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Donne e giovani, a che punto siamo con i progetti del Pnrr

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) dedica un’attenzione specifica ai temi della coesione sociale. La disparità di genere e il divario generazionale assumono sempre più valore nel contesto italiano. La Corte dei conti ha, perciò, analizzato a che punto sono i progetti del Pnrr per queste due macrocategorie. Vediamo insieme cos’è emerso.

Pnrr per giovani e donne

Nel Pnrr ci sono 61 misure, 39 delle quali hanno un impatto sui giovani, 14 sulle donne e otto su entrambi. La gran parte di queste è legata ad un gruppo di investimenti, ma ci sono 13 misure concentrate sugli interventi legati al divario generazionale e due legate al divario di genere.

La Corte dei conti ha spiegato che nella versione più recente del Pnrr, alle misure così identificate è assegnata una “dotazione finanziaria complessiva di 41,3 miliardi, sull’intero periodo 2020-2026, di cui 34,6 per finanziare investimenti. Inoltre, la riforma delle politiche attive del lavoro assorbe 5,5 miliardi, mentre la riforma della legislazione sugli alloggi per studenti con i relativi investimenti ha una dotazione finanziaria di quasi 1,2 miliardi. Le modifiche intervenute con la revisione del PNRR hanno comportato il definanziamento di alcune misure e il rifinanziamento di altre, con un saldo netto positivo”.

La valutazione dello stato di attuazione può essere effettuata seguendo le scadenze prefisse: entro la fine del quarto trimestre del 2023, sono stati raggiunti 121 milestone e target su un totale di 134 previsti, con una percentuale di completamento di oltre il 90 per cento. All’interno dell’aggregato figurano come tutti conseguiti gli obiettivi europei.

Ma l’avanzamento delle misure può essere inoltre valutato considerando la quota di risorse, tra quelle stanziate per le misure ad impatto su giovani e donne, che hanno trovato già destinazione in specifici progetti: “Le analisi – continua la Corte dei conti – evidenziano come a febbraio 2024 i progetti già finanziati ammontavano a 28,3 miliardi (il 68,5 per cento delle risorse totali previste dal Pnrr per tale tipo di misure). La distribuzione dei progetti, rapportati alla popolazione, risulta abbastanza rispondente alle esigenze dei territori, con una maggior concentrazione nel Mezzogiorno, dove i divari di genere e tra generazioni risultano più elevati. I progetti relativi alla sola realizzazione dei lavori pubblici hanno assorbito finanziamenti per 12,6 miliardi. Per tali progetti risultano bandite gare per 6,4 miliardi, e risultano aggiudicate gare per 3,6 miliardi. In generale, però, le procedure appaiono andare più a rilento nelle regioni del Mezzogiorno ed in alcune regioni del Centro. Considerando gli step dell’attuazione connessi alla realizzazione dei lavori pubblici si osserva come nel complesso questi si concentrino in uno stato di avanzamento intermedio: la maggioranza si trova nella fase di progettazione esecutiva, anche se per una quota non trascurabile è già partita la fase di esecuzione dei lavori”.

In sintesi, l’attuazione appare, per le misure aventi impatto su giovani e donne, pressoché in linea con i programmi.

Diseguaglianze di genere

Priorità assoluta del Pnrr è proprio il tema delle diseguaglianze e della coesione sociale. I divari di genere e a sfavore dei giovani possono essere misurati attraverso diversi indicatori. Il più significativo è quello relativo al ruolo nel mercato del lavoro. Tale tasso risulta più alto per le donne di quanto non sia per gli uomini, data non solo la maggior disoccupazione riscontrata per le donne, ma anche la
minor partecipazione. “Il gap di genere – riporta la Corte -, pari a circa 6,5 punti percentuali, è diminuito nel 2022 grazie alla maggior riduzione del tasso di mancata partecipazione femminile rispetto a quello maschile”.

L’altro indicatore relativo al mercato del lavoro è l’occupazione relativa delle madri. L’indicatore misura le criticità incontrate dalle donne con figli piccoli (in età prescolare) nell’accesso al mercato del lavoro, rispetto alle donne senza figli; tali difficoltà sono legate alle necessità di bilanciare i tempi di lavoro con le esigenze di cura (riconducibili alla distribuzione asimmetrica dei tempi di lavoro familiare tra i generi e alla difficoltà nella conciliazione).

“Nel 2022, l’occupazione relativa era del 72,4 per cento; il calo riscontrato rispetto al periodo precedente, quando si attestava attorno al 75 per cento, evidenzia difficoltà di conciliazione crescenti, nonostante la fine della pandemia. La scarsa occupazione delle donne con figli è connessa alle difficoltà nella conciliazione tra vita privata e vita professionale, a sua volta legata all’ineguale
distribuzione dei carichi familiari riconducibile a questioni culturali e stereotipi sui ruoli di genere; il carico di lavoro domestico e le responsabilità di cura riducono le aspirazioni lavorative delle donne, e ne aumentano le assenze dal lavoro. Quanto più l’indicatore ha valori elevati, tanto più la distribuzione tende ad essere asimmetrica; va rilevato un parziale miglioramento nel corso degli ultimi anni, con una riduzione dello squilibrio, passato dal 71,9 per cento del 2009 al 61,6 del 2022”, ha concluso la Corte dei conti.

