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Neurologi: “Entro 2050 triplicheranno casi demenza con costi per 60mld”

Neurologi:

A causa del rapido invecchiamento della popolazione in Italia, "si prevede che il numero di persone affette da demenza quasi triplicherà entro il 2050, passando da 1,2 milioni nel 2019 a oltre 3 milioni, con costi stimati diretti fino a più di 60 miliardi di euro. L'aumento dell'aspettativa di vita inoltre determinerà un aumento delle persone affette da demenza nei paesi a basso reddito e in povertà". A fare il punto è la Sin, la Società italiana di Neurologia, in occasione della Giornata Mondiale dell’Alzheimer che si celebra il 21 di settembre e della riunione del G7 sulle demenze prevista ad Ancona l’8 di ottobre.

"Negli ultimi anni diversi studi hanno sottolineato come lo sviluppo di una demenza e soprattutto della Malattia di Alzheimer non sia inevitabile. Infatti, intervenire sui fattori di rischio modificabili, a partire dall'infanzia e continuando per tutta la vita, potrebbe prevenire o ritardare di molti anni quasi la metà dei casi di demenza - prosegue la Sin - Anche se in Italia le persone vivono più a lungo e a parità di età si ammalano meno rispetto a 30 anni fa, il numero di persone affette da demenza è destinato ad aumentare in virtù dell’invecchiamento della popolazione. Ciononostante, il potenziale per prevenire e gestire meglio la demenza è elevato se si interviene per contrastare i fattori di rischio, anche nelle persone con un elevato rischio genetico di demenza".

Sulla base di recenti prove, "sono stati individuati due nuovi fattori di rischio: elevati di lipoproteine a bassa densità (Ldl) o colesterolo 'cattivo' nella mezza età e la perdita della vista non trattata in età avanzata - ricordano i neurologi - Questi nuovi fattori di rischio si aggiungono ai fattori di rischio precedentemente identificati dalla 'Lancet Commission' nel 2020 (bassi livelli di istruzione, problemi di udito, ipertensione, fumo, obesità, depressione, inattività fisica, resistenza all’insuline e diabete, consumo eccessivo di alcol, traumi cranici, inquinamento atmosferico e isolamento sociale), che sono collegati al 40% di tutti i casi di demenza. Oltre a questi, tuttavia, devono essere tenuti in considerazione anche la contaminazione e sofisticazione degli alimenti, le alterazioni del microbiota intestinale e orale, i disturbi del sonno, le infezioni da Hsv e probabilmente l’invecchiamento immunitario o immunosenescenza".

La Sin chiede ai governi e alla società di 'impegnarsi nell'affrontare i rischi della demenza nel corso della vita'

La Sin chiede ai governi e alla società "di impegnarsi nell'affrontare i rischi della demenza nel corso della vita, sostenendo che una azione di promozione a favore della Prevenzione primaria e secondaria rappresenta la vera arma per vincere la sfida con le demenze, incrementando nello stesso tempo i sostegni socio-sanitari a favore dei malati e dei loro familiari".

“Per ridurre il rischio di Alzheimer può e deve essere fatto molto di più - afferma Alessandro Padovani, presidente della Sin - Abbiamo prove convincenti del fatto che un'esposizione più lunga ai diversi fattori di rischio ha un effetto maggiore e che i rischi agiscono maggiormente nelle persone vulnerabili. Ecco perché è fondamentale incentivare gli sforzi preventivi verso coloro che ne hanno più bisogno, compresi coloro che vivono in aree a basso e medio reddito e nei gruppi socio-economicamente svantaggiati. É un compito che riguarda tutti e che deve mirare a ridurre le disuguaglianze di rischio rendendo gli stili di vita sani il più possibile raggiungibili per tutti".

