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Pensione a 70 anni per i 30enni di oggi: ecco cosa prevede l’Inps

Quando andrà in pensione chi oggi ha 30 anni? A 70 anni. La risposta arriva dall’Inps che ha aggiornato la sua pagina “Pensami” con le nuove regole previste dalla legge di Bilancio. Questo strumento consente di ottenere un’idea chiara e precisa su quando si potrà andare in pensione e quanti anni di contributi saranno necessari. Basta inserire i propri dati anagrafici, il tipo di lavoro svolto e i dettagli sulla contribuzione per avere un quadro completo della propria situazione pensionistica.

Cosa cambia?

Una delle principali novità riguarda l’adeguamento alla speranza di vita, basato sugli ultimi dati Istat del 2022. Questo significa che le stime per la pensione sono più accurate e aggiornate secondo le tendenze attuali. Inoltre, l’importo massimo della pensione anticipata flessibile per il 2024 è stato aggiornato, considerando i requisiti perfezionati entro il 31 dicembre 2023. Questo aggiornamento è fondamentale per chi intende andare in pensione anticipata fino al compimento dell’età richiesta per la pensione di vecchiaia.

Scenari pensionistici per i giovani lavoratori

Una delle scoperte più interessanti riguarda i 30enni che hanno appena iniziato a lavorare. Secondo il simulatore “Pensami”, chi ha iniziato a lavorare da poco potrà andare in pensione a partire da 66 anni e 8 mesi, a patto di aver versato 20 anni di contributi e maturato un assegno superiore a tre volte l’importo mensile dell’assegno sociale nel 2024 (pari a 1603,23 euro). Per coloro che non riescono a versare almeno 20 anni di contributi, l’età pensionabile sale a 74 anni.

Un esempio pratico

Prendiamo il caso di un uomo nato nei primi mesi del 1994, che ha iniziato a lavorare all’inizio del 2022 e avrà almeno 20 anni di contributi. Secondo il simulatore, questo lavoratore potrà andare in pensione di vecchiaia a dicembre 2063, all’età di 69 anni e 10 mesi.

Come usare “Pensami”

L’accesso alla versione aggiornata di “Pensami” è semplice e immediato. Dal sito dell’INPS (www.inps.it), basta seguire il percorso: “Pensione e Previdenza” > “Esplora Pensione e Previdenza” > nella sezione “Strumenti” seleziona “Vedi tutti” > “Pensami – Simulatore scenari pensionistici”. Tramite l’app “INPS Mobile”, basta selezionare il tab “Servizi” dalla home page e successivamente il servizio “Pensami”, senza necessità di autenticazione.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Crisi demografica in Italia, nasce la Commissione...

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Palazzo Montecitorio

La transizione demografica, quel fenomeno che sta plasmando la struttura della nostra società, entra finalmente nel radar della politica nazionale con la costituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti economici e sociali che questa comporta. Presieduta da Elena Bonetti, con Enrica Alifano e Giuseppe Castiglione eletti vicepresidenti e Davide Bergamini e Fabio Porta come segretari, la Commissione si appresta a svolgere un ruolo cruciale nell’affrontare una delle sfide più complesse e urgenti per il nostro Paese. L’Italia, come molti altri paesi europei, sta vivendo un lento ma inesorabile cambiamento nelle sue dinamiche demografiche, segnato da un calo della natalità e da un invecchiamento progressivo della popolazione. La sfida consiste nel comprendere a fondo le implicazioni di questo processo e come affrontarle con misure politiche e sociali adeguate. In un contesto di crescente preoccupazione per la sostenibilità dei conti pubblici e per il rafforzamento della coesione sociale, la creazione di questa Commissione rappresenta un passo importante verso l’elaborazione di soluzioni efficaci e condivise.

La sfida della transizione demografica

Il fenomeno della transizione demografica non è una novità per l’Italia. Da anni, il Paese si trova a fare i conti con un progressivo invecchiamento della popolazione e una bassa natalità. L’Istat, l’Istituto Nazionale di Statistica, da tempo segnala una costante diminuzione delle nascite, con un tasso di fecondità che da decenni si attesta sotto il livello di sostituzione. Nel 2023, l’Italia ha registrato un altro record negativo: per la prima volta nella sua storia, il numero dei decessi ha superato quello delle nascite, segnando un dato allarmante per la demografia nazionale. Questo squilibrio tra nascite e decessi contribuisce al progressivo invecchiamento della popolazione, con una maggiore incidenza di persone anziane rispetto ai giovani.

