Vaccini, da igienisti parere contrario a stop obbligo: “Non si può abbassare la guardia”
La Società italiana d’Igiene, Medicina preventiva e sanità pubblica (Siti) ha espresso un parere "contrario" sull’abolizione delle vaccinazioni obbligatorie per morbillo, rosolia, parotite e varicella. "L’Italia è sempre stata all’avanguardia e l’introduzione dell’obbligo ha permesso di ottenere, in tempi relativamente rapidi, un significativo incremento delle coperture".
“I recenti dati epidemiologici relativi al morbillo – afferma Giovanni Gabutti, coordinatore del Gruppo di Lavoro 'Vaccini e politiche vaccinali’ della Siti - dimostrano chiaramente che non si può abbassare la guardia e che, anzi, occorre un ulteriore sforzo per incrementare le coperture vaccinali. L’ipotesi di abolire l’obbligo vaccinale non ha pertanto alcun razionale scientifico e comporterebbe il rischio sia di vanificare gli sforzi fatti negli ultimi anni che di favorire la comparsa di nuovi episodi epidemici di malattie che non possono assolutamente essere considerate né sconfitte né banali”.
La Siti ricorda che "le vaccinazioni sono uno strumento di prevenzione primaria di straordinaria importanza e vengono utilizzate con l’obiettivo di conferire uno stato di protezione ai soggetti che per età, condizioni epidemiologiche, di salute, occupazionali o comportamentali, sono esposti al rischio di contrarre malattie infettive prevenibili mediante immunizzazione nonché quello di ottenere il controllo o l’eliminazione, quando possibile l’eradicazione, di patologie infettive che correlano con quadri clinici severi, complicazioni o per le quali non esiste terapia".
'Si è osservato, in questi anni, una nuova riduzione delle coperture che nulla ha a che fare con l’obbligo'
Un programma di vaccinazione "ha due effetti, uno diretto, per cui la quota di popolazione vaccinata diventa immune (da cui deriva una riduzione del numero delle infezioni), ed uno indiretto, in base al quale, superata una certa soglia di copertura, si ottiene un minor numero di casi di infezione e quindi una ridotta forza dell’infezione stessa (immunità di gregge) - prosegue la Siti - Il meccanismo dell’immunità di gregge si innesca però quando vengono raggiunti e mantenuti elevati tassi di copertura vaccinale, generalmente ≥95% come esplicitato nel Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2023-2025 che indica chiaramente gli obiettivi di copertura da raggiungere".
L’Italia è sempre stata all’avanguardia in ambito vaccinale e storicamente ha ottenuto risultati eccellenti, soprattutto nella fascia pediatrica. "Tuttavia, a partire dal 2013 e per alcuni anni, si è registrato un progressivo calo delle coperture nei confronti sia delle vaccinazioni obbligatorie che di quelle raccomandate che ha determinato nel nostro Paese una copertura media <95% e quindi il rischio di perdere l’immunità di gregge. Per questo motivo - rimarca la Siti - è stato emanato il decreto legge n. 73 del 7 giugno 2017 – 'Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale' - modificato dalla Legge di conversione del 31 luglio 2017, n. 119, che ha determinato l’obbligatorietà delle seguenti vaccinazioni per i minori di età compresa tra zero e sedici anni e per i minori stranieri non accompagnati: anti-poliomielitica, anti-difterica, anti-tetanica, anti-epatite B, anti-pertosse, anti-Haemophilus influenzae tipo b (mediante l’uso del vaccino esavalente) e anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite e anti-varicella".
L’introduzione dell’obbligo ha permesso di ottenere in tempi relativamente rapidi un significativo incremento delle coperture per le vaccinazioni obbligatorie. Si è osservato tuttavia, in questi anni, una nuova riduzione delle coperture che nulla ha a che fare con l’obbligo ma, piuttosto, con una globale reazione agli eventi correlati alla pandemia dal momento che l’abbassamento delle coperture riguarda tutte le vaccinazioni e non solo quelle obbligatorie", evidenziano gli igienisti.
'Piuttosto che togliere l’obbligo è necessario rafforzare i Dipartimenti di Prevenzione'
Nel periodo gennaio-maggio 2024, in Italia, sono stati notificati 556 casi di morbillo (22,7 casi per milione di abitanti), di cui 125 casi nel mese di maggio. La maggior parte dei casi (89,7%) ha interessato soggetti non vaccinati; un ulteriore 4,9% dei casi è stato registrato in soggetti incompletamente vaccinati. L’età mediana dei casi segnalati è pari a 30 anni e sono stati segnalati casi tra operatori sanitari (37 nel 2024) e trasmissione in ambito nosocomiale. Il 30% circa dei casi ha presentato almeno una complicanza.
“Ha del ridicolo anche solo immaginare che genitori convinti della efficacia delle vaccinazioni non vaccinino il proprio figlio solo perché obbligati a farlo e, per dare fastidio allo Stato, ne mettano a rischio la vita - conclude Roberta Siliquini, Presidente della Società Italiana d’Igiene - Piuttosto che togliere l’obbligo è necessario rafforzare i Dipartimenti di Prevenzione, ad oggi sottofinanziati, affinché abbiano le risorse necessarie per meglio comunicare con le famiglie garantendo una capillare e corretta informazione”.
Salute e Benessere
Medicina, diagnostica per immagini sempre più centrale...
