Sostenibilità, da mobilità a verde urbano: la sfida per il clima si vince nelle città
Il Position Paper realizzato da Teha Group con A2A e il contributo scientifico di ASviS
La sfida per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 si gioca e si vince nelle città: le emissioni di CO2 nei capoluoghi italiani possono essere più che dimezzate attivando su vasta scala alcune leve già disponibili, come la mobilità elettrica, le pompe di calore, il fotovoltaico su tetto, il teleriscaldamento, il relamping, l’uso circolare dei rifiuti e il verde urbano. Un pacchetto di investimenti da 10 miliardi l’anno (270 miliardi al 2050) renderebbe possibile il processo di decarbonizzazione e il miglioramento dell’efficienza e della qualità della vita nelle città italiane. È quello che emerge dal Position Paper 'Sostenibilità urbana. Decarbonizzazione, elettrificazione e innovazione: opportunità e soluzioni per città future-fit' realizzato da Teha Group in collaborazione con A2A e il contributo scientifico di ASviS, presentato oggi, nell’ambito della 50° edizione del Forum di Cernobbio.
Uno studio completo e dettagliato sul ruolo di catalizzatore economico e sociale delle città italiane e sulla loro rilevanza nel promuovere il processo di decarbonizzazione dell’intero sistema-Paese. Già oggi i centri urbani si caratterizzano per un’efficienza intrinseca che porta con sé anche un’efficienza complessiva: i 112 comuni capoluogo oggetto dell’analisi consumano il 29% del totale energetico nazionale, a fronte di circa il 60% del Pil generato. Il Rapporto ha identificato una serie di leve tecnologiche e di servizio che possono accrescere l’efficienza delle città, migliorando al tempo stesso la sostenibilità urbana e la qualità della vita dei cittadini. Sono stati inoltre approfonditi i casi di 7 città italiane in cui si stanno implementando progettualità dirette a coniugare e accrescere il benessere dei cittadini e la sostenibilità nei territori (Milano, Brescia, Messina, Bergamo, Varese, Cremona e Cosenza).
“Le città hanno assunto un ruolo centrale nello sviluppo sociale ed economico, diventando veri e propri catalizzatori di innovazione e sostenibilità. I dati indicano che, entro il 2050, il processo di urbanizzazione in atto potrebbe portare il 70% della popolazione mondiale a vivere in aree urbane; una percentuale che sale oltre l’80% in Italia e che avrà un conseguente impatto sulle emissioni, in aumento del 18%, e sul consumo energetico. La densità rende però al tempo stesso le città particolarmente efficienti: a livello nazionale, consumano il 29% dell’energia ma producono il 60% del Pil - ha commentato Roberto Tasca, presidente di A2A - I sindaci europei indicano come priorità la necessità di coniugare sviluppo e sostenibilità; per farlo è essenziale implementare strategie di decarbonizzazione e investire in nuove tecnologie. Con un tale approccio non solo si potrà contribuire a migliorare la qualità della vita dei cittadini, ma anche stimolare una crescita economica sostenibile rendendo i centri urbani attrattivi e in grado di innalzare la qualità della vita di chi ci vive”.
“Grazie alle leve tecnologiche già oggi disponibili, è possibile ridurre le emissioni delle città di oltre il 50%: in valori assoluti, si tratta di 32 milioni di tonnellate di CO2, pari all’anidride carbonica assorbita da 210 milioni di alberi. Un contributo sostanziale al percorso verso la neutralità climatica e per il benessere delle persone - ha dichiarato Renato Mazzoncini, amministratore delegato di A2A - Ne beneficerebbe anche l’attuale mix di consumi, con un aumento del peso di rinnovabili, elettricità e calore derivato di 20 punti percentuali sul totale, riducendo l’uso di combustibili fossili. Le azioni individuate richiedono investimenti annuali per circa 10 miliardi di euro per un totale di 270 miliardi fino al 2050; risorse attivabili anche grazie alla presenza e alla capacità economico-finanziaria di operatori industriali, tra cui A2A, che possono ricoprire un ruolo di abilitatore e partner contribuendo così ad accelerare il percorso verso la sostenibilità”.