L’invecchiamento della popolazione non è solo una questione statistica: ha impatti concreti sulla società. Da un lato, le risorse destinate al welfare devono far fronte a una crescente domanda di assistenza sanitaria, pensionistica e sociale; dall’altro, la forza lavoro diminuisce, con un forte impatto sull’economia del Paese. La Commissione parlamentare di inchiesta si concentrerà proprio su come il cambiamento demografico influisce sull’economia e sulla sostenibilità dei conti pubblici, con l’obiettivo di sviluppare politiche che rispondano a queste sfide senza compromettere i diritti sociali e il benessere della popolazione. Il tema non riguarda solo il numero delle persone, ma anche le qualità e le condizioni della vita che queste persone possono avere in un contesto socioeconomico in evoluzione.

Inoltre, l’aumento dell’età media della popolazione porta con sé il problema della solitudine e dell’isolamento sociale degli anziani, un fenomeno che, se non adeguatamente affrontato, potrebbe minare la coesione sociale e il benessere collettivo. In un Paese con una storia di forti legami familiari e comunitari, l’emergere di questa problematica richiede un ripensamento del modello di welfare e di assistenza sociale, con soluzioni innovative che favoriscano l’integrazione sociale degli anziani e il supporto alle famiglie. La Commissione di inchiesta dovrà analizzare le politiche in atto e proporre misure che rispondano in maniera adeguata a questi nuovi bisogni.

L’unità del Parlamento di fronte alla sfida demografica

La costituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sulla transizione demografica è un segnale forte della volontà del Parlamento di affrontare una delle sfide più complesse e urgenti per il futuro del Paese. La sua creazione è stata approvata all’unanimità, un fatto che testimonia l’importanza che la politica italiana attribuisce al tema della demografia e alla necessità di costruire un fronte comune per risolvere le problematiche derivanti dall’evoluzione demografica. Elena Bonetti, nuova presidente della Commissione, ha sottolineato l’urgenza di affrontare il tema, non solo dal punto di vista economico, ma anche sociale. “Sono molto onorata della fiducia dei colleghi che mi hanno eletta presidente della Commissione d’inchiesta della Camera dei Deputati sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica in atto. Un tema urgente per il nostro Paese, dalla sostenibilità dei conti pubblici alla coesione sociale”, ha dichiarato.

L’approvazione unanime della Commissione è anche una risposta diretta alla crescente preoccupazione dei cittadini per le implicazioni della transizione demografica. Le famiglie italiane si trovano sempre più spesso a dover fare i conti con difficoltà economiche legate al numero crescente di anziani e alla difficoltà di conciliare il lavoro e la cura dei bambini. Il welfare, così come l’istruzione e la sanità, sono temi strettamente legati alla demografia, e la politica è chiamata a rispondere con misure concrete che rispondano alle esigenze della popolazione in crescita. Lavorare insieme, al di là delle divisioni politiche, è un passo fondamentale per trovare soluzioni che siano inclusive e rispondano alle necessità di tutti i cittadini, da quelli più giovani a quelli più anziani.

Il Presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana, ha fatto i suoi complimenti alla presidente Bonetti e agli altri membri dell’Ufficio di presidenza della Commissione, aggiungendo “Sono felice che su un tema così decisivo, come è quello della demografia, ci siano le condizioni per un lavoro comune, che superi le divisioni di partito e che guardi al futuro”.

Le prospettive della Commissione e gli obiettivi strategici

Con il lavoro della Commissione finalmente avviato, gli occhi sono puntati sulle prospettive che questa nuova istituzione parlamentare avrà per il futuro dell’Italia. Gli obiettivi della Commissione sono chiari: fare luce sugli effetti economici e sociali della transizione demografica, individuare le aree più critiche e proporre soluzioni concrete per rispondere alle sfide che la demografia impone. In particolare, la Commissione dovrà concentrarsi sulla sostenibilità del sistema pensionistico, sulle politiche per la famiglia, sull’integrazione degli anziani nella società e sul miglioramento dei servizi sociali. Inoltre, si dovrà esaminare la questione della mobilità sociale e della formazione professionale, che rappresentano leve cruciali per stimolare la partecipazione dei giovani e garantire una crescita economica inclusiva.

