Commissione Ue, arriva la von der Leyen bis: Ppe asso pigliatutto
Su 27 membri, ben 14, inclusa la presidente, sono espressione dei Popolari
Ha preso ufficialmente forma la squadra di “governo bis” di Von der Leyen. A due mesi dalla riconferma alla guida della Commissione Ue, la 65enne tedesca ha presentato nella mattinata di martedì 17 settembre il nuovo esecutivo comunitario, che sarà egemonizzato dal Ppe, che con i due commissari Conservatori potrà avere la maggioranza nel collegio. Su 27 membri, ben 14, inclusa la presidente, sono espressione dei Popolari.
Si aggiungono un commissario e un vicepresidente esecutivo dell'Ecr, il ceco Jozef Sikela (indipendente, ma nominato da un governo a guida conservatrice) e l'italiano Raffaele Fitto, di Fratelli d'Italia. Ci sono, poi, cinque Liberali di Renew Europe, quattro Socialisti più uno, lo slovacco Maros Sefcovic, che è membro dello Smer, sospeso dal gruppo S&D. C'è, infine, il commissario ungherese, Oliver Varhelyi, un diplomatico indipendente ma di area Fidesz, il partito del premier Viktor Orban, del gruppo dei Patrioti. All'ex rappresentante permanente magiaro, noto per non avere peli sulla lingua (ha dato degli "idioti" agli eurodeputati), la presidente Ursula von der Leyen intende affidare la Salute e il Benessere animale. Il suo Paese, durante la pandemia di Covid-19, si distinse per aver vaccinato i propri cittadini anche con i vaccini russi (Sputnik) e cinesi (Sinopharm). L'audizione del commissario ungherese si preannuncia vivace.
Un team di 16 uomini e 11 donne
Con 21 membri nuovi e 6 confermati, inclusa la presidente, a prima vista la von der Leyen II appare, nelle parole del capodelegazione del Pd Nicola Zingaretti, una Commissione "conservatrice". E' espressione dei governi nazionali, perché così prevedono i trattati, quindi, fotografa la situazione attuale nelle cancellerie. L'equilibrio di genere, vanto della von der Leyen uno, viene di fatto abbandonato, con 16 uomini e 11 donne a comporre il collegio. La presidente ha cercato di rimediare indicando sei vicepresidenti esecutivi, ben quattro dei quali donne.
Ha anche fatto pressioni sui Paesi più piccoli affinché le venissero presentate candidate donne, cosa che ha portato al cambio del candidato sloveno con una diplomatica, Marta Kos. Von der Leyen, prima di presentare il collegio alla stampa a Strasburgo, ha parlato nella conferenza dei presidenti del Parlamento, l'equivalente europeo della nostra capigruppo, ma, a quanto pare, mantenendosi sul generico e senza collegare alcun nome al rispettivo portafoglio.
"Non abbiamo dettagli", ha riferito la capogruppo di Renew Valérie Hayer subito dopo l'incontro. Von der Leyen, ha detto la capogruppo della Left Manon Aubry, "non ha presentato i portafogli né la lista dei commissari". La squadra è stata presentata subito dopo alla stampa. Alta Rappresentante e vicepresidente, come già deciso a giugno, sarà l'estone liberale Kaja Kallas. Una delle figure più forti del nuovo collegio, sulla carta, è la spagnola Teresa Ribera Rodriguez, del Psoe, che ottiene un portafoglio molto pesante: vicepresidente esecutiva, si occuperà di assicurare una "transizione pulita, giusta e competitiva" e avrà la delega alla Concorrenza, una delle competenze esclusive Ue.
I Socialisti, la cui capogruppo è una spagnola, Iratxe Garcìa Perez, anche lei del Psoe, si sono battuti molto per Ribera, portando a casa un evidente successo per il governo di Pedro Sanchez. Gli spagnoli sono la seconda delegazione del gruppo S&D, ma il ruolo di capogruppo è stato lasciato loro dal Pd, malgrado gli italiani abbiano la truppa di eurodeputati più numerosa. Oltre agli interessi di partito, a Bruxelles contano anche gli interessi nazionali. E gli spagnoli lo sanno benissimo.
Altro peso massimo, almeno sulla carta, è Stéphane Séjourné, francese di Renew, vicepresidente esecutivo per la prosperità e la strategia industriale. Séjourné prende il posto di un ex top manager ed ex ministro dell'Economia della caratura di Thierry Breton, che aveva criticato von der Leyen e che lei ha deciso di togliersi di torno (per “motivi personali", secondo Breton), promettendo ad Emmanuel Macron deleghe maggiori se avesse fatto un altro nome.