Le raccomandazioni della Sin

Per ridurre il rischio di demenza nel corso della vita, la Sin delinea diverse raccomandazioni tra cui: offrire un'istruzione scolastica di buona qualità incentivando gli studi superiori; promuovere un’istruzione permanente nelle diverse fasi della vita sostenendo le Università della terza età e le attività associative volontarie: promuovere l’uso del casco e protezioni per la testa nell’uso di monopattini e biciclette, nei luoghi di lavoro a rischio e nelle attività sportive di contatto: ridurre l'esposizione all'inquinamento ambientale e alimentare attraverso rigorose politiche per un ambiente pulito e sano; ampliare le misure volte a ridurre il fumo di sigaretta, come il controllo dei prezzi, l'innalzamento dell'età minima per l'acquisto e il divieto di fumo nei luoghi comuni anche all’esterno; ridurre il consumo di alcol e ampliare le misure volte a ridurre l’eccessivo consumo di superalcolici nei luoghi di ritrovo

E ancora: la promozione di una lotta all’isolamento e alla solitudine a tutte le età favorendo la realizzazione di ambienti comunitari e alloggi di supporto per contrastare il disagio sociale; promuovere una attiva campagna di prevenzione dei disturbi della vista e dell’udito nella logica dell’approccio 'One Health', favorendo screening oftalmologici e audiologici dell’età di 65 anni; promozione della salute dentaria rendendo accessibili a tutti gli screening odontoiatrici mediante il coinvolgimento degli Ordini dei Medici e degli Odontoiatri; monitorare i livelli di trigliceridi e colesterolo unitamente alla glicemia e al colesterolo Ldl, a partire dai 35 anni promuovendo una campagna di prevenzione ai disturbi alimentari; monitorare i livelli di pressione arteriosa periodicamente a partire dai 35 anni riducendo l’uso di sale negli alimenti; prevenire e trattare i disturbi del sonno mediante un’educazione all’igiene del sonno; individuare precocemente i disturbi del tono dell’umore anche mediante il coinvolgimento dell’Ordine degli Psicologi favorendo una tempestiva presa in carico da parte della Psichiatria nei centri di cura; promuovere nelle scuole e nei luoghi di lavoro una attiva campagna di informazione a favore di un’alimentazione sana e di una attività fisica costante anche nelle età avanzate

Secondo la Sin, "queste azioni sono particolarmente importanti alla luce delle nuove prove che dimostrano che la riduzione dei rischi di demenza non solo aumenta gli anni di vita in buona salute, ma riduce anche il tempo che le persone che sviluppano demenza trascorrono in cattiva salute, a supporto della necessità di una diagnosi precoce e di interventi di prevenzione secondaria".

'Puntare a migliorare la qualità della vita'

"Uno stile di vita sano – prosegue Padovani - che preveda esercizio fisico regolare, non fumare, un sonno regolare, fornire stimoli cognitivi e mentali anche al di fuori dell'istruzione formale e che eviti un uso eccessivo di sostanze alcoliche e favorisca un’alimentazione equilibrata ricca in verdure e frutta, non solo è in grado di ridurre il rischio di demenza, ma può anche ritardarne l'insorgenza così come rallentarne il decorso. Ciò ha enormi implicazioni sulla qualità della vita per gli individui e benefici in termini di risparmio sui costi per le società". Secondo i neurologi, l’Italia "potrebbe in questo modo ottenere in 20 anni risparmi sui costi attuali pari a circa 10 miliardi di euro da destinare alla realizzazione di attività di sostegno ai malati e ai familiari".

In uno studio pubblicato sulla rivista 'The Lancet Healthy Longevity', Naaheed Mukadam (UCL Psychiatry) e i coautori hanno modellato l'impatto economico dell'implementazione di alcune di queste raccomandazioni, usando l'Inghilterra come esempio. I risultati "dello studio suggeriscono che l'uso di interventi a livello di popolazione di nota efficacia per affrontare i fattori di rischio della demenza potrebbe avere un profondo effetto sulla prevalenza della demenza e sulle disuguaglianze, nonché significativi risparmi sui costi", chiosa la Sin.

