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In Italia una casa su tre è disabitata (ma non c’era l’emergenza abitativa?)

A leggere il titolo sembra di vivere in The Truman Show dove, alla fine del film, scopri che in Italia l’emergenza abitativa non esiste. Ma, purtroppo, nessuno di noi è Jim Carrey e che in Italia quasi una casa su tre sia disabitata è vero così come è reale l’emergenza abitativa del Paese.

Piuttosto, i due estremi spiegano alla perfezione le spaccature demografiche del Paese: si scappa dal Sud e dai piccoli centri e si va al Nord e nelle grandi città.

Perché abbiamo tante case vuote

Il Censimento permanente della popolazione e delle abitazioni 2021 dell’Istat getta nuova luce su un fenomeno complesso e per certi versi paradossale del nostro Paese.

I numeri parlano chiaro: su un totale di 35,3 milioni di abitazioni censite nel 2021, ben 10 milioni risultano non occupate. Questo significa che il 28,3% delle case in Italia è vuoto. Ma come siamo arrivati a questa situazione? Le cause sono molteplici e intrecciate tra loro.

In primo luogo, c’è il fenomeno dello spopolamento delle aree interne e dei piccoli borghi. Come evidenziato da un rapporto dell’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani), negli ultimi 50 anni oltre 2 milioni di italiani hanno abbandonato i comuni con meno di 5.000 abitanti, lasciandosi alle spalle case e proprietà. Abbiamo visto come la migrazione interna sia tuttora forte, delineando sempre di più un Paese spaccato a metà.

A questo si aggiunge, chiaramente, la crisi demografica che l’Italia sta vivendo da una decina di anni e a cui dedichiamo ampio spazio su queste pagine. Dati alla mano, nel 2022 la popolazione residente è scesa sotto i 59 milioni, con un calo di quasi 800.000 unità rispetto al 2014. Meno persone significano, inevitabilmente, più case vuote. Nel 2023 sono nati 392.598 bambini, in leggero calo rispetto ai 393.310 nati del 2022, ma che, comunque, rappresenta un segnale di stabilizzazione in un contesto di lungo termine caratterizzato da denatalità.

Un altro fattore è la difficoltà di manutenzione e ristrutturazione di molti immobili, soprattutto quelli più antichi o situati in zone poco appetibili dal punto di vista del mercato immobiliare. Come sottolineato da Nomisma in un recente rapporto, il 74% del patrimonio edilizio italiano ha più di 40 anni e spesso richiede interventi costosi per essere adeguato agli standard abitativi moderni, che saranno ancora più rigidi con l’entrata in vigore della Direttiva Case Green (gli italiani spenderanno dai 20.000 ai 50.000 euro per efficientare ciascun immobile). Che le case green si vendano prima è piuttosto intuitivo ma a maggio è arrivata anche la conferma dei numeri con lo studio di Century 21 Italia e Wikicasa (se vuoi, lo trovi qui).

Non va poi dimenticato il ruolo delle seconde case, un fenomeno tipicamente italiano. Secondo dati dell’Agenzia delle Entrate, in Italia ci sono circa 5,5 milioni di seconde case, molte delle quali utilizzate solo per brevi periodi dell’anno.

Un fenomeno non omogeneo

Il quadro, tuttavia, non è uniforme lungo la penisola. La percentuale di abitazioni non occupate varia notevolmente da regione a regione e tra diverse aree del Paese.

Al Sud e nelle Isole, la situazione è particolarmente accentuata. In Calabria, ad esempio, il 44,1% delle abitazioni risulta non occupato, seguito dalla Valle d’Aosta con il 43,5% e dal Molise con il 41,2%. Queste regioni, caratterizzate da aree interne montuose e piccoli borghi, sono quelle che più soffrono lo spopolamento e l’abbandono.

Al contrario, le regioni del Nord presentano percentuali più basse di case vuote. La Lombardia, con il 18,5% di abitazioni non occupate, è la regione con la minor incidenza del fenomeno, seguita dall’Emilia-Romagna (21,3%) e dal Lazio (22%). Le grandi città, nonostante la pressione abitativa, non sono immuni dal fenomeno. A Milano, ad esempio, secondo uno studio di Scenari Immobiliari, ci sono circa 80.000 appartamenti vuoti, pari al 10% del patrimonio abitativo della città. Uno scenario sorprendente se si pensa che proprio in questi giorni il governo ha deciso di rendere abitabili i monolocali da 20 metri quadri per contrastare l’emergenza abitativa.
Su questi dati incidono principalmente le condizioni degli immobili e la posizione degli stessi (in termini di collegamento e di sicurezza).