L'italiano Raffaele Fitto, di casa a Bruxelles e in ottimi rapporti nel Ppe (il capogruppo Manfred Weber lo ha chiamato “il mio amico Fitto”), si occuperà di Coesione e Riforme, il portafoglio affidato alla portoghese Elisa Ferreira, come ha spiegato la stessa von der Leyen. La delega al Pnrr è divisa con il commissario all’Economia Valdis Dombrovskis. Le altre due vicepresidenti esecutive sono Henna Virkkunen, finlandese del Ppe, che si occuperà di Sovranità tecnologica, sicurezza e democrazia, e la rumena Roxana Minzatu (S&D), alle Persone, competenze e preparazione.
La composizione dei vicepresidenti riflette la ricerca di un equilibrio politico (due socialiste, due liberali, un conservatore e una popolare), ma anche geografico, con due nordiche (Virkkunen e Kallas), due mediterranei (Fitto e Ribera), un francese (Séjourné) e un’europea dell’est (Minzatu, cui può essere aggiunta anche Kallas). Von der Leyen ha spiegato di aver scelto di nominare un vicepresidente esecutivo dell’Ecr per riflettere gli equilibri politici attuali, ricordando che anche il Parlamento Europeo ha due vicepresidenti conservatori. Come ha ricordato il copresidente dell'Ecr Nicola Procaccini, nei confronti dell'Ecr non c'è più alcun "cordone sanitario".
Tra i commissari ‘semplici’ spicca Valdis Dombrovskis, inossidabile ‘falco’ lettone a palazzo Berlaymont dal 2014. Il politico popolare, pur non essendo più vicepresidente, ottiene l’Economia e la Produttività, più l’Attuazione e Semplificazione (su quest’ultima riporterà direttamente a von der Leyen). In questo mandato, Dombrovskis non avrà più il ‘contrappeso’ rappresentato da Paolo Gentiloni, che ad ogni occasione utile sottolineava la necessità di effettuare investimenti e di non ripetere gli errori fatti dall’Eurozona con la crisi finanziaria. Il Commercio e la Sicurezza Economica vanno allo slovacco Maros Sefcovic, anch’egli confermato: milita nello Smer di Robert Fico, ma è un eurocrate a tutto tondo, da molto tempo a Bruxelles.
La croata del Ppe Dubravka Suica è commissaria al Mediterraneo; il popolare olandese Wokpke Hoekstra ottiene il Clima, le emissioni nette zero e la crescita pulita. L’ex premier lituano Andrius Kubilius ottiene la Difesa e lo Spazio. La liberale slovena Marta Kos, diplomatica di carriera, ottiene l’Allargamento. L’ungherese Varhelyi, come detto, ha la Salute e il Benessere animale. Al ceco dell’Ecr Jozef Sikela vanno le Partnership internazionali, all’indipendente cipriota (area Ppe) Costas Kadis la Pesca e gli Oceani, alla portoghese Maria Luis Albuquerque (Ppe) i Servizi finanziari; alla liberale belga Hadja Lahbib la Preparazione alla gestione delle crisi e l’Uguaglianza.
Al popolare austriaco Magnus Brunner toccano gli Affari Interni e Migrazioni, alla popolare svedese Jessika Roswall l’Ambiente, la resilienza idrica e l’economia circolare, anche in questo caso, come per Ribera, “competitiva”. La scelta degli aggettivi non è casuale e indica la volontà di declinare il Green Deal in modo compatibile con le esigenze dell’economia europea. Il polacco Piotr Serafin (Ppe) si occuperà di Bilancio, lotta alle frodi e pubblica amministrazione. Il socialdemocratico danese Dan Jorgensen avrà l’Energia e la Casa (quest’ultima delega era stata insistentemente richiesta dai Socialisti). La popolare bulgara Ekaterina Zaharieva lavorerà su Start-up, ricerca e innovazione, mentre il liberale irlandese Michael McGrath ha la delega a Giustizia, Democrazia e Stato di diritto. Il greco Apostolos Tzitzikostas (Ppe) è commissario ai Trasporti sostenibili e al Turismo; il lussemburghese Christophe Hansen (Ppe) ha l’Agricoltura e Cibo, mentre al maltese Glenn Micallef (S&D) toccano l’equità intergenerazionale, giovani, cultura e sport. Ora inizierà il processo di esame dei candidati commissari. Intanto, ha annunciato il portavoce Eric Mamer, oggi pomeriggio von der Leyen accoglierà i nuovi commissari a Bruxelles, in vista delle audizioni che si terranno in ottobre.