Proprio per sensibilizzare la popolazione sulla Malattia di Alzheimer, a partire da sabato 21 settembre sui canali social ufficiali della Società italiana di Neurologia verranno pubblicate delle video pillole in risposta ad alcune delle domande ricevute dagli utenti.

Le richieste della Sin al Governo

La Sins chiede anche "un maggiore supporto per le persone affette da demenza e le loro famiglie. In molte regioni e in molte aree del nostro Paese, gli interventi efficaci che si sa possano giovare alle persone affette da demenza non sono ancora disponibili o non sono una priorità. Allo stesso modo, le esigenze di molti caregiver non sono adeguatamente considerate e soddisfatte. Sarebbe importante fornire interventi di 'coping' per i familiari che prestano assistenza e che sono a rischio di depressione e ansia, garantendo oltre ad agevolazioni e supporti economici, anche supporto emotivo, pianificazione per il futuro e informazioni sulle risorse mediche e socio-sanitarie. A maggior ragione, è quanto mai necessario promuovere azioni concertate a sostegno delle persone sole e isolate così come di tutte le persone fragili, data l’evidenza che queste sono a maggior rischio di sviluppare la Malattia di Alzheimer".

“Per dare la piena attuazione alle azioni sopradescritte è necessario creare una migliore organizzazione dei servizi per la demenza a livello dei distretti sanitari – sostiene Camillo Marra, presidente delle Sindem (Associazione autonoma aderente alla Sin per le demenze) - allo scopo di mettere in rete tutte le competenze presenti a livello territoriale dando piena attuazione a quelli che sono i dettami del Dm 77. La creazione di Pdta locali potrà facilitare l’accesso dei pazienti in fase più precoce di malattia e permettere quelle politiche di stratificazione del rischio e screening di popolazione propedeutiche alla attuazione di programmi di prevenzione e presa in carico precoce dei pazienti e dei caregiver”.

Per la ricerca, la Sin chiede "una maggiore integrazione tra le diverse Istituzioni nazionali e regionali al fine di accedere a finanziamenti Europei per incentivare la ricerca di base, traslazionale e epidemiologica nel nostro paese, già tra i primi al mondo per quanto riguarda gli studi su Alzheimer e Demenze. Ancora molto deve essere fatto per comprendere i diversi meccanismi che favoriscono le malattie del cervello e ad oggi non abbiamo una terapia miracolosa in grado di impedire lo sviluppo della Malattia di Alzheimer né di bloccare la Malattia. Ci sono diverse evidenze a supporto del fatto che essa può essere rallentata con farmaci che in Europa non sono ancora autorizzati, soprattutto se diagnosticata precocemente, ma dobbiamo fare di più per garantire cure efficaci e sicure e soprattutto per sostenere la creazione di reti regionali che permettano di avere registri di patologia".

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Salute e Benessere

Francavilla (UniBa): “Bimbo non è piccolo adulto,...

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"Primi anni di vita vulnerabili per rapido accrescimento del cervello e degli altri organi. Iin pasta italiana 60% in meno di contaminanti"

Francavilla (UniBa):

"Il bambino non è un piccolo adulto perché, proprio per la sua costituzione, lui cresce e per crescere ha bisogno che alcune funzioni del suo organismo funzionino maggiormente. Ad esempio, assorbe molto meglio i nutrienti, ma anche i contaminanti, meglio e molto più di un adulto". Lo ha detto Ruggiero Francavilla, professore ordinario in Pediatra, Dipartimento interdisciplinare di Medicina (Dim) e responsabile Unità operativa semplice di Gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica Azienda universitaria ospedaliera Policlinico di Bari, ospedale pediatrico Giovanni XXIII, oggi nel corso di un incontro al Senato in cui esperti della nutrizione e istituzioni si sono confrontati sul miglior modello di alimentazione dei bambini da 0 a 3 anni, con l'obiettivo di sviluppare al più presto Linee guida nazionali all’insegna del 'Made in Italy'.