“Il 21° secolo è il secolo delle città. Con l’accelerazione dell’urbanizzazione che riguarda tutte le aree del mondo, le città sono sempre più i luoghi in cui l’economia e la società di un Paese crescono e si sviluppano - ha commentato Lorenzo Tavazzi, Senior Partner e Board Member di Teha - È necessario fare sì che le città continuino a svolgere il loro ruolo di acceleratori dello sviluppo e coniugare a questo la sostenibilità richiesta dai target europei e la qualità della vita. La quota di cittadini italiani che si dichiara soddisfatta della vita nella propria città è infatti inferiore di 8,1 punti percentuali alla media europea. Nello Studio presentato oggi abbiamo identificato 7 leve d’azione immediatamente attuabili per la decarbonizzazione, l’elettrificazione e l’innovazione urbana (impianti fotovoltaici, installazione di pompe di calore elettriche, teleriscaldamento, water e waste management, elettrificazione del trasporto pubblico locale, illuminazione a LED e verde urbano), con importanti benefici in termini di CO2 ed efficientamento del mix energetico dei consumi”.
“Uno degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, da conseguire entro la fine di questa decade, è quello di costruire città sostenibili e resilienti - ha osservato Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) - il che richiede una piena coerenza delle politiche pubbliche economiche, sociali e ambientali. Per raggiungere questo obiettivo è indispensabile un approccio integrato sia tra le diverse parti dell’amministrazione locale, sia tra i diversi livelli di governo. In questa prospettiva, è indispensabile rendere operativo il Comitato interministeriale per le politiche urbane (Cipu), ricostituito dal Governo Draghi, ma mai convocato, con l’obiettivo di coordinare le azioni che impattano sullo stato delle città, specialmente di quelle metropolitane. Lo studio presentato oggi dimostra le opportunità che un investimento ben coordinato sulla trasformazione delle città italiane produrrebbe un effetto importante sul benessere attuale e futuro di milioni di cittadini".
LO SCENARIO DI RIFERIMENTO - Nel 2007, per la prima volta nella storia, la popolazione mondiale residente nelle aree urbane ha superato quella nelle aree rurali (50,1% contro 49,9%). Dal 2007 al 2024, i residenti in aree urbane sono saliti ulteriormente raggiungendo il 58,3% e la previsione è che tale quota possa arrivare a circa il 70% entro il 2050. L’Italia, ad oggi, presenta la minore percentuale di residenti nelle aree urbane tra i Big-5 Paesi europei (oltre a Italia, si considerano UK, Francia, Spagna e Germania), pari al 72,6%, contro il 78,0% della Germania, l’82,1% della Spagna, l’82,3% della Francia e l’85,1% del Regno Unito.
I trend di urbanizzazione si legano al ruolo 'catalizzatore' economico e sociale delle città stesse. In Italia, nei 112 comuni capoluogo oggetto dello Studio, che coprono il 7% della superficie nazionale, si genera il 60% del Pil del Paese. Inoltre, le aree urbane si caratterizzano già oggi per un’efficienza intrinseca, che lo studio ha valutato su 3 livelli: termica degli edifici, di servizi a rete e di mobilità. Queste, infatti, richiedono minor consumo termico (-21% per unità di superficie), generano economie di densità per le reti idriche, elettriche e gas (le utenze allacciate alla rete elettrica e del gas per km sono circa 5 e 3 volte superiori a quelle nel resto del Paese) e sostengono un minor utilizzo dei mezzi individuali per gli spostamenti (+54% di Tpl e di modalità sostenibili in città rispetto al resto d’Italia). La concentrazione di attività nelle aree urbane rende necessario nei prossimi anni combinare tale efficienza con una crescente sostenibilità e qualità della vita.
A tal fine, nello studio sono stati identificati alcuni capoluoghi in cui si stanno portando avanti progettualità dirette a coniugare e accrescere qualità della vita e sostenibilità nei propri territori. Nel dettaglio, Teha ne ha individuati 7 esemplificativi in tal senso (Milano, Brescia, Messina, Bergamo, Varese, Cremona e Cosenza), trasversali rispetto all’area geografica di appartenenza e alla classe dimensionale. Ciascuna delle città identificate riporta un diverso ricorso e mix di leve sul proprio territorio: l’installazione di impianti fotovoltaici (di grande taglia come nel caso di quelli installati sui tetti di Rho Fiera a Milano o piccola taglia come nel caso di Varese); il ricorso al teleriscaldamento sia per ridurre il conferimento in discarica sia per ridurre il ricorso ai combustibili fossili nella generazione di energia; l’adozione di modelli virtuosi di waste management, che possono anche riguardare l’elettrificazione del parco automezzi per la raccolta di rifiuti e l’installazione di pannelli fotovoltaici sui cestoni; l’elettrificazione della flotta Tpl e l’adozione di modelli sostenibili per incentivare il ricorso al trasporto pubblico; l’abilitazione di un’illuminazione pubblica più sostenibile grazie alla tecnologia Led con conseguenti minori consumi e maggiore sicurezza nelle strade; la creazione di isole di verde urbano e la piantumazione di alberi.
