (Bari), che tiene a fare una premessa: "L'Italia è probabilmente la nazione più virtuosa al mondo dal punto di vista del rilascio di idoneità sportiva agonistica, qui abbiamo una normativa estremamente precisa che protegge molto bene gli sportivi", assicura l'esperto.

"Purtroppo, però - continua - vi sono alcune patologie cardiache che sono difficili da riscontrare o non proprio riscontrabili all'elettrocardiogramma o alla prova da sforzo. Mi riferisco a piccole alterazioni o del tessuto cardiaco oppure proprio del sistema elettrico del cuore. Questi problemi potrebbero essere slatentizzati da esami più approfonditi come una risonanza magnetica nucleare o test genetici, ma è difficilmente pensabile al momento che tutta la popolazione sportiva, molto ampia in Italia, si sottoponga a questi tipi di test che sono particolarmente avanzati. E se anche facessimo questi test, troveremmo qualche altro soggetto a rischio, ma comunque qualcuno potrebbe sempre sfuggire". Sicuramente, continua Grimaldi, ora "i colleghi" che stanno seguendo il giovane calciatore viola "individueranno con precisione le cause di questo arresto cardiaco. Finora si è parlato di torsione di punta e di contusione toracica. Se si è ipotizzata davvero una torsione di punta è perché probabilmente in ambulanza si è verificata di nuovo qualche aritmia che è stata documentata come torsione di punta".

Perché, chiarisce l'esperto aritmologo, "la torsione di punta è un evento 'fugace', nel senso che quando insorge è un'aritmia talmente veloce che o esita in un arresto cardiaco, ovvero fibrillazione ventricolare (e quindi il cuore ha praticamente una contrazione pressoché continua con impulsi estremamente rapidi), oppure esita in una risoluzione spontanea, in genere dopo pochi secondi dalla sua insorgenza. Questa aritmia può essere causata da un basso livello di alcuni elettroliti, in particolare il potassio e il magnesio, ma il potassio soprattutto. Tale rischio aumenta se c'è una predisposizione genetica che si chiama QT lungo, ma immagino che lui non l'avesse perché quando ha fatto la visita di idoneità sportiva l'elettrocardiogramma l'avrebbe evidenziata".

Si parla poi di una contusione toracica. Ma, analizza Grimaldi, "da un lato" Bove "è stato sottoposto al massaggio cardiaco, quindi la contusione toracica riscontrata potrebbe essere secondaria anche al massaggio cardiaco. Ho letto anche" nelle ricostruzioni di stampa "che pochi minuti prima" il giocatore viola "avrebbe avuto uno scontro di gioco con un colpo al torace. Cosa può succedere in questi casi? Un colpo al torace, che viene definito in termini medici anche 'commotio cordis', è un trauma che può esitare in nulla, come succede nella maggior parte dei casi. Oppure, se il trauma avviene investendo l'area cardiaca e il colpo è in una fase particolare del ciclo cardiaco, può innescare una tachicardia ventricolare che magari potrebbe essere inizialmente non veloce e poi degenerare. Tant'è che il calciatore, da quello che ho letto, dopo il colpo al torace sarebbe passato dalla panchina per dire di non sentirsi bene. In genere, però, dopo il colpo al torace, se parte l'aritmia ventricolare il disturbo è immediato, non ritardato di alcuni minuti".

Che cosa potrebbe prospettarsi ora per il giovane calciatore della Fiorentina? "Sicuramente ci saranno una serie di indagini al Careggi e si farà una diagnosi - spiega Grimaldi - Se questa diagnosi rileva una causa completamente rimovibile, per esempio se si arriva alla conclusione che l'arresto cardiaco sia stato dovuto solo a livelli di potassio molto, molto bassi (e quindi questa è una causa rimovibile), il calciatore potrebbe tornare alla sua attività. Di contro, se si individuano delle alterazioni strutturali del miocardio, delle cause genetiche o altre problematiche, il calciatore in quel caso non potrà, ahimè, più continuare la sua pratica sportiva".

Anche se, analizza il cardiologo, "l'esempio del calciatore danese Christian Eriksen", che dopo un arresto cardiaco in campo ha continuato a giocare, "ci insegna che in altre nazioni con un defibrillatore" impiantato "si può tornare alla pratica sportiva agonistica. Ma vorrei sottolineare che l'Italia è estremamente protettiva nella tutela della vita umana. È vero che un defibrillatore elimina il rischio di morte improvvisa, ma è anche vero che ci sono delle cardiopatie, delle miocardiopatie, che peggiorano più velocemente se il cuore viene sottoposto a stress fisico. E' vero dunque che Ericksen non ha più il rischio di morte improvvisa, perché è tutelato benissimo dal defibrillatore. Però ci sono delle cardiomiopatie che peggiorano più velocemente se il soggetto continua a praticare l'attività sportiva, e l'Italia tutela molto non solo dal rischio di morte improvvisa, ma anche dal rischio di peggioramento della cardiopatia sottostante".

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