"Il bambino - illustra lo specialista - ha un rene che non funziona al 100%, quindi tanti contaminanti non riesce praticamente a espellerli. Ha anche un fegato che non metabolizza bene, per cui ci mette più tempo a eliminarli. In rapporto al suo volume, un bambino mangia e beve molto più di un adulto, perché le quantità rapportate al suo peso sono sicuramente maggiori. Questo vuol dire che, quando assume un alimento che contiene pesticidi, questi rimangono nel suo organismo, quindi il livello di contaminazione del suo organismo si alza. In ambito pediatrico, abbiamo delle finestre di vulnerabilità. Sono momenti in cui alcuni organi stanno crescendo. Il cervello, ad esempio, si sviluppa per il 90% nei primi 2 anni di vita. Se interveniamo male in questi momenti, il bambino potrebbe avere problemi a lungo termine. Dobbiamo quindi trasformare le finestre di vulnerabilità in finestre di opportunità, agendo correttamente in questa fase della vita per garantire la salute futura".

A tale proposito, "uno studio su Lancet sui problemi del neurosviluppo, che si stanno verificando a causa dell'assorbimento lento di sostanze che non dovrebbero entrare nel nostro organismo - illustra Francavilla - mostra che negli Stati Uniti, a causa dei pesticidi, in 5 anni si perdono 17 milioni di punti di quoziente intellettivo (Qi). Questi dati ci fanno capire quanto sia importante sapere cosa diamo da mangiare ai nostri bambini. Se mi contamino oggi, nessuno vedrà gli effetti di questa contaminazione. Ma se si contamina un bambino fin dalla gravidanza o nei primi anni di vita, gli effetti negativi potranno manifestarsi nei successivi 20-30 anni".

"Il biologico è certamente un buon punto di partenza, ma non garantisce la qualità richiesta per i baby food. Il baby food, infatti, offre una garanzia assoluta, poiché vengono effettuati controlli sia sul prodotto finito sia sulla materia prima. E' quindi fondamentale promuovere una filiera italiana dedicata ai bambini. E' stato dimostrato che, confrontando un pacco di pasta etichettato come 'Italia' con uno che indica 'provenienza Ue/non Ue', la probabilità di trovare pesticidi è molto più alta nei prodotti non italiani. La possibilità di avere un prodotto completamente privo di contaminanti è del 60% se l'origine è italiana, ma scende al 20% se l'origine è Ue o non Ue" aggiunge Francavilla. "Spesso capita che le mamme mi dicano che il loro bambino mangia biologico - racconta - Devo chiarire che, purtroppo, il biologico è una garanzia di processo: durante la produzione non devono essere utilizzati pesticidi, ma nulla vieta che, se accanto al campo biologico c'è un campo trattato con pesticidi, questi possano contaminare anche il biologico. Nessuno controllerà la presenza di residui di pesticidi nel prodotto biologico, e questo diventa ancora più problematico se si considerano i contaminanti naturali, come i metalli pesanti. Il regolamento, il 1881/2006, sancisce che i bambini, fino a 3 anni, dovrebbero avere un'alimentazione completamente differente rispetto agli adulti. Questo significa zero pesticidi, cioè sotto il limite di rilevazione degli strumenti, micotossine 3 volte inferiori rispetto alla popolazione adulta e assenza di metalli pesanti - illustra il professore - Se però un campo biologico è contaminato da metalli pesanti, tali metalli, che rimangono nel terreno per lunghi periodi, possono contaminare anche il prodotto finale".

Lo stesso "vale anche per le micotossine, prodotte da funghi che si sviluppano soprattutto in aree piovose e umide come il Canada - precisa l'esperto - Queste micotossine possono contaminare il frumento e sono resistenti al calore, quindi permangono nel prodotto finale. Il biologico, dunque, non protegge da tutto questo. E' stato dimostrato che il biologico riduce del 40% la concentrazione di pesticidi, ma per i bambini serve molto di più: non possono ricevere pesticidi e devono consumare alimenti con micotossine a valori molto più bassi. Uno studio del professor Alberto Ritieni ha testato diversi prodotti e ha riscontrato che il 25% di quelli destinati al normale consumo presentava valori di micotossine non adatti ai bambini, e alcuni - conclude - erano addirittura promossi per il consumo infantile".

