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Come un oncologo riduce il rischio di cancro: 5 abitudini chiave
L’oncologo Mikkael A. Sekeres ha condiviso le sue abitudini per ridurre il rischio di cancro. Autore di diversi libri e professore di Ematologia presso il Sylvester Comprehensive Cancer Center dell’Università di Miami, l’oncologo ha pubblicato sul Washington Post 5 consigli che lui segue personalmente per allontanare il cancro, data la sua storia familiare fortemente segnata da questa malattia. Sua madre ha un cancro ai polmoni, mentre suo zio e sua nonna materna sono stati colpiti dalla leucemia. Dal lato paterno, il nonno ha avuto un tumore alla prostata e la nonna un cancro alle ovaie.
Sono un oncologo, ecco cosa faccio
Questa storia familiare ha motivato Sekeres non solo a intraprendere la carriera di oncologo, ma anche a fare scelte di vita mirate alla prevenzione.
Quasi la metà dei tumori, infatti, è prevenibile. Uno studio dell’American Cancer Society pubblicato a luglio ha stimato che, nel 2019, negli Stati Uniti, il 40% delle nuove diagnosi di cancro negli adulti sopra i 30 anni era dovuto a un rischio modificabile.
Ecco le cinque importanti misure che l’oncologo adotta per ridurre il rischio di cancro.
Protezione solare rigorosa
La prima abitudine che Sekeres segue riguarda la protezione solare. Durante gli studi di medicina, ha assistito a una lezione illuminante in cui il professore ha mostrato due foto: una di un uomo anziano con la pelle liscia, simile alla porcellana perché aveva evitato il sole per tutta la vita; l’altra di una donna più giovane, che trascorreva molto tempo al sole, con il viso ricoperto di rughe e un aspetto molto più invecchiato dell’uomo.
Questa lezione, seguita da un approfondimento sui tumori della pelle, ha spinto l’oncologo ad adottare misure preventive rigorose. Sekeres applica quotidianamente una protezione solare su viso e corpo, soprattutto quando prevede di esporsi al sole. Tiene sempre la protezione solare in macchina, per ogni evenienza e segue le raccomandazioni dei Centers for Disease Control and Prevention quando trascorre più di 30 minuti all’aperto, indossando un cappello, occhiali da sole, una maglietta a maniche lunghe e applicando una crema solare con un fattore di protezione di almeno 15.
Con buona pace dei negazionisti della crema solare. Il rifiuto delle protezioni solari, spiega all’Adnkronos Salute Giuseppe Argenziano, presidente Sidemast (Società italiana di dermatologia e malattie sessualmente trasmesse), “più che una moda direi che è un atteggiamento paranoico che purtroppo, come per i no-vax e i no-farmaci, può essere molto pericoloso”. Il punto è che “il 90% dei tumori della pelle sono collegati alle scottature solari e quindi il filtro solare rappresenta un buon compromesso tra voglia di sole e prudenza.
L’importanza della crema solare è supportata da uno studio del 2019, che ha rivelato come la radiazione ultravioletta sia il secondo fattore più importante nelle nuove diagnosi di cancro negli uomini (circa il 6% dei casi) e il quinto nelle donne (circa il 4% dei casi). Non sorprende che la maggior parte delle diagnosi di melanoma e tumore alla pelle non melanoma (cancro della pelle a cellule basali e squamose) siano state attribuite alla radiazione UV. Sekeres sottolinea anche l’importanza di evitare i lettini abbronzanti. Il rischio di melanoma aumenta del 75% nelle persone che si sottopongono a trattamenti di abbronzatura artificiale prima dei 35 anni, con un rischio proporzionale agli anni di utilizzo e al numero di sedute.
La Fondazione AIRC conferma l’importanza di queste precauzioni, sottolineando che i raggi ultravioletti (UV) a cui ci esponiamo quando siamo all’aperto possono avere effetti nocivi non solo sulla pelle, ma anche su occhi e labbra. Nello specifico, è stato calcolato che la maggior parte dei casi di melanoma (dal 65% a oltre il 90%) è dovuta a una scorretta esposizione al sole.
Alcol (quasi) bandito
Tasto dolente per molti italiani, soprattutto per i più giovani. Infatti, come risulta dall’indagine nazionale sugli stili di vita degli adolescenti che vivono in Italia, edizione 2024, realizzata da Laboratorio adolescenza e Istituto di ricerca Iard, con il supporto operativo di Mediatyche Srl, oltre 7 ragazzi su 10 si sono ubriacati almeno una volta.