Non meno importante sarà l’analisi dell’impatto del cambiamento demografico sulle finanze pubbliche. La crescita della popolazione anziana, infatti, comporta una maggiore spesa per la sanità e per le pensioni, e una minore capacità di generare reddito attraverso il lavoro. La Commissione dovrà quindi studiare soluzioni che permettano di garantire il benessere sociale senza mettere a rischio la sostenibilità delle finanze pubbliche. Sarà fondamentale l’individuazione di politiche fiscali che incentivino la natalità e il lavoro femminile, due leve che potrebbero avere un impatto significativo sul bilancio statale. In questo contesto, il contributo della Commissione potrebbe rivelarsi decisivo nel creare le condizioni per una politica economica che guardi al futuro, mettendo al centro la qualità della vita e la solidarietà intergenerazionale.

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Demografica

Sicilia contro gli schermi, stop agli smartphone sotto i 5...

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Bambino con cellulare

Con un risultato che non lascia spazio a dubbi, l’Assemblea Regionale Siciliana ha approvato con 47 voti favorevoli, zero astenuti e nessun voto contrario la legge promossa dal Movimento 5 Stelle che introduce il divieto di utilizzo degli smartphone e dei dispositivi digitali nei primi cinque anni di vita, con severe restrizioni anche per le fasce di età successive. Un voto plebiscitario che manda un messaggio chiaro non solo alla Sicilia, ma a tutta Italia: la protezione dei bambini dall’esposizione precoce e indiscriminata alla tecnologia non è più rinviabile. Il primo firmatario della proposta, il deputato e pediatra Carlo Gilistro, ha sottolineato l’importanza di questa iniziativa, evidenziando come il problema sia stato compreso da tutte le forze politiche, senza alcuna divisione. Ora la palla passa a Roma, dove si deciderà se estendere il provvedimento a livello nazionale.

I contenuti della legge

La legge prevede un divieto assoluto dell’uso di dispositivi digitali funzionanti tramite onde a radiofrequenza e videogame per i bambini fino a cinque anni, un limite severo che punta a prevenire i danni derivanti dall’esposizione precoce a schermi luminosi e contenuti digitali. Dai sei anni in su, l’uso è consentito ma solo sotto la supervisione di un adulto, con un’attenzione particolare al tempo trascorso davanti ai dispositivi. Inoltre, è previsto il divieto di utilizzo degli smartphone e di altri apparecchi elettronici durante le ore didattiche nelle scuole medie e superiori, una misura che si allinea con le recenti dichiarazioni del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara sull’opportunità di eliminare i cellulari dalle aule scolastiche.

Oltre ai divieti, la norma introduce campagne di sensibilizzazione e informazione, finanziate e promosse dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri della Salute e dell’Istruzione, destinate a genitori e insegnanti per aumentare la consapevolezza sui rischi dell’uso eccessivo della tecnologia in età pediatrica. Infine, per chi non rispetta la legge sono previste sanzioni amministrative che vanno da 150 a 500 euro, sebbene lo stesso Gilistro abbia sottolineato come il provvedimento non sia pensato principalmente in ottica repressiva, ma piuttosto come un segnale d’allarme rivolto ai genitori.

I rischi dell’uso precoce della tecnologia

Numerosi studi scientifici confermano i rischi legati all’uso eccessivo e precoce degli smartphone nei bambini. Secondo le più recenti ricerche, il 30% dei genitori italiani utilizza il cellulare per calmare i propri figli già nel loro primo anno di vita, mentre l’80% dei bambini tra i 3 e i 5 anni dimostra una familiarità preoccupante con i dispositivi digitali. Questo fenomeno, spesso sottovalutato, comporta una serie di conseguenze negative sullo sviluppo psicofisico.

I pediatri avvertono che un’esposizione prolungata agli schermi può portare a ritardi nello sviluppo del linguaggio, difficoltà di attenzione, alterazioni del sonno e problemi relazionali. Non è raro che bambini abituati fin da piccolissimi all’uso dello smartphone manifestino ansia, irritabilità e scoppi di rabbia quando ne vengono privati, segno di una dipendenza comportamentale che può protrarsi negli anni. Disturbi dell’umore, crisi di panico e addirittura episodi di svenimento sono tra gli effetti più gravi rilevati dagli specialisti.

Tra isolamento e cyberbullismo

Se per i più piccoli il rischio maggiore è quello di un’interferenza nello sviluppo cognitivo ed emotivo, per gli adolescenti il problema si sposta anche sul piano delle relazioni sociali. Il fenomeno dell’isolamento digitale, con giovani che riducono progressivamente le interazioni nel mondo reale a favore di una presenza costante nel mondo virtuale, è in preoccupante crescita. La mancanza di esperienze relazionali dirette può tradursi in una scarsa capacità di gestire le dinamiche sociali, aumentando il rischio di depressione e comportamenti antisociali.