LE LEVE TECNOLOGICHE E DI SERVIZIO - Ad oggi sono disponibili una serie di leve tecnologiche e di servizio, all’interno del paradigma della Smart City, che possono accrescere l’efficienza delle città, migliorando al tempo stesso la sostenibilità urbana e la qualità della vita. Per stimare la diffusione delle leve tecnologiche e di servizio individuate è stato preso in considerazione come orizzonte temporale il 2050 o, dove possibile, è stato ipotizzato un pieno dispiegamento del relativo potenziale sulla base della tecnologia attuale. Nel dettaglio, quelle identificate nello studio riguardano l’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti degli edifici residenziali, l’elettrificazione dei trasporti, l’installazione di pompe di calore elettriche, la diffusione del teleriscaldamento, l’ottimizzazione dei servizi di water e waste management, la sostituzione dei punti luce con illuminazione a Led (relamping) e lo sviluppo di verde urbano. Per ciascuna di tali leve è stata individuata una specifica metodologia per stimarne la potenziale adozione e diffusione nelle città italiane e i relativi benefici in termini di riduzione delle emissioni di CO2 e di shift dai combustibili fossili (petrolio e gas naturale) verso vettori e fonti energetiche come l’elettricità, le rinnovabili e il calore derivato.
In sintesi, secondo le stime di Teha, le leve individuate potrebbero ridurre le emissioni nelle città di oltre il 50% (32 milioni di tonnellate di CO2), incrementando l’elettrificazione, le Fer e il calore derivato nel mix di consumo delle aree urbane di circa 20 punti percentuali. L’attivazione di tali leve tecnologiche e di servizio richiede un investimento complessivo di circa 270 miliardi di euro, ovvero circa 10 miliardi di euro annui fino al 2050. Queste azioni rappresentano le soluzioni più efficienti, in termini di costo-beneficio, per la riduzione delle emissioni e potranno essere attivate anche grazie al coinvolgimento e all’impegno di tutti gli stakeholder: cittadini, operatori privati ed enti pubblici.
Economia
Più soldi dall’Italia all’estero, Bankitalia:...
Gli incrementi più consistenti verso l'Asia
Nel secondo trimestre 2024 le rimesse all'estero degli stranieri residenti in Italia sono aumentate dell'1,8% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Lo rileva Bankitalia. Gli incrementi più consistenti verso l'Asia, l'America centro-meridionale e il Nord Africa.
Economia
Metalmeccanici, contratto al palo: si ventila rischio...
È ancora al palo la trattativa tra Federmeccanica-Assistal e i sindacati metalmeccanici Fiom, Fim e Uilm, sul rinnovo del contratto collettivo nazionale che riguarda 1,6 milioni di lavoratori in oltre 30 mila aziende, una forza lavoro responsabile, solo nel 2022, dell’8% del Pil nazionale. Un percorso in salita, iniziato in primavera con la presentazione della piattaforma comune e scandito da cinque incontri tra frizioni e battute d’arresto. E ora, datori e tute blu si apprestano a riprendere le fila del confronto con un nuovo appuntamento in programma il 10 ottobre. Ma l’aria è tesa e si inizia a ventilare il rischio di una rottura del tavolo che agita sull’industria metalmeccanica, dopo anni di sostanziale sintonia, lo spettro degli scioperi.
Le tute blu a maggio avevano presentato una piattaforma unitaria con una serie di richieste tra cui, in testa, un aumento salariale e un taglio dell’orario lavorativo, incassando tuttavia un secco 'no' da parte degli industriali, avevano giudicato le proposte "insostenibili" sul piano economico. Nell'incontro fissato per giovedì prossimo si dovrebbe “entrare nel vivo” dei negoziati, dicono all’AdnKronos fonti vicine al dossier: Federmeccanica e Assistal porteranno infatti al tavolo la loro proposta di rinnovo. Ma se quest’ultima dovesse essere “troppo distante dalle richieste sindacali sia sui salari che sui contratti – avvertono le fonti – rischiamo la rottura del tavolo e l’avvio di un periodo conflittuale nelle aziende metalmeccaniche italiane con agitazioni e mobilitazioni”. Un percorso che potrebbe culminare nello sciopero e, in generale, in un periodo di acque agitate per un comparto già azzoppato da una congiuntura complessa.