Non colpisce tanto la frequenza, quanto l’idea che gli effetti della sbronza finiscano nel giro di qualche ora, ignorando le conseguenze che l’assunzione di alcol ha sul corpo. Un’incoscienza che non va imputata ai giovani, ma alla cultura italiana che, anche per interessi economici, fa una netta separazione tra le droghe (ora anche la cannabis light) e l’alcol. Già la distinzione linguistica alcol-droghe la dice lunga su quanto, tutto sommato, l’alcol venga concepito come qualcosa di innocuo.
Il consumo di alcolici è il quarto fattore più importante per le nuove diagnosi di cancro negli uomini (circa il 5% dei casi) e il terzo nelle donne (circa il 6% dei casi). Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, collegati all’assunzione di alcol non sono solo i tumori della cavità orale o dell’esofago: il maggior numero di diagnosi di tumore collegate al consumo eccessivo di alcolici riguarda il cancro al seno, con oltre 44 mila casi negli Stati Uniti nel 2019 (circa 6.000 in Italia).
Non si tratta di demonizzare l’alcol o il proverbiale “bicchiere di vino rosso a tavola”. Sekeres ammette di apprezzare una birra fresca mentre guarda il baseball in estate o il football in inverno, ma limita l’assunzione di alcolici a 1-2 drink a settimana.
Il rischio di cancro in relazione al consumo di alcol è, infatti, dose-dipendente: più si beve, più è alto il rischio di cancro. Anche coloro che bevono un drink al giorno hanno un maggior rischio di sviluppare alcuni tumori, seppur contenuto.
No al fumo, le sigarette sono “bastoncini per il cancro”
La terza abitudine cruciale seguita dall’oncologo per ridurre il rischio di cancro è l’astensione dal fumo. L’impegno di Sekeres contro il fumo iniziò quando aveva solo 10 anni. Tentò di modificare il rischio di cancro di sua madre cercando di convincerla a smettere di fumare: su incoraggiamento della sua insegnante di scienze di quinta elementare, sostituì le sigarette della madre con pezzi di carta arrotolati sui quali aveva scritto “bastoncini per il cancro”. Purtroppo, questo sforzo si rivelò vano di fronte alla dipendenza dalla nicotina della madre. L’intervento dell’insegnante ebbe però un impatto duraturo su Sekeres, che non ha mai iniziato a fumare.
Questa scelta si è rivelata cruciale, considerando che negli Stati Uniti il fumo di sigaretta è stato il fattore che ha contribuito più di tutti a nuove diagnosi di cancro negli adulti sopra i 30 anni. Al fumo è stato attribuito l’86% delle diagnosi di cancro ai polmoni, il 54% dei tumori all’esofago, e circa il 51% di tumori alla vescica, oltre a molti altri tipi di tumori.
C’è però una buona notizia: smettere di fumare riduce progressivamente il rischio di ammalarsi, fino a riportarlo ai livelli dei non fumatori. Secondo quanto riportato dal Ministero della Salute, dopo 10 anni il rischio di tumore ai polmoni si dimezza e diminuisce anche il rischio di tumori alla bocca, alla gola, all’esofago, alla vescica, al collo dell’utero e al pancreas.
Mezz’ora di esercizio fisico al giorno
Tra le cinque abitudini dell’oncologo per ridurre il rischio di tumore c’è l’esercizio fisico quotidiano. Sekeres si impegna a fare esercizio fisico ogni giorno per 30 minuti. Riconoscendo la difficoltà di inserire l’attività fisica in una giornata impegnativa, ha adottato una strategia efficace: inizia la giornata con l’attività fisica, svegliandosi un po’ prima del solito. Utilizza una cyclette posizionata vicino alla sua camera da letto e, mentre pedala, approfitta per controllare notifiche e social. In questo modo, l’oncologo americano è sicuro che, indipendentemente da come si svilupperà il resto della giornata, avrà già fatto qualcosa di buono per la sua salute.
L’importanza di questa abitudine è supportata da uno studio recente condotto su oltre 60 mila adulti, che ha mostrato risultati significativi. Chi svolge esercizio fisico per due o più ore a settimana ha un rischio inferiore del 26% di sviluppare tumori alla testa e al collo, un rischio inferiore del 20% di sviluppare cancro ai polmoni, e un rischio inferiore dell’11% di sviluppare il tumore al seno. È interessante notare che lo studio ha anche rilevato tassi leggermente più elevati di melanoma e tumore alla prostata tra chi fa esercizio regolare, un dato che merita ulteriori approfondimenti.