Altro divario enorme è quello relativo alla quota di laureate nell’area Stem. La presenza femminile p sottorappresentata: “Nel 2020 le donne che hanno concluso un percorso d’istruzione terziaria nelle discipline Stem erano il 13,2 per mille della popolazione 20-29 anni (in cui si concentra il conseguimento della laurea), mentre gli uomini il 19,6 per mille, con una differenza del 6,4 per mille. Nel 2015 tale differenza era del 4,5 per mille”, ha spiegato la Corte dei conti.

Il divario generazionale

Anche il divario generazionale assume un ruolo principale nel Pnrr. Ciò può riguardare, ad esempio, la formazione scolastica dei giovani. Nel 2023, il 44,2% degli studenti di terza superiore aveva competenze numeriche inadeguate, un aumento rispetto al 38,7% del 2019. Nonostante il ritorno alla didattica in presenza, non si sono osservati miglioramenti significativi.

Nel 2022, l’11,5% dei giovani tra i 18 e i 24 anni ha abbandonato prematuramente gli studi, sebbene questo indicatore sia in diminuzione negli ultimi anni. Un altro indicatore riguarda i giovani che non lavorano e non studiano, i cosiddetti Neet, la cui quota è scesa al 19% nel 2022, ben al di sotto della media precedente del 23%.

Nonostante questi dati positivi, i giovani incontrano ancora difficoltà nell’entrare nel mercato del lavoro e nel trovare impieghi stabili e adeguatamente retribuiti. Questo è evidenziato dal fatto che nel 2021, più di due giovani su tre (il 67,6%) vivevano ancora con i genitori, un aumento rispetto al 62,1% del 2018.

Infine, l’8% dei giovani tra i 20 e i 24 anni viveva in ambienti degradati nel 2022, un leggero aumento rispetto al 2021. Per quanto riguarda la partecipazione sociale, c’è stata una ripresa significativa dopo il calo del 2021, ma la quota di giovani che partecipano a attività sociali rimane bassa rispetto al periodo pre-pandemico.

Nel Piano, così come modificato a dicembre 2023, alle misure identificate è assegnata una dotazione finanziaria complessiva di 41,3 miliardi nell’intero periodo 2020-2026. Ad eccezione della riforma delle politiche attive del lavoro, per la quale sono stati stanziati quasi 5,5 miliardi, e la riforma della legislazione sugli alloggi per studenti e i relativi investimenti, che ha una dotazione finanziaria di quasi 1,2 miliardi, le altre riforme non hanno risorse assegnate. Pertanto, le 48 misure di investimento si ripartiscono 34,6 miliardi; di queste, solo 15 superano il miliardo di euro di stanziamento complessivo.

Cambio di programmazione e effetti sulle misure per giovani e donne

Nel 2023, il Governo italiano e la Commissione Europea hanno rivisto il Pnrr per adeguarlo alle condizioni di contesto sociale ed economico modificate. Questo ha portato all’approvazione del regolamento RePowerEU e all’inserimento del nuovo capitolo RePower nel Piano, con una specifica dotazione finanziaria. Alcune misure del Piano sono state modificate, altre eliminate, e altre ancora introdotte.
Delle 61 misure identificate, sono sei quelle che hanno subito una riduzione delle risorse (definanziamento), mentre altre sei hanno visto un aumento delle risorse assegnate (rifinanziamento). La maggioranza delle misure non ha subito variazioni dell’importo stanziato. Le misure che hanno impatto su giovani e donne sono rimaste invariate nel loro numero.

Il definanziamento di alcune misure ha comportato una riduzione di 2,12 miliardi dell’importo a disposizione per tali interventi. Allo stesso tempo, il rifinanziamento di altre misure ha portato ad un incremento delle risorse stanziate per tali interventi di 2,29 miliardi. Di conseguenza, il saldo netto della revisione del Piano per le misure che hanno impatto su giovani e donne è positivo, pari a 164 milioni. Questo significa che ci sono più risorse a disposizione per gli interventi volti a ridurre i divari generazionali e di genere. In particolare, per il 2024 le risorse aumentano di oltre 1,5 miliardi.
La riprogrammazione ha interessato principalmente la Missione 4, con una riduzione di circa 2,2 miliardi nel 2023. La misura più profondamente rivista è stata il Piano asili nido e scuole dell’infanzia e servizi di educazione e cura per la prima infanzia, che ha subito un taglio delle risorse stanziate di oltre 1,3 miliardi.

L’analisi dei progetti finanziati permette di collocare territorialmente le risorse. La Lombardia è la regione con il maggior numero di progetti, seguita da Campania, Lazio e Sicilia. Tuttavia, se si considera la popolazione regionale interessata da tali interventi, la situazione cambia. Ad esempio, il Molise ha il maggior numero di progetti finanziati per ogni mille donne residenti e per ogni 1000 abitanti nella fascia di età 0-29 anni. In conclusione, i progetti finanziati si concentrano prevalentemente nelle Regioni del Mezzogiorno. Questo è coerente con i divari territoriali osservati in molte delle dimensioni analizzate, e la cui riduzione costituisce uno degli obiettivi principali del Pnrr.

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