Orestiadi di Gibellina 2024, ‘La forza delle parole’ il 2 e 3 agosto
Giovanna D'arco di Maria Luisa Spaziani con Silvia Ajelli e Gaia Insenga - Vita Meravigliosa, omaggio a Patrizia Cavalli, con Iaia Forte, musica dal vivo di Diana Tejera
Continua alle Orestiadi di Gibellina il viaggio intorno alla forza delle parole, il prossimo weekend toccherà alla forza della poesia con due appuntamenti originali e una prima nazionale. Venerdì 2 e sabato 3 agosto: spazio alla poesia, in scena, al Baglio Di Stefano con le parole di due grandi poetesse contemporanee italiane come Maria Luisa Spaziani e Patrizia Cavalli.
“Giovanna D’arco” di Maria Luisa Spaziani, in prima nazionale, con Silvia Ajelli e Gaia Insenga con le musiche eseguite dal vivo di Ermanno Dodaro e Raffaele Pullara (venerdì 2 agosto alle 21) e “Vita Meravigliosa”, omaggio a Patrizia Cavalli con Iaia Forte, musiche e parole dal vivo di Diana Tejera (sabato 3 agosto alle 21).
In Giovanna D’Arco, Maria Luisa Spaziani riscrive la storia della Pulzella d’Orleans rifacendosi ad una corrente di pensiero francese secondo cui Giovanna D’arco era la figlia adulterina di Isabella di Baviera, moglie di re Carlo VI, la quale, separatasi dal marito afflitto di una forma di follia, era diventata l’amante del Duca di Orléans, fratello del re, e aveva concepito una figlia nel 1407. Questa bambina scomodissima viene mandata a balia dalla famiglia D’Arco. E questa sarebbe stata Giovanna: una ragazza di sangue nobile, cresciuta in campagna, istruita da emissari della corte, a cui avrebbero dato un cavallo e un vessillo per mandarla tra i soldati a dire che la profezia del mago Merlino, "Verrà una Vergine a salvare la Francia", stava per realizzarsi. Maria Luisa Spaziani va oltre questa versione della storia: rilevando che da tutti i documenti disponibili riguardo alla famiglia di Giovanna D’Arco l’unica figura di cui non si sa nulla è la sorella maggiore di Giovanna, Caterina, l’autrice ha ipotizzato che fosse Caterina la figlia della regina Isabella mandata a balia, e che Giovanna D’Arco, istruitasi insieme alla misteriosa sorella, si sia sostituita a lei nella missione orchestrata dalla corte per risollevare la sorte della Francia.
Lo spettacolo si sviluppa attorno a queste due sorelle, due voci che in un primo momento si alternano e si confrontano, e poi si confondono fino a diventare una sola voce, quando Giovanna intraprende l’avventura della guerra e di Caterina si perdono le tracce. Insieme costruiscono la storia della Pulzella d’Orleans, in un gioco di specchi in cui si trovano a vivere l’una la vita dell’altra, e mentre Giovanna occupa la parte della protagonista della Storia, Caterina tesse la trama delle vicende di cui Giovanna è protagonista.
Patrizia Cavalli grandissima poeta della vita, come per prima le disse Elsa Morante, e della sintomatologia amorosa, ha incantato con il suo stile cristallino e ironico generazioni di lettori e lettrici. L’interpretazione di Iaia Forte, con la musica e le canzoni di Diana Tejera, ci faranno entrare nel vivo della sua poetica, quasi come fosse per la prima volta, tra questi versi capricciosi e sapienti, al cui centro regna incontrastato l’amore e la sua sintomatologia.
Due straordinarie artiste – l’attrice Iaia Forte e la cantautrice Diana Tejera - amiche care della poetessa, presentano Vita Meravigliosa - una produzione Argot Produzioni in collaborazione con Infinito e con il contributo di Regione Toscana in collaborazione con REGGIO INIZIATIVE CULTURALI - un ritratto in versi e musica dell’universo poetico della Cavalli. La sua opera ci ha offerto una fenomenologia del quotidiano tra sacre estasi e profani furori: i baci, gli amori, le vendette, il cielo, le liste della spesa, i sanpietrini sconnessi di Roma, il cesto della biancheria sporca, le tasche che sono sempre troppo basse… Le voci di Iaia e Diana restituiscono proprio la voce di Patrizia, quello che aveva di preciso e fulminante nella sua instancabile capacità di innamorarsi e far innamorare.
