Tumori, Gandolfo (Sirm): “Imaging radiologico fondamentale negli screening”
"Ha un ruolo preventivo nelle neoplasie della mammella e del polmone"
"Il radiologo ha sempre avuto un ruolo fondamentale in tutto quello che è l'imaging oncologico e, in alcuni settori, ha addirittura un ruolo preventivo. La tecnologia che supporta l'imaging diagnostico è di fondamentale importanza per uno degli screening oncologici principali come quello della mammella" e, ultimamente, "anche per il tumore al polmone". Lo ha detto Nicoletta Gandolfo, presidente eletto Sirm, Società italiana di radiologia medica e interventistica, all'Adnkronos, intervenendo questa mattina a Milano in un incontro con la stampa all'interno del 51esimo Congresso nazionale dell'area radiologica.
"Come sappiamo - continua Gandolfo - una diagnosi precoce attraverso programmi di screening organizzati riduce la mortalità di quello che è il tumore più importante nella donna. I programmi di screening organizzati come la mammografia, che è un'indagine tradizionale, si sono evoluti passando dall'analogico al digitale" e oggi queste a tecnologie si sono "affiancate la tomosintesi e la mammografia con mezzo di contrasto. Oggi il radiologo ha un ruolo fondamentale anche nello screening del polmone, una neoplasia che è uno dei big killer sia per l'uomo che per la donna - aggiunge la specialista - L'Unione europea ha attenzionato questa importante problematica e, per lo screening del tumore polmonare, è partito lo studio Risp", Rete italiana screening polmonare, indirizzato "ai soggetti a rischio, come i grandi fumatori o ex fumatori. Il progetto Risp impiega una Tc a bassa dose e, rispetto alla radiografia tradizionale, riesce a individuare le lesioni" significative prima della comparsa dei sintomi. Inoltre, "riducendo la dose" delle radiazioni, "non si espongono troppo i pazienti asintomatici, ma a rischio”.
"Metodiche come la Tc - sottolinea Gandolfo - hanno un ruolo fondamentale anche nella stadiazione dei tumori in tutto l'ambito corporeo, dall'encefalo alla pelvi, e permettono" non solo "una diagnosi precoce", ma anche il "follow-up che misura la risposta alla terapia, cioè se c'è una ripresa oppure una risposta adeguata alle chemioterapie o alle terapie cosiddette neoadiuvanti, che vengono fatte nei casi di neoplasia localmente avanzata". Inoltre, “sicuramente, oggi la radiologia è un pilastro fondamentale nell'equipe multidisciplinare - conclude - specie se consideriamo la radiologia interventistica che, nel tumor board, è il quarto pilastro di riferimento, insieme all'oncologo, al chirurgo e al radioterapista".
Salute e Benessere
Sociologo Ferraresi: “Blocchi culturali frenano...
'Occorre far capire agli uomini che anziché rivolgersi al dottor Google è necessario chiedere aiuto al medico per avere maggiore felicità nella vita sessuale'
"L'Università Iulm, su incarico della Sia, Società italiana di Andrologia, ha svolto una ricerca per capire quali sono i blocchi culturali che i giovani maschi italiani hanno rispetto alla prevenzione andrologica e alle cure in andrologia. La ricerca ha confermato che blocchi culturali ci sono, le cause sono varie e hanno a che fare con la cultura maschile della nazione". Queste le parole di Mauro Ferraresi, professore di Sociologia della comunicazione presso l’Università Iulm di Milano, in occasione del convegno 'S3 – Salute Sessuale Sia' a Milano il 12 e il 13 dicembre. Un evento organizzato dalla Società italiana di andrologia (Sia) per fare il punto sulle sfide della prevenzione andrologica a 360 gradi che abbraccia tutte le fasce di età maschili.
Ferraresi analizza anche le soluzioni a questi blocchi culturali e aggiunge: "Si tratta di far capire che non è necessario rivolgersi al dottor Google per i problemi che hanno a che fare con la sfera della sessualità maschile - sostiene l'esperto - ma che una persona in camice bianco ha tutta la professionalità per poter aiutare. Il primo blocco è proprio far comprendere che si tratta di un aiuto e che quest’aiuto poi si traduce in una maggiore felicità nella vita e nella vita sessuale. Per quanto riguarda i tempi, qui la ricerca non ha delle risposte precise. Io posso pensare semplicemente che con questa ricerca ci siamo messi in cammino. Il cammino può essere anche abbastanza lungo, però abbiamo visto che c'è una certa sensibilità e una certa attenzione. Le risposte date dai ragazzi e dai giovani uomini lo testimoniano".
Salute e Benessere
Ricerca: passo verso creazione cuore a partire da cellule...
Il trapianto di organi rappresenta la soluzione definitiva per numerose malattie gravi, ma la disponibilità di organi è tristemente insufficiente a soddisfare le richieste globali. Solo in Italia, nel 2024, sono circa 8.000 i pazienti in lista di attesa, una situazione che rende urgente la ricerca di fonti alternative di organi. Ministero della Salute e Centro nazionale trapianti (Cnt) indicano come circa 6.000 pazienti stanno aspettando un nuovo rene, poco meno di 1.000 un fegato, circa 700 un cuore, oltre 200 un polmone e altrettanti un pancreas.