L’American Cancer Society fornisce raccomandazioni specifiche per l’attività fisica settimanale al fine di ridurre il rischio di tumore al seno, colon, endometrio e altri. Suggerisce 150-300 minuti di esercizio di intensità moderata (come camminare a passo svelto o andare in bicicletta a meno di 16 chilometri all’ora), oppure 75-150 minuti di esercizio a intensità elevata (come correre o andare in bicicletta a una velocità superiore ai 16 chilometri orari).
Per questo, qualsiasi italiano deve sperare che la proposta di inserire l’attività fisica come spesa detraibile nella dichiarazione dei redditi diventi legge. Il fatto che il “ddl Sbrollini” sia stata approvata da tutti i partiti nella X Commissione fa ben sperare.
Mangiare bene (non è scontato)
L’ultima, ma non meno importante, abitudine seguita e promossa da Sekeres riguarda l’alimentazione. La ricerca ha scoperto un’associazione tra cancro al colon e retto con il consumo di carne rossa o lavorata e il basso consumo di fibre e calcio. Consumare poca frutta e verdura è, invece, associato a tumori della cavità orale.
L’oncologo evita diete restrittive o più porzioni di uno stesso tipo di alimento al giorno. Ha eliminato completamente le bevande zuccherate, mangia frutta o verdura a pranzo e a cena, e limita l’assunzione di carne rossa a una o due volte a settimana. Inoltre, mangia raramente al fast food ed evita le carni lavorate.
Sekeres sottolinea che i rischi legati a un’alimentazione scorretta non si limitano al cancro, ma riguardano anche molte altre malattie croniche, come quelle cardiovascolari e metaboliche. L’Oms ha inoltre stilato un decalogo su come e cosa mangiare in estate per ridurre il rischio di infezioni.
Una categoria di alimenti a cui prestare particolare attenzione sono i cibi ultraprocessati: oltre a essere nocivi a lungo termine per la salute, questi possono perfino creare dipendenza in chi li consuma.
Se siete arrivati fin qui, è perché volete avere un approccio proattivo che tuteli la vostra salute. Ora, non vi resta che seguire le cinque abitudini dell’oncologo americano per ridurre il rischio di cancro. E nel frattempo, perché no?, sperare che ci siano ulteriori progressi nella diagnosi del cancro con l’intelligenza artificiale.

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Decreto flussi 2025, oggi ultimo click day: basterà a...


Il Decreto Flussi 2025 ha aperto una nuova fase di ingresso per i lavoratori extracomunitari in Italia, con un particolare focus sui settori agricolo e turistico-alberghiero. Il 12 febbraio 2025 segna il terzo appuntamento di un processo complesso, che ha visto il coinvolgimento di migliaia di lavoratori provenienti da Paesi con cui l’Italia ha accordi di cooperazione. Ma cosa significa realmente il “click day” per i settori stagionali, e come le dinamiche di domanda e offerta di lavoro stanno cambiando nel contesto italiano?
La struttura del decreto flussi 2025
Il Decreto Flussi è una delle principali politiche migratorie italiane per la gestione dei flussi di lavoratori extracomunitari, regolando l’ingresso di lavoratori stagionali e non stagionali provenienti da Paesi che vantano accordi bilaterali con l’Italia. Ogni anno, il decreto stabilisce un numero massimo di ingressi, che varia a seconda delle necessità economiche e produttive del Paese. Il 2025 ha visto una serie di novità, con l’introduzione di un processo di gestione delle domande sempre più digitalizzato e la possibilità di precompilare le istanze in anticipo.
Il meccanismo del “click day” è centrale in questo processo. Si tratta di una giornata dedicata, durante la quale i datori di lavoro e i lavoratori interessati possono inviare le loro domande tramite il portale online del Ministero dell’Interno. Le istanze vengono accolte in tempo reale, ma la concorrenza per le quote disponibili è feroce, rendendo ogni operazione cruciale. Il sistema informatico, benché avanzato, ha mostrato delle criticità, come l’overbooking delle quote disponibili, che evidenzia come la domanda sia spesso superiore all’offerta, creando inevitabili disagi.