Un altro pericolo strettamente connesso all’uso incontrollato della tecnologia è il cyberbullismo. Giovani fragili e privi degli strumenti per difendersi da attacchi online possono cadere vittime di persecuzioni virtuali, con conseguenze devastanti sulla loro autostima e sul loro equilibrio psicologico. Nei casi più estremi, il fenomeno del ritiro sociale volontario, noto come hikikomori, e perfino i tentativi di suicidio possono essere correlati a un uso distorto della tecnologia.

Ora tocca a Roma

L’approvazione della legge in Sicilia rappresenta un segnale politico di grande rilevanza, che va ben oltre i confini regionali. L’assenza di voti contrari dimostra che il problema della sovraesposizione digitale dei bambini è ormai riconosciuto trasversalmente come una questione urgente, che richiede un intervento deciso. Il deputato Gilistro ha sottolineato come il via libera dell’Ars non possa essere ignorato a livello nazionale, specialmente in un momento in cui il governo sta già valutando misure simili per le scuole.

La questione non è solo educativa o sanitaria, ma anche culturale. È necessario un cambiamento di paradigma, in cui la tecnologia venga percepita non come un nemico, ma come uno strumento da usare con consapevolezza e responsabilità. La battaglia contro l’abuso di smartphone nei bambini è solo all’inizio, ma il segnale lanciato dalla Sicilia potrebbe essere la scintilla che porterà a una regolamentazione più ampia a livello nazionale.

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Demografica

Decreto flussi 2025, oggi ultimo click day: basterà a...

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Lavoratori Agricoli Canva

Il Decreto Flussi 2025 ha aperto una nuova fase di ingresso per i lavoratori extracomunitari in Italia, con un particolare focus sui settori agricolo e turistico-alberghiero. Il 12 febbraio 2025 segna il terzo appuntamento di un processo complesso, che ha visto il coinvolgimento di migliaia di lavoratori provenienti da Paesi con cui l’Italia ha accordi di cooperazione. Ma cosa significa realmente il “click day” per i settori stagionali, e come le dinamiche di domanda e offerta di lavoro stanno cambiando nel contesto italiano?

La struttura del decreto flussi 2025

Il Decreto Flussi è una delle principali politiche migratorie italiane per la gestione dei flussi di lavoratori extracomunitari, regolando l’ingresso di lavoratori stagionali e non stagionali provenienti da Paesi che vantano accordi bilaterali con l’Italia. Ogni anno, il decreto stabilisce un numero massimo di ingressi, che varia a seconda delle necessità economiche e produttive del Paese. Il 2025 ha visto una serie di novità, con l’introduzione di un processo di gestione delle domande sempre più digitalizzato e la possibilità di precompilare le istanze in anticipo.

Il meccanismo del “click day” è centrale in questo processo. Si tratta di una giornata dedicata, durante la quale i datori di lavoro e i lavoratori interessati possono inviare le loro domande tramite il portale online del Ministero dell’Interno. Le istanze vengono accolte in tempo reale, ma la concorrenza per le quote disponibili è feroce, rendendo ogni operazione cruciale. Il sistema informatico, benché avanzato, ha mostrato delle criticità, come l’overbooking delle quote disponibili, che evidenzia come la domanda sia spesso superiore all’offerta, creando inevitabili disagi.

Il settore agricolo

Il settore agricolo italiano è da sempre una colonna portante dell’economia, contribuendo in modo significativo al PIL del Paese e alla sua reputazione internazionale, grazie soprattutto al Made in Italy. Tuttavia, la crisi di manodopera che colpisce questo settore è ormai un problema strutturale. Ogni anno, le aziende agricole italiane, che impiegano circa un milione di lavoratori, si trovano a fronteggiare una carenza di circa 100mila unità per le attività stagionali di raccolta. La difficoltà di reperire lavoratori stagionali, soprattutto nei mesi cruciali della raccolta, rende necessaria una gestione dei flussi migratori più efficiente.

Le quote annualmente assegnate per l’ingresso di lavoratori agricoli attraverso il Decreto Flussi sono spesso insufficienti a coprire tutte le esigenze del settore. Questo gap tra domanda e offerta ha portato a un’escalation di fenomeni illegali come il caporalato, che danneggiano sia i lavoratori che le imprese. Un altro aspetto critico riguarda la gestione del tempo: spesso i lavoratori arrivano a stagione di raccolta già finita, e questo ritardo crea inutili complicazioni per le aziende agricole.