Esteri
Israele, pressing Usa “per sfruttare offensiva per...
Secondo il Wall Street Journal, per Biden sarebbe un'occasione per porre fine al predominio di Hezbollah ed eleggere un nuovo presidente. Colloqui Hamas-Fatah su Gaza, nessun accordo
Una svolta politica in Libano. Sarebbe la possibilità intravista dagli Stati Uniti mentre nel Paese dei Cedri proseguono le operazioni militari israeliane contro i combattenti del Partito di Dio, orfano del suo segretario generale Hasan Nasrallah. Secondo il Wall Street Journal, che cita funzionari Usa e arabi, l'Amministrazione Biden starebbe spingendo per sfruttare l'offensiva israeliana contro Hezbollah come un'occasione per porre fine al predominio del gruppo ed eleggere un nuovo presidente della Repubblica.
Un'elezione che il Libano attende dal 2022, dalla fine del mandato di Michel Aoun, nel mezzo dello stallo politico. Il segretario di Stato Usa, Anthony Blinken, ha sentito nei giorni scorsi i leader di Qatar, Egitto e Arabia Saudita per chiedere loro di sostenere l'elezione di un nuovo capo di Stato (che è anche il comandante delle Forze Armate), scrive il Wsj, e l'inviato Usa Amos Hochstein ha detto agli interlocutori arabi che l'indebolimento di Hezbollah, nel mirino della campagna militare israeliana, dovrebbe essere considerato un'opportunità per sbloccare potenzialmente lo stallo.
Secondo funzionari sauditi citati dal giornale, l'iniziativa Usa avrebbe il sostegno di Riad. Mentre, scrive ancora il Wsj, funzionari di Egitto e Qatar hanno riferito agli americani di considerare il piano irrealistico e anche pericoloso.
In Libano - un Paese segnato da divisioni politiche e confessionali, con un governo ad interim da due anni e alle prese dal 2019 con una grave crisi finanziaria - Hezbollah è anche un partito politico influente. E, evidenzia il Wsj, l'Esercito libanese è più debole di Hezbollah. Secondo il governo di Beirut, per le operazioni militari israeliane contro il Partito di Dio si contano più di un milione di sfollati.
L'iniziativa Usa, sottolinea il giornale citando fonti diplomatiche, si concentra su leader libanesi di primo piano, come il premier Najib Miqati e il capo del Parlamento, l'inamovibile sciita Nabih Berri, necessari per mettere d'accordo le forze politiche per l'elezione di un nuovo presidente. "Quello che vogliamo da questa situazione è che il Libano sia in grado di rompere la presa che Hezbollah ha avuto sul Paese, spezzare la morsa di Hezbollah sul Paese e rimuovere il veto di Hezbollah su un presidente", ha detto ai giornalisti il portavoce del Dipartimento di Stato.
Alcuni nel Paese e nella regione temono che un pressing per rafforzare in questo momento un candidato alla presidenza possa innescare nuovi scontri come accaduto in passato.
Il capo di Stato viene eletto dal Parlamento (128 seggi), che non si riunisce da maggio e dove nessun blocco ha i numeri a sufficienza per andare avanti da solo. Senza il sostegno di Hezbollah e alleati non è chiaro come si possa arrivare a un consenso. Secondo il Wsj, nei colloqui con gli Usa da Egitto e Qatar hanno tra l'altro sostenuto che Israele non riuscirà mai a distruggere Hezbollah e che il gruppo deve far parte di qualsiasi soluzione politica del conflitto.
Dall'Egitto sarebbero arrivati anche timori che intromissioni nella politica libanese, durante la crisi, possano scatenare nuovi scontri interni nel Paese dei Cedri, frammentato in fazioni rivali dalla guerra civile. E per analisti e diplomatici chiunque prenda il potere a seguito delle operazioni israeliane in Libano potrebbe scontrarsi con una reazione negativa dell'opinione pubblica e delle forze politiche rivali.