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Salute e Benessere

Marseglia (UniPv): “Dieta è terapia appannaggio di...

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'Un bambino che mangia sano non diventerà mai diabetico né obeso'

Marseglia (UniPv):

"Investire in politica sanitaria nei primi anni del bambino porta a un miglioramento della vita negli anni successivi. Chi mangia bene sin dalla tenera età, anche a scuola, non andrà incontro al diabete, non avrà la sindrome metabolica, cioè ipertensione, fegato grasso, non diventerà mai un soggetto obeso. La dieta deve essere considerata a tutti gli effetti una terapia, che è appannaggio assoluto del pediatra". Lo ha detto Gianluigi Marseglia, direttore della Clinica Pediatrica dell'Università degli Studi di Pavia, Fondazione Irccs Policlinico San Matteo, e direttore della Scuola di specializzazione in Pediatria dell'Università di Pavia, nonché presidente del Collegio nazionale dei direttori delle Scuole di Pediatria, intervendo questa mattina al Senato in occasione della conferenza stampa 'Da buone pratiche regionali a linee guida nazionali sull'alimentazione dei bambini negli asili nido', promossa dal vice presidente del Senato Gian Marco Centinaio.

Marseglia ha ricordato che l'Italia è "il terzo Paese in Europa per numero di bambini in sovrappeso o obesi. Per questo motivo, gli oltre 4.000 giovani pediatri che si stanno formando nelle scuole di specializzazione sono orientati verso la nutrizione trasversale nel corso dell'età evolutiva. E questo perché la nutrizione è una terapia patrimonio culturale del pediatra". Poi, "ovviamente, l'obiettivo da un punto di vista nutrizionale è quello di creare una rete comune. Non è possibile che esistano differenziazioni anche gestionali nella ristorazione scolastica tra diverse regioni", conclude.

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Salute e Benessere

Cimmino Caserta (Plasmon): “Programma Academy modello...

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'Impegno a valorizzare la filiera italiana con eccellenze normative a tutela dei bambini'.

Cimmino Caserta (Plasmon):

"Il programma Academy rappresenta un esempio virtuoso di collegamento tra le istituzioni, le società scientifiche, gli operatori della filiera, i giovani professionisti, i media e le aziende. E' la consapevolezza di un'azienda come Plasmon, con 122 anni di esperienza, che decide quale impegno assumere per il futuro e su quali temi concentrarsi. L'obiettivo è catalizzare approcci collaborativi, superando quelli a silos, in modo che tutti gli stakeholder possano contribuire a creare un modello condiviso". Così Luigi Cimmino Caserta, responsabile dei Rapporti istituzionali di Kraft Heinz Italia - Plasmon, oggi al Senato, nel suo intervento in occasione di un incontro sul tema 'Da buone pratiche regionali a linee guida nazionali sull'alimentazione dei bambini negli asili nido', con l'obiettivo di incoraggiare le Regioni a dotarsi di specifici strumenti d'indirizzo per l'alimentazione dei bambini nelle scuole dell'infanzia e la compilazione di vere e proprie linee guida nazionali.

"Grazie al lavoro svolto" con le istituzioni, "è stato siglato un protocollo di intesa - continua Cimmino Caserta - volto a valorizzare la filiera agroalimentare per gli alimenti destinati all'infanzia. Chi acquista un alimento per l'infanzia, infatti, non sceglie solo un marchio, ma un prodotto frutto di una trasformazione di materie prime, supportata da agricoltori e allevatori. L'impegno è quindi di valorizzare la filiera italiana, che si distingue per le eccellenze normative nel settore degli alimenti per bambini. Negli ultimi anni - aggiunge - il programma si è evoluto coinvolgendo istituzioni nazionali e regionali e riunendo tutti gli stakeholder interessati a dare un contributo al progetto di filiera. Questo ha portato alla creazione di un modello, partito dalla regione Lombardia, ma che potrebbe essere applicato anche in altre regioni, in cui sono coinvolte sia le società scientifiche, che dettano le linee guida, sia quelle che contribuiscono alla formazione dei nuovi professionisti, impegnati non solo nella clinica, ma anche nella prevenzione".