Il settore agricolo
Il settore agricolo italiano è da sempre una colonna portante dell’economia, contribuendo in modo significativo al PIL del Paese e alla sua reputazione internazionale, grazie soprattutto al Made in Italy. Tuttavia, la crisi di manodopera che colpisce questo settore è ormai un problema strutturale. Ogni anno, le aziende agricole italiane, che impiegano circa un milione di lavoratori, si trovano a fronteggiare una carenza di circa 100mila unità per le attività stagionali di raccolta. La difficoltà di reperire lavoratori stagionali, soprattutto nei mesi cruciali della raccolta, rende necessaria una gestione dei flussi migratori più efficiente.
Le quote annualmente assegnate per l’ingresso di lavoratori agricoli attraverso il Decreto Flussi sono spesso insufficienti a coprire tutte le esigenze del settore. Questo gap tra domanda e offerta ha portato a un’escalation di fenomeni illegali come il caporalato, che danneggiano sia i lavoratori che le imprese. Un altro aspetto critico riguarda la gestione del tempo: spesso i lavoratori arrivano a stagione di raccolta già finita, e questo ritardo crea inutili complicazioni per le aziende agricole.
Il settore turistico-alberghiero
Il settore turistico-alberghiero, insieme a quello agricolo, è uno dei principali destinatari delle quote previste dal Decreto Flussi per i lavoratori stagionali. Questo settore vive di una stagionalità che coincide con i picchi di afflusso turistico, che variano in base alle diverse zone geografiche e alle condizioni climatiche. La domanda di lavoratori stagionali è quindi fortemente legata alla stagione turistica, con una richiesta annuale che, seppur alta, non è sempre in grado di soddisfare il fabbisogno reale.
Le difficoltà del settore sono amplificate dalla scarsità di lavoratori italiani disponibili a ricoprire queste posizioni, nonostante l’alto numero di disoccupati. La stagionalità del lavoro in hotel, ristoranti, e altri servizi turistici non è più una novità, ma ciò che cambia è la tipologia di lavoratori richiesti, che deve adattarsi ai nuovi standard tecnologici e alle esigenze di un turismo sempre più digitale e internazionale. Il Decreto Flussi, purtroppo, non è ancora in grado di rispondere appieno alle nuove sfide di un settore che, pur essendo tra i più importanti per l’economia nazionale, soffre di un sistema di selezione e ingresso di manodopera inefficiente.
Le criticità del sistema
Il Ministero dell’Interno, attraverso il portale online dedicato, è il fulcro della gestione del Decreto Flussi. Tuttavia, la procedura di invio delle domande, pur essendo altamente digitalizzata, ha dimostrato di essere vulnerabile a disservizi tecnici e a una forte concentrazione delle richieste nei giorni di “click day”. La digitalizzazione del processo, se da un lato ha semplificato l’accesso alle domande, dall’altro ha generato un sistema molto competitivo, in cui chi arriva in ritardo rischia di non riuscire ad accedere alle quote previste.
Inoltre, nonostante il miglioramento delle procedure negli ultimi anni, molti lavoratori si trovano ad affrontare difficoltà burocratiche non indifferenti, che riguardano tanto l’ottenimento dei visti quanto l’assegnazione delle quote. Il sistema dei click day, che funziona tramite una selezione automatica, non tiene conto delle effettive necessità delle imprese agricole e turistiche, né delle tempistiche di arrivo dei lavoratori. In molti casi, infatti, le aziende si trovano a dover affrontare un’inadeguatezza del sistema che non consente loro di ricevere i lavoratori al momento giusto.
I numeri del 2024 e del 2025 parlano chiaro: la quota di lavoratori stagionali che arriva effettivamente a lavorare nei campi è solo una parte di quella che viene richiesta. Coldiretti, infatti, stima che solo il 70% dei lavoratori richiesti sia effettivamente arrivato a lavorare nei campi nel 2024. E questo nonostante l’elevata domanda. Un’alternativa potrebbe essere una gestione diretta dei flussi migratori, come proposto da Coldiretti, che suggerisce di coinvolgere maggiormente le associazioni datoriali e di rendere i processi più trasparenti e sicuri. Inoltre, sarebbe opportuno riformare la formazione all’estero, fornendo ai lavoratori competenze specifiche per le nuove tecnologie agricole, come la gestione dei droni e delle tecniche di Agricoltura 4.0, con un approccio che favorisca anche la qualità del lavoro e la sicurezza.