Conseguenze sociali ed economiche

Le implicazioni di questo fenomeno toccano diversi aspetti della vita sociale ed economica del Paese.

Dal punto di vista sociale, l’elevato numero di case vuote è sintomo e al tempo stesso causa di un progressivo indebolimento del tessuto comunitario, soprattutto nelle aree interne. Come sottolinea un rapporto della Strategia Nazionale per le Aree Interne, lo spopolamento porta con sé la chiusura di servizi essenziali, scuole, negozi, uffici postali, creando un circolo vizioso che accelera ulteriormente l’abbandono.

Allo stesso tempo, paradossalmente, nelle grandi città persiste una forte emergenza abitativa. Secondo dati di Federcasa, in Italia ci sono oltre 650.000 famiglie in lista d’attesa per una casa popolare, mentre migliaia di abitazioni rimangono vuote.

Dal punto di vista economico, l’elevato numero di case vuote rappresenta un enorme capitale immobilizzato. Secondo stime di Nomisma, il valore complessivo delle abitazioni non occupate in Italia supera i mille miliardi di euro. Un patrimonio che, se rimesso in circolo, potrebbe generare significative ricadute economiche.

Inoltre, le case vuote rappresentano un costo per la collettività in termini di manutenzione e sicurezza. Gli edifici abbandonati sono, infatti, più soggetti al degrado e possono diventare luoghi di attività illecite, richiedendo interventi da parte delle amministrazioni locali.

Impatto ambientale e urbano

Le conseguenze del fenomeno delle case vuote si estendono anche all’ambito ambientale e urbanistico. In primis, l’abbandono di edifici esistenti spinge verso nuove costruzioni, con conseguente consumo di suolo. Secondo il rapporto ISPRA 2022, in Italia vengono cementificati in media 19 ettari al giorno, nonostante la presenza di un vasto patrimonio abitativo inutilizzato con inevitabili ripercussioni ambientali.

Dall’altro lato, le case vuote rappresentano un’opportunità per ripensare lo sviluppo urbano in chiave sostenibile. Come evidenziato da un rapporto del Green Building Council Italia, il recupero e la riqualificazione degli edifici esistenti potrebbero giocare un ruolo chiave nella transizione ecologica del settore edilizio, riducendo l’impatto ambientale e migliorando l’efficienza energetica del patrimonio abitativo.

Le possibili soluzioni

Di fronte a questa situazione, emergono diverse proposte per affrontare il problema.

Una strada è quella degli incentivi fiscali per la ristrutturazione e il recupero degli immobili senza affossare le casse pubbliche. Insomma, incentivare le ristrutturazioni non ad libitum, ma con delle regole intelligenti che aiutino prevalentemente chi non ha i mezzi per ristrutturare.

Un’altra direzione è quella del riuso sociale degli immobili abbandonati. Progetti come quello di “Case a 1 euro”, adottato da diversi comuni italiani, mirano a rivitalizzare i borghi offrendo case a prezzi simbolici a chi si impegna a ristrutturarle e a viverci.

Interessanti sono anche le iniziative di cohousing e abitare collaborativo, che propongono nuovi modelli abitativi basati sulla condivisione di spazi e servizi. Secondo l’Osservatorio sull’Abitare Collaborativo del Politecnico di Milano, questi progetti stanno crescendo in Italia, offrendo soluzioni innovative soprattutto per giovani e anziani.

Infine, non va dimenticato il ruolo che potrebbero giocare le nuove tecnologie. Come suggerito da un report di PwC, l’utilizzo di piattaforme digitali e sistemi di gestione intelligente potrebbe facilitare l’incontro tra domanda e offerta nel mercato immobiliare, contribuendo a rimettere in circolo parte del patrimonio abitativo inutilizzato.

Sicuramente, il fenomeno delle case vuote in Italia è un tema complesso che richiede un approccio multidimensionale. Rappresenta una sfida, ma anche un’opportunità per ripensare le politiche abitative, urbane e sociali del Paese.

Un po’ come le piogge, frequenti al Nord e quasi un sogno al Sud, basterebbe spostare le case disabitate dove non ce ne sono abbastanza per risolvere il problema. Ma, citando il rapper J-Ax, “La vita non è un film”, figuriamoci di fantascienza.
Occorre trovare i giusti equilibri tra le diverse necessità sociali per trarre i frutti di questo enorme potenziale abitativo.

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