Un altro aspetto rilevante "riguarda gli operatori della filiera per valorizzare una parte spesso sconosciuta del processo produttivo - sottolinea Cimmino Caserta - Ad esempio, quando si va a mangiare una pizza, si è attenti a scegliere in maniera consapevole, informandosi sull'origine degli ingredienti. Tuttavia, questa consapevolezza manca spesso quando si tratta di alimenti per bambini da 0 a 3 anni, dove diamo per scontata la qualità. In realtà, se un genitore desidera sapere l'origine della pastina che dà al proprio figlio, che potrebbe essere fatta con grano importato dal Canada o trasformata in un Paese dell'Est, dovrebbe avere accesso a queste informazioni per fare una scelta consapevole. Purtroppo - riflette - questa chiarezza manca anche nella ristorazione scolastica. Per questo stiamo lavorando per creare un modello aperto a tutti, non solo a Plasmon, ma anche a tutti gli operatori che vogliono valorizzare un percorso Made in Italy, facilitando la creazione di un percorso di eccellenza".

"Sosteniamo la filiera italiana nel piatto del bambino - prosegue Cimmino Caserta - e siamo impegnati a promuovere una corretta alimentazione soprattutto nei primi mille giorni di vita, cruciali per lo sviluppo metabolico e per la salute dell'adulto. In questo senso siamo molto soddisfatti e orgogliosi del lavoro svolto. Gli attori coinvolti rappresentano un modello virtuoso che speriamo di poter estendere a livello più ampio".

Del resto, osserva, "nel momento in cui consideriamo un brand che rappresenta un pezzo di storia di questo Paese, come Plasmon che ha 122 anni, riconosciamo che la sua missione iniziale era aiutare i soggetti fragili. Plasmon nacque come integratore per fornire proteine a bambini e anziani in un periodo in cui l'alimentazione non era adeguata. Fu creato questo prodotto per offrire supporto nutrizionale a coloro che ne avevano più bisogno. Oggi, dopo un lungo percorso, ci troviamo a fronteggiare sfide simili. Se però non mettiamo al centro della nostra attività l'aspetto rigorosamente scientifico legato alla nutrizione - rimarca - rischiamo di cadere in un percorso esclusivamente di marketing, perdendo di vista la nostra visione originaria. Uno degli obiettivi del progetto Academy è stato quello di creare uno 'zaino di salute' per la famiglia. L'idea è quella di fornire, ai bambini che vanno a scuola, informazioni utili, che ritrovano poi anche negli ambulatori medici, attraverso materiali istituzionali, non legati a specifiche aziende".

Questi materiali "diventano un investimento in salute per tutta la famiglia - evidenzia Cimmino Caserta - Quando i genitori prestano particolare attenzione a ciò che mangiano i loro figli, anche le abitudini alimentari della famiglia migliorano, fanno scelte più consapevoli anche per se stesse, come spegnere la televisione durante i pasti o evitare di dare il telefonino o l'iPad al bambino mentre mangia. Ci sono studi che dimostrano che i bambini distratti durante i pasti, ad esempio con dispositivi elettronici, hanno un tasso di obesità più elevato, perché non prestano attenzione a ciò che stanno mangiando". In questo contesto, conclude, "è fondamentale valorizzare la diversità culturale del nostro Paese. Le aziende devono impegnarsi a mantenere certi valori, come la trasparenza, affinché le famiglie possano fare scelte consapevoli".

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