Il programma di formazione, attivato in collaborazione con organizzazioni internazionali, come la Filiera Italia e l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, sta cercando di risolvere un problema fondamentale: la mancanza di manodopera qualificata. Il progetto prevede la formazione di lavoratori nei Paesi d’origine, superando il concetto che l’agricoltura richieda solo braccianti. In questo modo, si cerca di creare una nuova figura professionale, capace di integrare la tradizionale forza lavoro agricola con le competenze richieste dalle tecnologie avanzate.
In Egitto, Marocco e Costa d’Avorio, per esempio, il progetto ha già avuto inizio con l’educazione di lavoratori in grado di operare in un ambiente agricolo sempre più digitalizzato. Questo approccio innovativo potrebbe rappresentare la chiave per risolvere la crisi di manodopera, introducendo nel mercato un lavoro specializzato che va ben oltre il semplice concetto di “bracciante”. La sfida più grande, però, rimane la capacità del sistema italiano di adattarsi a questi cambiamenti, garantendo una continua evoluzione delle politiche migratorie e dei programmi formativi.
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Jovanotti a Sanremo 2025, 58 anni solo sulla carta. Qual è...


Ma quanti anni ha Jovanotti?
In tanti se lo sono chiesti dopo la scintillante esibizione dell’artista nella prima serata di Sanremo 2025. Un’ondata di energia che ha travolto tutti i presenti al Festival e i 12,6 milioni di spettatori a casa. Jovanotti è entrato in azione al ritmo de “L’ombelico del mondo”, quasi come un camaleonte nella distesa di tamburi festanti davanti al palco dell’Ariston.
È stato chiaro sin da subito che la sua esibizione sarebbe stata un inno al ritmo, all’energia e alla vita, elementi che ha portato sul palco di Sanremo accanto a Carlo Conti e Gianmarco Tamberi.
“Le canzoni non devono essere belle, devono essere stelle, illuminare la notte, far ballare la gente”, canta nel brano “Le Canzoni” del 2017. Si può dire che ha mantenuto la parola, sia per l’outfit total gold, sia perché la gente l’ha fatta ballare, eccome!
A vederlo, sembra lo stesso del 1989, quando saliva sul palco dell’Ariston presentando “Vasco”, nella sua unica partecipazione a Sanremo come concorrente. Da allora sono passati 36 anni e tutti si chiedono come faccia a mantenere la stessa energia di un ragazzino nonostante i suoi 58 anni (è nato il 27 settembre 1966).
Jovanotti, l’età e la resilienza come filosofia di vita
Tralasciamo gli aspetti scontati come una corretta alimentazione e una costante attività fisica: chiunque sa che queste abitudini contribuiscono a vivere meglio e più a lungo. Lo stesso Jovanotti ha più volte parlato dell’importanza di un’alimentazione equilibrata, senza eccessi, e della necessità di ascoltare il proprio corpo.
Ma l’aspetto più affascinante di Jovanotti è il suo approccio alla vita. Il 15 luglio 2023, mentre era in vacanza a Santo Domingo con sua moglie, Jovanotti ha avuto un grave incidente in bicicletta mentre percorreva una strada tra le canne da zucchero. L’incidente, causato da un dissuasore di velocità non visto, gli è costato diverse fatture e poteva avere conseguenze molto più gravi. Il 15 luglio 2023 Jovanotti ha subito un grave incidente in bicicletta mentre pedalava per le strade di Santo Domingo insieme a sua moglie, Francesca Valiani.
Le conseguenze sono state serie e sarebbero potute essere ancora più gravi, come spiegato dal cantante al Corriere della Sera: “Ero sull’ambulanza con la gamba storta, i medici pronti per la rianimazione… Più avanti ho capito che ho rischiato di morire veramente. Di setticemia. In sala operatoria ho preso un batterio che ha complicato tutto, si stava rosicchiando l’osso e per questo avevo la gamba più corta. Lo hanno scoperto a Milano i medici dell’Humanitas: nella seconda operazione ho perso 4 litri di sangue, è stato un Vietnam”.
Eppure, Jovanotti non si è abbattuto. Passato il periodo difficile, sistemate le diverse fratture e dopo aver “reimparato a camminare”, Lorenzo Cherubini ha avuto la forza di definire quell’esperienza “un dono”, un’opportunità per rallentare, riflettere e rinascere con ancora più forza. Questa capacità di trasformare gli ostacoli in occasioni di crescita è una caratteristica comune a molte persone che mantengono un’energia inesauribile con il passare degli anni.