Vita Meravigliosa prende in prestito il titolo dall’ultimo libro della Cavalli, pubblicato nel 2020, due anni prima della scomparsa. Una raccolta di epigrammi comici e filosofici, monologhi e poesie d’amore, che rappresenta una summa della sua poetica, estremamente complessa, caratterizzata da numerosi temi e registri stilistici. Con un leggio, una chitarra e uno sgabello, muovendosi tra prosa e versi, Iaia Forte restituirà alla perfezione il caos creativo della poetessa, e talvolta ci farà entrare, con l’aiuto di un telo da retroproiezione, direttamente nella sua casa. Accompagnata sul palco da Diana Tejera, compositrice e polistrumentalista che ha collaborato, tra gli altri, con Battisti, Mogol e Tiziano Ferro, e che ha trasformato in musica le rime di Patrizia Cavalli, Iaia Forte ci racconterà il quotidiano e l’universo visionario dell’autrice.
Spettacolo
Morto Wolfgang Becker, regista di ‘Good Bye,...
La pellicola del 2023 è stato venduto in oltre 60 Paesi e ha ricevuto innumerevoli premi
Il regista tedesco Wolfgang Becker, noto soprattutto per il film 'Good Bye, Lenin!', è morto a Berlino all'età di 70 anni dopo una grave malattia. L'annuncio della scomparsa è stato dato oggi dal suo agente a nome della famiglia. Lascia la moglie Susanne e la figlia Rike. "La famiglia ha chiesto di rispettare la sua privacy", ha dichiarato l'agenzia che lo rappresenta.
'Good Bye, Lenin!' è stato presentato in concorso alla Berlinale ed è diventato il film tedesco di maggior successo dell'anno nel 2003 con oltre sei milioni di spettatori. Il film, apprezzato anche a livello internazionale, è stato venduto in oltre 60 Paesi e ha ricevuto innumerevoli premi, tra cui nove Lola ai German Film Awards, sei European Film Awards, un César, un Goya e una nomination ai Golden Globe. "Good Bye, Lenin!" racconta la storia di una donna convintamente comunista della Germania socialista che entra in coma il 7 ottobre del 1989, poche settimane prima della caduta del Muro di Berlino. Al suo risveglio, otto mesi dopo, il figlio Alex per non provocarle uno choc che la ucciderebbe, anziché annunciare che il Muro è crollato trasforma l'appartamento di famiglia in una specie di museo socialista per indurla a credere che nulla sia cambiato.
Wolfgang Becker era nato a Hemer, in Westfalia, il 22 giugno 1954. Dal 1974 al 1979 ha studiato alla Libera Università di Berlino e dal 1981 all'Accademia Tedesca di Cinema e Televisione di Berlino. Per il suo primo film 'Farfalle', Becker aveva adattato un racconto dello scrittore inglese Ian McEwan nel 1987, vincendo lo Student Academy Award a Hollywood e il Pardo d'oro al Festival di Locarno, oltre ad altri riconoscimenti. Il suo secondo lungometraggio è stato 'Giochi per bambini', a cui è seguito il documentario 'Celibidache' (1992), ed è stato in concorso alla Berlinale con 'Das Leben ist eine Baustelle' (1997). Ha poi diretto 'Welcome to São Paulo' (2004), 'Ballero' (2005), 'Germany 09: 13 Short Films About the State of the Nation' (2009) e 'Ich und Kaminski' (2010).
Spettacolo
Marracash: “La musica oggi è piatta ma ora ‘È...
Il rapper si racconta in occasione dell'uscita del suo nuovo album
"È un momento storico in cui la musica è piatta, uniformante e forse anche poco interessante". Ma ora 'È finita la pace' "per rivendicare se stessi e il diritto dell'essere unici". È un Marracash emozionato e sereno quello che si presenta alla stampa per parlare del suo nuovo album ('È finita la pace', appunto) annunciato a sorpresa questa mattina. "Abbiamo finito il disco una settimana fa. È la chiusura di una trilogia iniziata nel 2019 ed è anche l'ultimo capitolo di un percorso personale dove ho cercato un mio modo di fare musica e rappresenta la ricerca di se stessi e l’accettazione".
Il primo album 'Persona' (2019), "era il percorso del rapper di periferia che metteva in crisi le sue convinzioni e carriera". Il secondo 'Noi, Loro, Gli altri' (2021), "il conflitto che avevo dentro si allargava anche all’esterno e adesso questo ultimo tassello è un po’ la resa dei conti. È il disco più personale che potevo fare: non ci sono feat, autori, interferenze esterne". Marracash rivendica, dunque, con orgoglio l'unicità di questo lavoro soprattutto nell'attuale momento storico: "il malessere è percepibile un po’ ovunque, l'inquietudine verso il futuro soprattutto dei giovani che forse neanche riescono a immaginarlo".