Una delle soluzioni più promettenti per risolvere il problema potrebbe risiedere nella produzione di organi umani a partire da cellule staminali pluripotenti. Queste cellule, infatti, hanno la capacità di differenziarsi in qualsiasi tipo di tessuto o organo e, grazie alla loro capacità di moltiplicarsi in laboratorio, potrebbero consentire la generazione in grande quantità di organi e tessuti umani. "Il progetto 'Humanize', finanziato dalla fondazione spagnola La Caixa con 1 milione di euro per tre anni, ha l’obiettivo di sviluppare tecnologie in grado di identificare e produrre cellule staminali umane con un alto potenziale capaci di generare organi - riporta la nota dell'Università di Padova - Il cuore umano è l'organo su cui si concentra la ricerca, in quanto la sua carenza di donatori è una delle problematiche più gravi in ambito medico. Principal investigators del progetto, il cui focus sarà appunto la generazione di un cuore umano, sono il professor Graziano Martello, dipartimento di Biologia dell'Università di Padova e direttore del Pluripotent Stem cell Biology laboratory (Lab Martello), e il dottor Xabier Lopez Aranguren, ricercatore alla Cima Universidad de Navarra in Spagna".
'I meccanismi molecolari alla base del chimerismo sono purtroppo ancora poco chiari'
"Graziano Martello, nel suo laboratorio, ha maturato un’esperienza di 15 anni nello studio delle cellule staminali pluripotenti umane e murine e ha recentemente sviluppato modelli in vitro – in collaborazione con il professore Gianluca Amadei – che replicano le prime fasi dello sviluppo umano, fino all’organogenesi. Questi modelli, che non utilizzano embrioni o animali, permettono di studiare la formazione degli organi in modo etico e controllato, inoltre possano essere impiegate per la ricerca di base o in ambito clinico, in particolare identificando le cellule staminali umane che meglio possono contribuire alla formazione del cuore", prosegue l'Università di Padova.
Studi precedenti basati su roditori hanno dimostrato che le cellule staminali pluripotenti possono generare interi organi, come cuore e pancreas, in animali che, a causa di difetti genetici, non sarebbero in grado di generarli. Tali studi hanno messo anche in luce il fatto che non tutte le cellule staminali dei roditori sono in grado di formare organi. I meccanismi molecolari alla base del chimerismo sono purtroppo ancora poco chiari. "Il chimerismo è quel fenomeno che genera un organismo composto da cellule originate da individui diversi. Grazie a un approccio multidisciplinare integrato e senza precedenti, che combina analisi informatiche e modelli in vitro, ci proponiamo di approfondire le basi molecolari del potenziale chimerico delle staminali umane – dice Graziano Martello –. Per fare questo testeremo in maniera automatizzata numerose combinazioni di composti e tipi diversi di cellule umane, al fine di identificare le combinazioni con la maggior capacità di formare organi".
L'obiettivo è 'identificare staminali umane in grado di sviluppare organi funzionali'
Xabier Lopez Aranguren ha già dimostrato, in studi su roditori, che le cellule staminali pluripotenti possono generare cuori completi in animali affetti da gravi difetti genetici. Somministrando ai roditori cellule pluripotenti, sebbene in presenza di mutazioni nel Dna che ne impedivano lo sviluppo del cuore, è stato possibile generare nei soggetti studiati un cuore interamente a partire dalle staminali. L’obiettivo del progetto 'Humanize' "è identificare staminali umane con un potenziale simile, in grado di sviluppare organi funzionali. Il passo successivo - osserva la nota - sarà verificare, tramite modelli animali, se le cellule staminali umane prodotte possano effettivamente contribuire alla formazione di organi. Le verifiche dell’ipotesi alla base del progetto, che saranno vagliate sperimentalmente in Spagna, si concentreranno su animali come i maiali i cui organi sono già utilizzati per il trapianto di valvole cardiache".
L’impatto di questa ricerca "porterebbe non solo al miglioramento della qualità della vita dei pazienti in attesa di trapianto, ma anche al sistema sanitario globale. Se confermato, infatti, il potenziale di produrre organi umani a partire da cellule staminali pluripotenti potrebbe risolvere il problema della scarsità di donatori e ridurre i costi legati ai trattamenti dei pazienti in attesa di trapianto. Inoltre, lo sviluppo di tecnologie per la produzione di organi umani aprirebbe nuove opportunità nel settore biotecnologico, stimolando la nascita di nuove aziende e attività produttive in un settore ad altissima domanda", conclude l'ateneo di Padova.