Gli effetti della mentalità positiva sulla salute
La psicologia positiva conferma che il modo in cui interpretiamo gli eventi della vita influisce direttamente sul nostro benessere fisico. Secondo studi della Harvard Medical School, una mentalità ottimista non solo aiuta a vivere meglio, ma può addirittura rallentare l’invecchiamento cellulare, riducendo i livelli di cortisolo (l’ormone dello stress) e migliorando la salute cardiovascolare.
Altri studi supportano l’idea che la mentalità positiva abbia effetti benefici sull’invecchiamento cellulare e sulla salute generale:
- Allungamento dei telomeri: alcune ricerche suggeriscono che interventi psicologici e stili di vita sani possono influenzare la lunghezza dei telomeri, strutture protettive sul Dna che tendono ad accorciarsi con l’età. Uno studio del Dott. Dean Ornish indica che i telomeri possono allungarsi con uno stile di vita corretto, ritardando l’invecchiamento cellulare. Analogamente Dott.ssa Epel ha ipotizzato che la meditazione mindfulness può portare all’allungamento dei telomeri, rallentando l’invecchiamento cellulare;
- Influenza sullo stress ossidativo e l’infiammazione: essere gentili, ottimisti e grati può innescare processi che proteggono i telomeri contrastando lo stress ossidativo e l’infiammazione, fattori che contribuiscono all’accorciamento dei telomeri e all’invecchiamento precoce. “Sono un ragazzo fortunato, perché mi hanno regalato il mondo, sono fortunato perché non c’è niente che ho bisogno”, canta Jovanotti a proposito di gratitudine;
- Autoripazione: “Io penso positivo perché son vivo e finché son vivo”, è forse la frase che meglio esprime la filosofia di vita di Jovanotti. E anche un segreto della sua vitalità, appunto. La scienza ha dimostrato che una mentalità positiva aiuta gestire meglio le situazioni stressanti e questo può, a sua volta, rallentare il processo di invecchiamento cellulare con un effetto positivo sull’attività della telomerasi, l’enzima che “ripara” i telomeri.
La curiosità intellettuale come motore della giovinezza
Un altro pilastro è la passione per la conoscenza. Lungo il suo percorso artistico e umano, Jovanotti ha studiato culture diverse, sperimentato nuovi generi musicali e si è immerso in discipline che vanno dalla letteratura alla scienza. La sua capacità di apprendere continuamente non è solo un tratto distintivo della sua carriera, ma anche un elemento chiave della sua vitalità.
Diversi studi neuroscientifici confermano che la curiosità stimola il cervello a creare nuove connessioni sinaptiche, mantenendolo giovane e reattivo. Un’indagine condotta dall’University of California ha evidenziato come le persone che continuano ad apprendere nuove competenze nel corso della vita presentino un declino cognitivo significativamente più lento rispetto a chi smette di mettersi in gioco intellettualmente. Come ampiamente dimostrato dai ricercatori, cambiare spesso abitudini e sperimentare nuovi interessi aiuta il cervello a rimanere elastico, migliorando la capacità di problem solving e riducendo il rischio di malattie neurodegenerative.
La curiosità ha trovato campo anche nella musica di Jovanotti che non si è mai fossilizzato su un’unica direzione: ha spaziato dall’hip-hop al pop, dalla world music alla musica elettronica, mantenendo sempre un approccio eclettico.
Il potere delle relazioni umane
Un altro elemento che gioca un ruolo fondamentale nella vitalità di Jovanotti è la sua capacità di creare e mantenere relazioni autentiche. Che si tratti del rapporto con il pubblico, con i suoi collaboratori o con la famiglia, la sua vita è permeata da una rete sociale solida e stimolante.
Il senso di connessione con gli altri ha un impatto diretto sulla longevità e sulla qualità della vita.
Un dato interessante è che avere forti legami sociali può aumentare le probabilità di sopravvivenza a lungo termine del 50%. Questo impatto è paragonabile, se non superiore, a quello di fattori di rischio ben noti come il fumo, l’eccessivo consumo di alcol, l’inattività fisica, l’obesità e l’inquinamento atmosferico. Uno studio dell’Università di Harvard, che ha seguito i partecipanti per oltre 30 anni, ha rilevato che gli individui con relazioni soddisfacenti avevano il 50% di possibilità in più di vivere più a lungo rispetto a quelli che si sentivano soli o isolati. La solitudine, d’altra parte, è stata collegata ad un aumento del 31% della probabilità di sviluppare demenza.