Salari
In testa alle principali richieste delle tute blu, il salario. Per il triennio 2024-2027 i sindacati chiedono un aumento sul trattamento economico minimo pari a 280 euro. Una richiesta “insostenibile” secondo Federmeccanica-Assistal: per effetto del meccanismo di adeguamento dei minimi tabellari ex post all’inflazione, secondo l’indicatore Ipca, a giugno i metalmeccanici hanno incassato già un adeguamento dei minimi di garanzia pari a 137,52 euro (al livello C3); cifra che, considerando l’intero periodo di vigenza dell’attuale contratto nazionale, ovvero a partire dal giugno 2021, si attesta a 310 euro (sempre al livello C3).
Inoltre, le tre sigle vogliono un aumento del premio perequativo a 700 euro annui, modificando i criteri di erogazione a beneficio dei lavoratori che dipendono da imprese che non hanno in vigore un premio di risultato o analoghe voci retributive derivanti dalla contrattazione collettiva aziendale, evitando che rimangano di fatto senza la copertura del secondo livello di contrattazione.
Orari
Accanto al capitolo salari, l’orario di lavoro, con l’avvio di una fase di sperimentazione contrattuale con l'obiettivo di raggiungere progressivamente le 35 ore settimanali (facendo salve le intese aziendali esistenti). Anche qui, i datori hanno chiuso la porta, facendo notare che l’attuale Ccnl consente già alle aziende di sperimentare rimodulazioni dell’orario di lavoro, cosa che in alcuni casi sta avvenendo, e ricordando che nel 2026 si completerà la settimana aggiuntiva di ferie per gli operai con più di 18 anni di anzianità di servizio.
Di pari passo va inoltre la richiesta di un ulteriore sforzo sulla conciliazione tra lavoro e vita privata: definire la normativa quadro a livello nazionale, utilizzare i Par (Permessi annui retribuiti) anche a frazioni d’ora, sia per i lavoratori a giornata che per quelli impegnati nei turni di lavoro e beneficiare di Par con preavviso ridotto o nullo per l’assistenza ai figli minori, genitori anziani, familiari disabili. Ancora: permessi aggiuntivi specifici per il lavoro di cura, per figli minori diretti o riconosciuti nei diversi contesti famigliari, per genitori anziani e famigliari disabili. Focus anche sul congedo parentale, con la richiesta di integrare il trattamento economico previsto portando l’integrazione al 100% del reddito per ulteriori due mesi (attualmente all’80% e al 60%), e di prevedere l’utilizzo del congedo anche in ore.
Welfare
Sul fronte welfare, i sindacati chiedono un aumento dei flexible benefit a 250 euro annui. Ma di nuovo le imprese hanno fatto presente che, sempre nel mese di giugno, sono stati riconosciuti 200 euro di flexible benefits che si aggiungono a quelli di pari importo erogati a partire dal 2021 per un totale di 800 euro netti, considerando l’abbattimento del cuneo fiscale. Tra le proposte, c’è poi l’adeguamento progressivo del contributo mensile a carico aziendale di 4 euro a dipendente, finalizzato a sviluppare prestazioni di carattere integrativo e mutualistico erogate dal Fondo sanitario, e un rafforzamento del numero di aderenti al Fondo previdenziale (Cometa) attraverso forme di premialità straordinarie per i nuovi, accompagnate da campagne informative condivise tra le parti attraverso una comunicazione nel cedolino paga.
Economia
Manovra, Bankitalia: “Pil 2024 più basso di stime...
Sergio Nicoletti Altimari alle commissioni Bilancio riunite della Camera e del Senato: "Quadro Psb più favorevole di nostre valutazioni. Con sgravi lavoro rischi per equilibrio pensioni"
Pil più basso delle attese del governo per il 2024. A indicarlo è stato Sergio Nicoletti Altimari, capo dipartimento economia e statistica della Banca d'Italia durante l'audizione sul Piano strutturale di bilancio davanti alle commissioni Bilancio riunite della Camera e del Senato. Lo scenario programmatico del Psb è "più favorevole delle nostre valutazioni", ha sottolineato.