"Quanto più un nuovo presidente libanese viene visto arrivare al potere sulla scia delle azioni militari israeliane con il sostegno americano, tanto più credo sarà screditato tra molti libanesi", ha sintetizzato Robert Ford, ex ambasciatore Usa in Siria e Algeria. Per il parlamentare Ibrahim Mneimneh, riformista, "manca una leadership che possa avviare un percorso che ci consenta di vedere la luce alla fine del tunnel".
Idf: "Uccisi due comandanti Hezbollah in Libano"
Le forze israeliane (Idf) hanno intanto confermato l'uccisione in raid aerei "mirati" di due comandanti degli Hezbollah libanesi. Su X le Idf danno notizia dell'uccisione di Ahmad Moustafa al-Haj Ali, indicato come comandante del 'Fronte Houla' e accusato di aver lanciato centinaia di razzi e missili anticarro contro la zona di Kiryat Shmona. "Eliminato" anche, fanno sapere i militari, Mohammad Ali Hamdan, descritto come il comandante dell' 'unità antitank' di Hezbollah nella zona di Meiss El Jabal e accusato di essere dietro attacchi con missili anticarro contro le località del nord di Israele. "Continueremo - ribadiscono le Idf - a eliminare i terroristi di Hezbollah che minacciano le vite dei nostri civili".
Gaza, colloqui Hamas-Fatah al Cairo: nessun accordo sul dopoguerra
"Fatah è per il proseguimento dell'attuale premier Muhammad Mustafa, nominato dal presidente dell'Autorità palestinese Mahmoud Abbas per la riforma, e Hamas rifiuta questa nomina". Lo ha detto al sito di notizie israeliano Ynet un funzionario di alto livello dell'Autorità palestinese all'indomani della notizia dei colloqui al Cairo tra Fatah e Hamas, incentrati - come precisato - sul dopoguerra nella Striscia di Gaza. "Non ci sarà un accordo sulla commissione di gestione di Gaza", ha affermato.
E, ha detto, "dai colloqui al Cairo non emerge nessun nuovo accordo". "Hamas - ha aggiunto - vuole un governo di unità nazionale per gestire Gaza e non una commissione come quella proposta da Abbas".
Ieri Hamas, che nel 2007 prese il controllo della Striscia, ha confermato i colloqui con Fatah al Cairo per parlare dell' "aggressione a Gaza, degli sviluppi politici e sul campo e degli sforzi di unificazione nazionale". Fatah, attraverso l'Autorità nazionale palestinese, mantiene un controllo amministrativo limitato sulla Cisgiordania.
Esteri
Uragani Milton e Helene, Taylor Swift dona 5 milioni di...
"Questo contributo aiuterà le comunità nella ricostruzione e nella ripresa", spiega su X Feeding America, che ringrazia la popstar
Un "grazie" arriva a Taylor Swift per una donazione di cinque milioni di dollari per aiutare le persone colpite dagli uragani Helene e Milton. Un contributo "generoso", secondo l'annuncio di Claire Babineaux-Fontenot, alla guida dell'organizzazione Feeding America.
"Questo contributo aiuterà le comunità nella ricostruzione e nella ripresa, con la fornitura di generi alimentari essenziali, acqua potabile, approvvigionamenti alle persone colpite da queste tempeste devastanti", ha aggiunto in una dichiarazione diffusa via X da Feeding America, con un "grazie" a Taylor Swift per "essere al nostro fianco".
Esteri
Uragano Milton in Florida: blackout, tornado multipli e...
In 2,2 milioni senza luce, generati 19 tornado sul territorio. Ora l'uragano è classificato in categoria 1
Blackout per oltre 2,2 milioni di utenze in Florida con il passaggio dell'Uragano Milton, che ha provocato danni e "diverse vittime" negli Usa. L'uragano, con venti a oltre 140 chilometri orari, è ora classificato in categoria 1, riportano i media americani sulla base di un aggiornamento del National Hurricane Center.
La 'tempesta del secolo' con pioggia, raffiche di vento e 19 tornado
Ancora in categoria 3, la "tempesta del secolo" ha toccato terra alle 20.30 della serata americana del 9 ottobre, scaricando la sua potenza nella zona della contea di Sarasota con pioggia e raffiche di vento a oltre 120 miglia orarie, quasi km l'ora. L'arrivo dell'uragano è stato preceduto e accompagnato da almeno 19 tornado nel territorio della Florida. "Diverse vittime" vengono segnalate nella contea di St.Lucie, secondo le informazioni fornite dall'ufficio dello sceriffo all'emittente WPTV.