Alcune citazioni “vitali” di Jovanotti
“Io penso positivo perché son vivo, perché son vivo!” – Penso positivo (1994);
“La notte ha il suo profumo, la strada il suo odore, la vita ha un suo ritmo, la vita ha il suo motore!” – Serenata rap (1994);
“Corri ragazzo corri, che qui tutto si trasforma!” – L’ombelico del mondo (1995);
“Oh, vita! Oh, vita! Non la spegnere mai!” – Oh, vita! (2017)
“Vado, non so dove, ma ci sono dentro!” – Tutto l’amore che ho (2010)
L’elenco potrebbe essere quasi infinito, come l’energia che l’artista ha portato nella prima serata di Sanremo 2025, come nel 1989. D’altronde, che sarebbe stato un eterno ragazzo dovevamo capirlo dal suo nome d’arte.
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Calciatrici 2024-2025, il primo album Panini dedicato alle...


L’attesa è finita. Dopo decenni di album pieni di campioni maschili, Panini ha lanciato il primo album cartaceo interamente dedicato alle calciatrici. 48 pagine, 332 figurine con i ritratti delle giocatrici della Serie A Femminile EBay e della Serie B, con una sezione speciale per la Nazionale, che parteciperà ai prossimi Europei di luglio: sono i numeri di ‘Calciatrici 2024-2025’.
Sulla copertina ci sono 10 atlete, una per ogni squadra di Serie A: Manuela Giugliano (Roma, unica italiana candidata al Pallone d’Oro), Cristiana Girelli (Juventus), Vero Boquete (Fiorentina), Michela Cambiaghi (Inter), Nadia Nadim (Milan), Eleonora Goldoni (Lazio), Benedetta Orsi, (Sassuolo), Eli Del Estal (Como Women), Paola Di Marino (Napoli Femminile) e Cecilia Re (Sampdoria).
Le calciatrici avevano già avuto delle loro figurine nella stagione 2002-2003, ma erano relegate in un paio di pagine all’interno dell’album maschile. Negli anni successivi, le cose erano anche peggiorate: era rimasta infatti una misera figurina prestampata che nemmeno si poteva attaccare sull’album. Fino al 2022-2023, quando Panini ha sondato il terreno realizzando una prima edizione solo digitale, che ora viene seguita dal cartaceo: finalmente anche le atlete hanno un vero e proprio album.
Cappelletti: “Il calcio femminile sta diventando sempre più importante”
La novità è stata presentata la scorsa settimana durante un evento presso l’Aleph Rome Hotel, Curio Collection by Hilton di Roma. Presenti il presidente della FIGC Gabriele Gravina, la presidente della Divisione Serie A Femminile Professionistica Federica Cappelletti e il direttore mercato Italia di Panini Alex Bertani, oltre al commissario tecnico della Nazionale Femminile Andrea Soncin, al capodelegazione della Nazionale maschile Gianluigi Buffon, a quella della Nazionale femminile Chiara Marchitelli, al presidente AIAC Renzo Ulivieri e alle calciatrici protagoniste del primo storico album, una per ogni squadra.
“Dopo 64 edizioni dell’album maschile, avere finalmente l’album dedicato alle calciatrici è un’emozione grande”, ha commentato Cappelletti sottolineando come l’iniziativa sia “la dimostrazione che il calcio femminile sta crescendo molto e sta diventando sempre più importante”. Cappelletti, insieme a Gravina, ha simbolicamente attaccato la prima figurina della collezione ‘Calciatrici’ sull’album.
La polemica sul raccoglitore rosa
L’iniziativa è stata accolta da tutte le parti con favore e soddisfazione, ma anche con una polemica: infatti, è stato scelto il rosa per colorare la scritta, il logo e lo sfondo del raccoglitore e le bustine delle figurine. Una decisione che ricalca gli stereotipi che associano il rosa al femminile, tanto più in confronto con l’album Calciatori 2024-2025 che sfoggia una maschia ed energetica copertina nera e gialla.