Il settore turistico-alberghiero

Il settore turistico-alberghiero, insieme a quello agricolo, è uno dei principali destinatari delle quote previste dal Decreto Flussi per i lavoratori stagionali. Questo settore vive di una stagionalità che coincide con i picchi di afflusso turistico, che variano in base alle diverse zone geografiche e alle condizioni climatiche. La domanda di lavoratori stagionali è quindi fortemente legata alla stagione turistica, con una richiesta annuale che, seppur alta, non è sempre in grado di soddisfare il fabbisogno reale.

Le difficoltà del settore sono amplificate dalla scarsità di lavoratori italiani disponibili a ricoprire queste posizioni, nonostante l’alto numero di disoccupati. La stagionalità del lavoro in hotel, ristoranti, e altri servizi turistici non è più una novità, ma ciò che cambia è la tipologia di lavoratori richiesti, che deve adattarsi ai nuovi standard tecnologici e alle esigenze di un turismo sempre più digitale e internazionale. Il Decreto Flussi, purtroppo, non è ancora in grado di rispondere appieno alle nuove sfide di un settore che, pur essendo tra i più importanti per l’economia nazionale, soffre di un sistema di selezione e ingresso di manodopera inefficiente.

Le criticità del sistema

Il Ministero dell’Interno, attraverso il portale online dedicato, è il fulcro della gestione del Decreto Flussi. Tuttavia, la procedura di invio delle domande, pur essendo altamente digitalizzata, ha dimostrato di essere vulnerabile a disservizi tecnici e a una forte concentrazione delle richieste nei giorni di “click day”. La digitalizzazione del processo, se da un lato ha semplificato l’accesso alle domande, dall’altro ha generato un sistema molto competitivo, in cui chi arriva in ritardo rischia di non riuscire ad accedere alle quote previste.

Inoltre, nonostante il miglioramento delle procedure negli ultimi anni, molti lavoratori si trovano ad affrontare difficoltà burocratiche non indifferenti, che riguardano tanto l’ottenimento dei visti quanto l’assegnazione delle quote. Il sistema dei click day, che funziona tramite una selezione automatica, non tiene conto delle effettive necessità delle imprese agricole e turistiche, né delle tempistiche di arrivo dei lavoratori. In molti casi, infatti, le aziende si trovano a dover affrontare un’inadeguatezza del sistema che non consente loro di ricevere i lavoratori al momento giusto.

I numeri del 2024 e del 2025 parlano chiaro: la quota di lavoratori stagionali che arriva effettivamente a lavorare nei campi è solo una parte di quella che viene richiesta. Coldiretti, infatti, stima che solo il 70% dei lavoratori richiesti sia effettivamente arrivato a lavorare nei campi nel 2024. E questo nonostante l’elevata domanda. Un’alternativa potrebbe essere una gestione diretta dei flussi migratori, come proposto da Coldiretti, che suggerisce di coinvolgere maggiormente le associazioni datoriali e di rendere i processi più trasparenti e sicuri. Inoltre, sarebbe opportuno riformare la formazione all’estero, fornendo ai lavoratori competenze specifiche per le nuove tecnologie agricole, come la gestione dei droni e delle tecniche di Agricoltura 4.0, con un approccio che favorisca anche la qualità del lavoro e la sicurezza.

Il programma di formazione, attivato in collaborazione con organizzazioni internazionali, come la Filiera Italia e l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, sta cercando di risolvere un problema fondamentale: la mancanza di manodopera qualificata. Il progetto prevede la formazione di lavoratori nei Paesi d’origine, superando il concetto che l’agricoltura richieda solo braccianti. In questo modo, si cerca di creare una nuova figura professionale, capace di integrare la tradizionale forza lavoro agricola con le competenze richieste dalle tecnologie avanzate.

In Egitto, Marocco e Costa d’Avorio, per esempio, il progetto ha già avuto inizio con l’educazione di lavoratori in grado di operare in un ambiente agricolo sempre più digitalizzato. Questo approccio innovativo potrebbe rappresentare la chiave per risolvere la crisi di manodopera, introducendo nel mercato un lavoro specializzato che va ben oltre il semplice concetto di “bracciante”. La sfida più grande, però, rimane la capacità del sistema italiano di adattarsi a questi cambiamenti, garantendo una continua evoluzione delle politiche migratorie e dei programmi formativi.

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