"Nel quadro previsivo a legislazione vigente del Psb - ha spiegato Nicoletti Altimari - il Pil cresce dell'1 per cento quest'anno, dello 0,9 per cento nel prossimo e dell'1,1 per cento nel 2026. La revisione dei conti economici trimestrali pubblicata venerdì scorso dall'Istat, non inclusa nel quadro, comporterebbe una correzione meccanica al ribasso di due decimi di punto percentuale della stima per l'anno in corso" ribassando quindi la stima precedente del +1% a +0,8%.
"Strategia comprensibile ma rischi anche con piccoli scostamenti"
Permangono rischi nella strategia di bilancio per i prossimi anni, hanno sottolineato quindi i rappresentanti della Banca d'Italia durante l'audizione.
"Rispetto agli andamenti tendenziali dei conti, il governo programma misure espansive – accrescendo il disavanzo di circa 0,4 punti percentuali del pil nel 2025, 0,7 nel 2026 e di 1,1 nel 2027 – rispettando al contempo il tasso medio di crescita della spesa netta indicato nella traiettoria di riferimento proposta dalla Commissione a giugno (spetterà alle prossime manovre di bilancio specificare interventi coerenti con questi obiettivi)", si rileva.
Questa strategia per la Banca d'Italia "è comprensibile" ma "non è esente da rischi. In primo luogo, non è certo che il miglioramento dei conti dell’anno in corso – che riflette il vivace andamento delle entrate dirette – abbia natura pienamente strutturale". In secondo luogo, "data l’elevata incertezza che caratterizza le stime macroeconomiche, anche piccoli scostamenti dai piani di bilancio potrebbero rendere difficoltoso riportare, come pianificato dal Governo, l’indebitamento netto sotto la soglia del 3 per cento del prodotto nel 2026 e, più in generale, conseguire il profilo del debito delineato nel Piano".
"No deroga tetti spese, calo debito priorità"
L’approvazione del Psb "è un passaggio della massima importanza. Il documento, infatti, fissa le principali direttrici della politica di bilancio italiana almeno fino alla fine della legislatura. A meno di eventi eccezionali, non si potrà derogare dai tetti di spesa inclusi nel Piano", ha spiegato quindi Nicoletti Altimari.
"Assicurare che l’incidenza del debito pubblico si collochi stabilmente su una traiettoria discendente è un obiettivo prioritario per l’Italia a prescindere dai vincoli europei", aggiunge.
"Con sgravi lavoro rischi per equilibrio pensioni"
Rendendo strutturali gli sgravi contributivi sul lavoro potrebbero "venire meno a livello aggregato l'equilibrio tra entrate contributive e uscite per prestazioni che, nel medio periodo, caratterizza il nostro sistema previdenziale e ne rappresenta un punto di forza", ha detto ancora il capo dipartimento economia e statistica di Bankitalia.
"Regole stabili per credibilità, bene andamento conti"
"Potersi basare su un quadro di regole stabile e orientato al medio termine conferisce credibilità alle strategie di politica economica e àncora le aspettative di famiglie, imprese e operatori finanziari", sottolineano i rappresentanti della Banca d'Italia.
"I conti in corso d’anno mostrano un andamento incoraggiante. Nelle stime del Piano l’indebitamento netto sul PIL nel 2024 si ridurrebbe sia rispetto al 2023 sia rispetto a quanto stimato nel Def di aprile. Il saldo primario sarebbe nuovamente in avanzo, seppur minimo, per la prima volta dal 2019. Più in generale, l’intero profilo dell’indebitamento netto per gli anni 2024-27 a legislazione vigente risulta più favorevole di quanto stimato in primavera", aggiunge.
"Prudenza conti ma anche riforme e investimenti, più dettagli Pnrr"
"Un approccio prudente nella gestione della finanza pubblica si deve coniugare con una forte azione riformatrice e di investimento, in modo da innalzare il potenziale di crescita. Su questo fronte, il documento indica ambiti rilevanti per le prospettive future dell’economia italiana. Molto dipenderà da come le misure di riforma saranno effettivamente disegnate. Sarebbe auspicabile che il Piano fornisse un maggiore livello di dettaglio sui tempi e le modalità di attuazione", spiega ancora Bankitalia.