E il rap dopo il ‘Marrageddon Festival’ del 2023 confessa di aver affrontato un periodo di burnout: “Non è stata depressione. Ma quando finisce un periodo molto intenso poi resta un grande vuoto. Dopo anni pieni resta un silenzio assordante. Per me quello è stato un momento per disintossicarmi dai sonniferi e da tutta l’ipocrisia che c’è. Mi sono circondato dall'amore che ho stando con le persone che fanno parte della mia vita slegate dal lavoro". Il titolo 'È finita la pace' ha un triplice significato: "è finita la pace per me, per gli atri perché vuole essere un manifesto per rivendicare la propria unicità ed è finita nel mondo perché in questo momento viviamo in una polveriera non solo di guerra ma di sconvolgimenti".
L'album è "una bolla: 50 minuti in cui immergersi", uno spazio di consapevolezza lontano dal caos e dalla superficialità. Un posto privato in cui potersi riscoprire prendendo le distanze dalle mille bolle già esistenti e tutte uguali: dalla bolla social a quella finanziaria, da quella speculativa alla bolla del clima. “Viviamo in un mondo che apparentemente sembra libero ma in realtà è costruito per non farci essere noi stessi", ribadisce il rap che le manda a dire anche al mondo del musica con “tecniche di mercato che sono la copia di se stesse: Sanremo, l’estivo e la meccanica dei featuring. È un momento storico in cui la musica è piatta, uniformante e forse anche poco interessante”.
I tormentoni, ricorda il rapper, "esistono da 'Abbronzatissima' ma adesso gli artisti sono ostaggi di questa bolla: tutti cercano di indovinare attraverso gli algoritmi la formula giusta. Io non sono un santone, sono competitivo ma i risultati non si ottengono così. In questo modo non costruisci una cosa duratura e alla fine sei infelice perché hai sputtanato l’unica cosa che ami: ovvero la musica”. Il nuovo album, dunque, propone "un sound diverso, senza trap, più classico continuando la tradizione di campionare la musica italiana".
Il successo dei precedenti lavori conferma l'esistenza di "una terza via": "Il mainstream è talmente grosso che schiaccia la musica di nicchia ma con i due precedenti dischi ho raggiunto la consapevolezza che esiste un pubblico che vuole altro e può portarlo a grande livelli". L'artista crede in un lieto fine, un 'Happy end' come l'ultima traccia dell'album, dove ognuno trova la propria strada: "Ognuno deve vincere alla propria maniera. Io mi considero uno sbandato che ha vinto e spero che questo possa essere di ispirazione". Il messaggio finale è chiaro: la vera vittoria è l'autenticità, conquistata attraverso la libertà di scelta. Come canta Marracash: "Non esiste altra vittoria che essere sé stessi/ Non esiste altro modo di essere sé stessi se non scegliere/ È finita la pace, l’accondiscendenza. C’è una nuova pace/ La consapevolezza". (di Loredana Errico)
Spettacolo
Parthenope, i costumi Saint Laurent per il film di...
Dal14 dicembre nell'esposizione permanente degli Studi di via Tuscolana a Roma
L'alta moda trova casa a 'Cinecittà si Mostra' dove dal 14 dicembre sarà possibile respirare le atmosfere di grandi set e sfilate grazie agli abiti confezionati da Anthony Vaccarello per Saint Laurent per 'Parthenope', il film di Paolo Sorrentino che ha appena festeggiato un milione di biglietti al botteghino. L'esposizione permanente degli studi romani permetterà ad appassionati di cinema, amanti dei film e curiosi di tutte le età di ammirare da vicino i sontuosi capi di scena originali disegnati dal costumista Carlo Poggioli e confezionati dalla maison francese sotto la direzione creativa di Anthony Vaccarello. A rimarcare il profondo legame tra il brand e il cinema solo lo scorso anno Vaccarello ha creato Saint Laurent Production, sussidiaria registrata del gruppo che per la prima volta nella storia di un brand di lusso viene creata con il compito di produrre film. I pezzi arrivati appositamente da Parigi a Cinecittà si Mostra sono infatti tra i primi realizzati per una pellicola coprodotta dalla Saint Laurent Productions.
Gli abiti di 'Parthenope' esposti
Ad essere esposti saranno l’abito argento in georgette di seta ricamata indossato da Celeste Dalla Porta, il vestito da sera in satin nero dalla profonda scollatura a V con spacco laterale che sempre la protagonista indossa, abbinato a un capospalla in ecopelliccia di visone a costine marrone, e l'indimenticabile mise ispirata alle dive del passato indossata da Luisa Ranieri nei panni di Greta Cool, composta da un mantello in jersey laminato oro e un abito dello stesso tessuto con scollo a cuore. Accanto a questi modelli sexy e iconici che ricordano volutamente dei modelli storici di YSL, il sensazionale abito gioiello indossato da Celeste Dalla Porta nella scena con il Vescovo interpretato da Peppe Lanzetta: una mitria, una collana e una cintura gioiello tempestati di pietre, nati dalla matita di Poggioli su ispirazione del Tesoro di San Gennaro e lavorati a mano con perizia da Pikkio, realtà leader nella realizzazione di gioielli per il cinema e il teatro.