Salute e Benessere
Studio italiano scopre causa disturbi polmonari Long Covid
Scoperta la causa dei disturbi alla base dei disturbi polmonari nei pazienti che soffrono della sindrome Long Covid, aprendo la strada a una possibile terapia. Sono i risultati di uno studio di Monzino e Università Statale di Milano, pubblicati sul 'Journal of American College of Cardiology Basic to Translational Science' , identificano nell’infiammazione di basso grado e nell’attivazione piastrinica la causa dei danni polmonari, responsabili dei maggiori disturbi nella sindrome Long Covid, rendendo possibile una cura farmacologica personalizzata. A mettere a segno la scoperto è stato un gruppo di ricercatori dell’Irccs Centro Cardiologico Monzino e dell’Università degli Studi di Milano, guidati da Marina Camera, responsabile dell’Unità di Ricerca di Biologia Cellulare e Molecolare Cardiovascolare del Monzino e Professore Ordinario di Farmacologia presso l’Università Statale di Milano, in collaborazione con i clinici del Centro Cardiologico Monzino e dell’Istituto Auxologico Italiano.
I dati della ricerca "evidenziano che in questi pazienti il danno polmonare può essere causato da uno stato infiammatorio con attivazione delle piastrine che legandosi ai leucociti formano nel sangue degli etero-aggregati. Questi etero-aggregati, entrando nel microcircolo polmonare, possono determinare danno vascolare e alveolare promuovendo deposizione di tessuto fibrotico responsabile dei principali sintomi riferiti dai pazienti con Long Covid (dispnea, dolore toracico, astenia etc etc). Mediante esperimenti in vitro effettuati con il plasma di questi pazienti, lo studio suggerisce anche che i farmaci antiinfiammatori e antiaggreganti, come la comune aspirina, sono in grado di contrastare questi processi e rappresentano dunque una potenziale opzione terapeutica".
Benché l’emergenza pandemica Covid-19 sia terminata, "il virus persiste nella popolazione e gli effetti di lungo termine dell’infezione - il cosiddetto Long Covid appunto - hanno ancora un forte impatto negativo sulla qualità di vita di un’alta percentuale di soggetti che hanno contratto la malattia in forma più o meno grave. I sintomi più preoccupanti - avverte la ricerca - del Long Covid sono riconducibili alla compromissione del parenchima polmonare e possono durare anche un anno dopo la fase acuta dell’infezione. Per questo la ricerca cardiovascolare internazionale si è concentrata sulle cause della persistenza dei sintomi post-Covid".
Diversi studi sostengono l’ipotesi che il danno polmonare sia causato dalla prolungata disfunzione endoteliale e dall’attivazione delle cellule immunitarie, con produzione di citochine che sostengono il processo infiammatorio. Tuttavia la fisiopatologia dei sintomi e le ragioni dello stato infiammatorio e della conseguente disfunzione polmonare non sono state del tutto chiarite.
“I nostri studi hanno identificato un ruolo centrale, che nessuno aveva ancora considerato, sia dell’infiammazione cronica di basso grado che delle piastrine. Livelli anche di poco superiori ai limiti di normalità di proteina C reattiva e di interleuchina 6 possono infatti sinergizzare e sostenere l’attivazione delle piastrine. Gli aggregati che esse formano con i leucociti potrebbero dunque spiegare la disfunzione polmonare promuovendo deposizione di tessuto fibrotico che compromette la funzionalità polmonare”, afferma Marina Camera.
“Nell’era Covid, fra luglio e ottobre 2020, abbiamo reclutato presso il Centro Cardiologico Monzino e l’Istituto Auxologico Italiano 204 pazienti che avevano contratto il Covid nei mesi precedenti. Escludendo chi soffriva di gravi malattie pregresse o stava assumendo una terapia anticoagulante, abbiamo identificato 34 pazienti con sintomi di Long Covid che sono stati quindi confrontati con altrettanti soggetti che non presentavano sintomi dopo l’infezione da Covid-19. A questi soggetti è stato effettuato un prelievo di sangue per la valutazione dello stato di attivazione delle piastrine. I dati ottenuti hanno chiaramente indicato come nei soggetti sintomatici il danno polmonare evidenziato dagli esami Tac sia significativamente associato a un fenotipo piastrinico pro-infiammatorio”, spiega Marta Brambilla, ricercatrice del centro Cardiologico Monzino e prima firma del lavoro.
La ricerca pubblicata su 'Jacc' va a completare gli studi sull’impatto cardiovascolare del Covid-19, confermando l’eccellenza, riconosciuta a livello internazionale, del Centro Cardiologico Monzino su questo fronte. “Abbiamo dapprima identificato nel profilo procoagulante piastrinico il meccanismo responsabile delle complicanze trombotiche nei pazienti con infezione acuta da Covid-19. Abbiamo anche evidenziato che i quattro vaccini anti-Covid utilizzati durante la pandemia, pur inducendo un transiente stato infiammatorio tipico della stimolazione immunitaria, non inducono attivazione piastrinica e dunque non aumentano il rischio trombotico nella popolazione generale. Questo ultimo lavoro evidenzia infine non solo i meccanismi fisiopatologici, ma anche i biomarcatori utili per personalizzare la terapia farmacologica nella gestione della sindrome del Long Covid”, conclude Marina Camera.