Gli interventi del radiologo Gualdi nei prossimi congressi
La frontiera della cardiologia viene applicata allo sport, e in particolare alle risposte degli atleti agli stress cardiaci. I casi drammatici e recenti di problemi cardiaci riscontrati durante le competizioni hanno riacceso il dibattito sulla salute degli sportivi e sulle potenzialità della medicina di leggere in anticipo i rischi e individuare le soluzioni. Anche di questo si parlerà il prossimo 25 ottobre a Roma con Gianfranco Gualdi, direttore scientifico del servizio di Diagnostica per immagini dell’Istituto di Medicina e scienze dello sport del Coni, terrà una relazione sulle “modificazioni che possono verificarsi negli atleti sottoposti ad attività agonistica a carico delle strutture cardiache con individuazione del sottile margine tra fisiologico e patologico al fine di accertarne l’idoneità sportiva”. L’intervento è inserito all’interno del 21.simo Congresso Romacuore 2024, organizzato da Collegio federativo di Cardiologia che avrà come tema centrale ‘il ruolo dell’imaging avanzato nelle idoneità sportive: tra fisiologia e patologia’.
Verranno invece descritte nel corso del 107.simo Congresso nazionale Siot, Società italiana di ortopedia e traumatologia, le ultime scoperte mediche sull’instabilità post-traumatica acuta e cronica della spalla nell’atleta. Nell’ambito dell’evento, previsto a Roma dal 29 e il 31 ottobre, è previsto infatti l’intervento di Gualdi che nasce dall’esperienza maturata nel settore sportivo. Partendo dalle modificazioni con coinvolgimento delle strutture anatomiche della spalla, nel suo intervento, il professore, già direttore dell’Unità operativa complessa di Radiologia d’Urgenza del Policlinico Umberto I di Roma, punterà a dimostrare le alterazioni che possono verificarsi a carico delle strutture legamentose e tendinee, oltre che a carico della cartilagine e dei capi ossei e delle strutture muscolari.
Salute e Benessere
Colecistectomia laparoscopica, al congresso Sic relazione...
L’esperto interverrà su ‘skills, prevenzione e trattamento multidisciplinare’
L’intervento chirurgico mininvasivo per l’asportazione della cistifellea è sempre più diffuso, ma non esclude possibili complicanze. Proprio quelle complicanze sono state studiate dal professor Gianfranco Gualdi, direttore scientifico del servizio di Diagnostica per immagini dell’Istituto di Medicina e scienze dello sport del Coni, che ha raccolto le sue conclusioni in una approfondita relazione dedicata alla “colecistectomia laparoscopica: skills, prevenzione e trattamento multidisciplinare” e che verrà presentata al 126.simo Congresso nazionale della Sic, Società italiana di chirurgia, che si terrà a Roma tra il 13 e il 16 ottobre. Nel suo intervento il professor Gualdi approfondirà le possibili complicanze della colecistectomia laparoscopica con immagini dimostrative delle raccolte fluide, degli ascessi e dei sanguinamenti che possono verificarsi durante o a distanza dell’intervento. Oltre a questo saranno analizzate anche le possibili resezioni delle vie biliari e le lesioni vascolari che possono complicare gli interventi.
Salute e Benessere
Schillaci, cancro al colon: casi in aumento, i segnali...
E' l secondo carcinoma più diffuso nel nostro Paese, con oltre 48mila diagnosi nel 2022
In Italia i casi di tumore al colon retto, la malattia che ha colpito Salvatore Schillaci morto oggi a 59 anni, "sono in aumento": è il secondo carcinoma più diffuso nel nostro Paese, con oltre 48mila diagnosi nel 2022 e una mortalità stimata di 21.700 decessi nel 2021 (dati Aigo), "e purtroppo l'adesione degli agli screening non è alta, mentre la prevenzione è la strada per anticipare questa malattia e proprio chi sta bene deve fare prevenzione. La tragica scomparsa di Totò Schillaci deve far capire quanto non deve essere sottovalutato questo tumore e l'importanza dei test". Così all'Adnkronos Salute Maria Di Paolo, consigliere nazionale dell'Aigo (Associazione italiana gastroenterologi ed endoscopisti digestivi ospedalieri).
"Quando c'è la comparsa di sangue nelle feci, associata ad un calo di peso, deve scattare la prima sirena d'allarme - spiega la specialista - quindi fare il test del sangue occulto nelle feci e procedere poi con la colonscopia. Quello che vediamo in ospedale, invece, è che quando si scopre il sangue nelle feci si fa passare del tempo prima di arrivare allo screening - sottolinea Di Paolo che lavora al Ao San Giovanni di Roma - Se il sangue è visibile si deve fare un'indagine di secondo livello come la colonscopia". Se invece si ha una familiarità con il tumore del colon, con adenomi o polipi, "la colonscopia va anticipata ai 40 anni e se c'è un parente di primo grado con la malattia scoperta da giovane si deve anticipare la prevenzione", rimarca la gastroenterologa.
"La grande forza dello screening - conclude - è poter interrompere il passaggio dalla lesione con potenzialità cancerogene allo sviluppo del tumore. Se si anticipa questo passaggio, si può intervenire e rimuovere il tumore con una sopravvivenza molto alta. Una lesione ci mette 7-10 anni a sviluppare un tumore, il nostro obiettivo come specialisti è di non fare arrivare questi pazienti all'oncologo".