Non manca un tocco maschile rappresentato dal completo di lino bianco senza tempo di Gary Oldman, nel film lo scrittore John Cheever, confezionato da un altro brand di eccellenza, quello di Cesare Attolini realtà di primissimo piano della grande tradizione sartoriale napoletana, celebre dagli anni Trenta che aveva come clienti Totò, Marcello Mastroianni, Vittorio De Sica, Clarke Gable. Ancora oggi quella maestria artigianale è sinonimo di tessuti di rara qualità e rifiniture rigorosamente a mano, per questo da anni Paolo Sorrentino, insieme al suo sodale Carlo Poggioli, sceglie il brand per vestire i suoi protagonisti maschili: da Michael Caine in 'Youth', a Toni Servillo in 'Loro', passando per Jude Law e John Malkovich nelle serie 'The Young Pope' e 'The New Pope'.
I costumi degli altri film
Legati a storie provenienti da altri mondi ed epoche lontane a 'Cinecittà si Mostra' c'è l'abito corazza (Sartoria Tirelli) realizzato da Gabriella Pescucci e Carlo Poggioli per il premio Oscar Heath Ledger nei panni di Jacob Grimm ne 'I fratelli Grimm e l'incantevole strega' (2005) diretto da Terry Gilliam. E alla matita del premio Oscar Pescucci si devono anche tre eteree creazioni (Tirelli) realizzate per Titania, interpretata da Michelle Pfeiffer e le sue fate, nell'adattamento di 'Sogno di una notte di mezza estate' (1999) girato a Cinecittà da Michael Hoffmann che nello storico Teatro 5 ricostruì il magnifico bosco dove umani e spiriti fatati si incontrano, intenti in giochi e scherzi amorosi. È una fata televisiva invece quella interpretata da Monica Bellucci ne 'Le meraviglie' di Alice Rohrwacher (2014) dove presta il volto alla star del piccolo schermo Milly Catena. L'abito (Sartoria Farani) con vistoso copricapo realizzato da Loredana Buscemi ricorda i look sfavillanti della mitica Raffaella Carrà, con un'aggiunta di suggestioni etrusche.
Non manca un omaggio ai 90 anni della diva italiana per antonomasia, Sophia Loren di cui la nuova selezione propone il costume di Isabella Candeloro (Collezione Costumi d’Arte Peruzzi) in 'C'era una volta' (1967) di Francesco Rosi. Ad accompagnarlo la mise di Omar Shariff nel ruolo di Rodrigo Fernandez (Sartoria Tirelli), partner della Loren nella pellicola. Entrambi gli abiti sono disegnati da Giulio Coltellacci e testimoniano non solo il carattere favolistico del soggetto ma anche la formazione teatrale del costumista che ha passato molta della sua carriera nel retropalco dei teatri di mezzo mondo. Hanno molto a che fare con il teatro anche i due costumi indossati da Maria Callas (Sartoria Tirelli), realizzati da uno dei maestri dei costumisti italiani, il premio Oscar alla carriera Piero Tosi che nel 1969 vestì la divina per la Medea di Pier Paolo Pasolini. Abiti quasi sacrali ispirati ai costumi popolari di etnie lontane, lavorati in garza di cotone e plissettati a mano seguendo antichissime tecniche, quindi tinti e lasciati essiccare al sole “alla maniera degli egizi”, come amava raccontare lo stesso Tosi.
Un omaggio all'immaginario fiabesco
Questa selezione a cura di Barbara Goretti, responsabile di 'Cinecittà si Mostra' omaggia, come da lei spiegato, "l’immaginario fiabesco, favolistico e mitologico di abiti storici e contemporanei, con grandi costumisti premi Oscar come Piero Tosi e Gabriella Pescucci. Abiti, ma anche gioielli, che restituiscono quell’insieme di simboli di cui sono cariche le storie fantastiche o i loro riferimenti ambientati nella realtà. Il focus sul film 'Parthenope', storia immersa nella realtà vitale e propulsiva della protagonista, che nasce nel mare come la sirena del mito, valorizza il lavoro del costumista Carlo Poggioli, grazie alla collaborazione con Saint Laurent che ha concesso questo prestito così importante, insieme a quello di Cesare Attolini. Un rapporto tra moda e cinema che Cinecittà si Mostra è orgogliosa di raccontare".