Intanto l’album è introvabile, e i prezzi salgono
Polemiche a parte, c’è soprattutto una domanda che potrebbe sorgere spontanea: ma qualcuno questo album lo comprerà? Ebbene, nonostante da molti il calcio sia considerato come roba da maschi, oggi come oggi l’album è esaurito on line e scarseggia nelle edicole. Non solo, ma si è già scatenata la caccia alle figurine più rare, e c’è già chi sta rivendendo l’album completo su eBay a 119,9 euro. Per la cronaca, si tratta di un prezzo allineato alla controparte maschile che però ha 721 figurine. Anche lo starter pack, che comprende l’album vuoto e 4 pacchetti da 5 figurine, messo in vendita dalla Panini a 4,5 euro ma ora introvabile, viene rivenduto tra i 17,99 e i 19,99 euro.
Insomma, il mercato del collezionismo non ha fatto distinzioni di genere.
Il problema del professionismo femminile
I collezionisti e gli appassionati dunque avranno il loro daffare, ma per il calcio in rosa questo è un momento storico, perché contribuisce alla lotta per l’affermazione del professionismo femminile. Le calciatrici infatti sono diventate professioniste al pari (più o meno) dei colleghi uomini da poco, dal campionato 2022/23, e per la Serie A.
La cosa non è banale, perché solo con questo passaggio le atlete possono avere contributi previdenziali, versamenti Irpef e tutele in caso di maternità o di infortunio. Insomma, solo così è possibile farne una professione invece di rimanere limitati al dilettantismo.
Fino alla stagione 2022/23 infatti le calciatrici potevano stipulare accordi della durata massima di 12 mesi, quindi con minori garanzie, e con un tetto ingaggi di 30.658 euro lordi a stagione. Nel 2022, Assocalciatori e Figc hanno fissato il salario minimo a 26mila euro lordi all’anno, sulla base delle cifre di partenza per la Serie C maschile.
La novità ha avuto però delle conseguenze, in particolare un aumento del 60% dei costi dei club rispetto al pre-professionismo, costi che non sono sempre rientrati nonostante l’aumento dei ricavi commerciali (+50%), di quelli dei diritti televisivi (+40%) e i contributi federali. C’era perciò bisogno di un aiuto e per questo era stato istituito il fondo per il professionismo e per lo sport femminile.
Ma nell’ultima legge di bilancio i fondi per il professionismo femminile sono stati completamente azzerati, dagli 11 milioni di euro inizialmente previsti. Una decisione che ha fatto infuriare Carolina Morace, allenatrice di calcio ed ex calciatrice italiana, che a dicembre 2024 scriveva su Instagram: “La maggioranza di destra ha bocciato l’emendamento per rifinanziare il fondo per lo sport professionistico femminile, ma ciò che manca davvero è la visione. Ad accedervi in precedenza era stata la sola FIGC, ma in tre anni non è stato fatto nulla per rendere il calcio femminile sostenibile: nessuna strategia su sponsor, diritti tv e pubblico negli stadi”.
Non si può tacere d’altronde che il calcio maschile, come altri sport, genera molti più guadagni, grazie soprattutto a investimenti e sponsor. Un livello che per il calcio femminile è impensabile raggiungere, almeno in tempi brevi e senza una strategia che coinvolga diversi attori, compresa la politica. Uno dei nodi fondamentali infatti è che investitori e sponsor, e spesso anche i tifosi, considerano il calcio femminile inferiore a quello maschile. Un pregiudizio condiviso con gli altri sport e diffuso anche fuori dall’Italia.
Ma senza strategie efficaci per incentivare la visibilità dello sport femminile alla pari della controparte maschile, il settore non diventerà mai sostenibile.
Gravina: “riconoscibilità è un elemento chiave per la crescita”
Un tema riconosciuto e sottolineato anche da Gravina, presidente della FIGC, che, durante la presentazione del nuovo album, ha affermato: “È una giornata bellissima per l’intero movimento calcistico italiano, perché posiziona il calcio giocato dalle ragazze in una percezione diversa e migliore rispetto a soli sei anni fa”.
“La Federazione sta investendo tanto in questo settore (professionismo, aumento delle tesserate, processo di autonomia verso una Lega indipendente, ecc…), ma questi investimenti devono camminare di pari passo con l’aumento della visibilità e l’accordo con Panini va in questa direzione. D’altronde la riconoscibilità è un elemento chiave per la crescita e l’espansione di qualsiasi settore, soprattutto quando si punta a nuovi modelli di riferimento”, ha concluso.
L’album Panini ‘Calciatrici’ può sembrare una piccola cosa, ma in realtà rientra pienamente in questo solco: da una parte sancisce il riconoscimento della crescita del calcio femminile, dall’altro contribuisce a renderlo popolare e a dargli pari dignità rispetto al classico sport maschile.