Chirurgia bariatrica tra robotica, IA e Linee guida per la gestione del paziente
Al 32esimo congresso nazionale Sicob il futuro della disciplina tra innovazioni tecnologiche e qualità delle cure
Robotica, protocollo per la gestione fast track perioperatoria del paziente obeso, ruolo delle Linee guida, dei Percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali e delle Reti assistenziali nell’assicurare sicurezza e qualità della chirurgia bariatrica. Sono questi i temi al centro del 32esimo congresso nazionale Sicob – Società italiana di chirurgia dell'obesità, dal titolo "Obesità: alla ricerca di una nuova alleanza terapeutica", in corso presso Giardini di Naxos (Messina) dove si è riunita la comunità scientifica italiana dedicata alla cura dell’obesità.
Il congresso ha costituito un importante momento di confronto sugli aspetti più innovativi del tema obesità. Primo fra tutti lo stato dell’arte della robotica nella chirurgia bariatrica. A questo proposito - riporta una nota - va evidenziato che, rispetto alla laparoscopia tradizionale, la robotica ha segnato progressi significativi su più fronti. Innanzitutto, consente al chirurgo di lavorare in 3D ed in taluni casi con una visione “immersiva”. Permette, quindi, interventi più precisi e più calibrati sul singolo paziente. In secondo luogo, la robotica riduce la curva di apprendimento: il chirurgo impara ad usare la piattaforma più rapidamente di quanto non impari a praticare la chirurgia laparoscopica. Un altro vantaggio è l’assoluta stabilità della piattaforma. Infatti, con la laparoscopia anche la minima instabilità della mano si trasmette anche allo strumento operativo. Con il robot questo non accade.
Presto l’intelligenza artificiale – che ad oggi viene usata essenzialmente per la formazione – potrà aiutare il chirurgo attraverso la predittività degli errori. Esiste una grande variabilità anatomica da soggetto a soggetto e la ragione di alcuni errori chirurgici è riconducibile alla percezione errata da parte del chirurgo di ciò che gli sta davanti. Questa percezione - si legge - può infatti differire dalla realtà perché la reale immagine anatomica corrisponde a una variante rispetto all’anatomia normale. Non solo. L’IA aiuterà il chirurgo a riconoscere l’anatomia reale e ad evitare questi errori di percezione. Gli strumenti oggi a disposizione consentono di fare self improwment, educational e networking.
Attualmente sono diversi gli elementi che concorrono a tutelare il paziente bariatrico garantendo sicurezza e qualità delle cure. In primo luogo, le Linee guida della Società italiana di chirurgia dell’obesità - emerge dal congresso - Queste ultime sono state recentemente pubblicate, con metodologia Grade e quindi con un livello di evidenza fortemente impattante, secondo i parametri dettati dal Sistema nazionale delle Linee guida dell’Istituto superiore di sanità. Le Linee guida - dettaglia la nota - definiscono uno standard di cura: costituiscono cioè la roadmap che gli specialisti dell’obesità devono seguire per garantire un’ottimale qualità della prestazione. Vengono aggiornate ad intervalli regolari e, per questo, non costituiscono una realtà “statica”. Rappresentano quindi il primo, fondamentale, punto di riferimento per lo specialista che, qualora se ne discosti, deve motivare la propria scelta.
“Attraverso le Linee guida si è potuta estendere l’indicazione alla chirurgia bariatrica alla classe I di obesità con complicanze (con indice di massa corporea tra 30 e 35), agli adolescenti e agli anziani senza limiti di età (valutandone ovviamente la fragilità) – afferma Maurizio De Luca, direttore del Dipartimento Chirurgico Ospedale di Rovigo - Considerando la severità della metodologia Grade, l’Ifso (International federation for the surgery of obesity and metabolic disorders) ha chiesto a Sicob la pubblicazione in inglese delle stesse su una rivista internazionale ai fini di acquisire il processo metodologico per esprimere talune raccomandazioni”.
Altro strumento importante è il Percorso diagnostico terapeutico assistenziale (Pdta). Si tratta di flow chart - fanno sapere dalla Sicob - che disegna il percorso che le aziende sanitarie pubbliche e private devono garantire al paziente nel trattamento dell’obesità nel momento in cui questo entra in contatto con il Sistema Sanitario o attraverso il medico di base, o attraverso lo specialista o mediante una struttura sanitaria.
Il sistema attuale prevede poi le Reti clinico-assistenziali, che mettono in relazione professionisti, strutture e servizi che erogano interventi sanitari. Le Regioni che se ne sono dotate - riferisce la nota - inviano alle strutture sanitarie questionari per valutare il possesso di requisiti in termini organizzativo-strutturali, di personale e in relazione alle attrezzature a disposizione e decidono se la struttura può erogare la prestazione medica. Vengono così individuati centri di primo livello o hub e centri di secondo livello o spoke. I primi possono prendere in carico i casi più complessi, i secondi quelli con un minor grado di complessità.
"La medicina moderna è di necessità interdisciplinare, a garanzia di un'adeguata presa in carico del paziente e dei suoi bisogni di cura – sottolinea Mirto Foletto, direttore Uosd Chirurgia bariatrica presso l’Azienda ospedaliera Università di Padova – Per essere efficace, la presa in carico deve avvalersi delle varie competenze disponibili nel territorio. Questo implica che le strutture sanitarie che insistono su questo territorio siano collegate tra di loro all'interno di una Rete assistenziale che consenta un utilizzo razionale di risorse sempre più scarse e l'erogazione di prestazioni di livello adeguato. Per garantire un'adeguata integrazione tra le varie strutture e tra i professionisti della Rete – continua il professore – è necessario sviluppare un linguaggio comune e condiviso da declinare in un percorso clinico-assistenziale (Pdta) definito, che assegna le tappe per il paziente e le competenze per i vari professionisti della salute, con innegabili vantaggi dal punto di vista della qualità percepita e della valorizzazione professionale".
Ad oggi solo 2 regioni si sono dotate di reti assistenziali deliberate e riconosciute: il Veneto e la Sicilia. In questi casi - conclude la nota - le operazioni di chirurgia bariatrica possono essere effettuate solo dai centri riconosciuti al livello regionale. Anche in questo caso non si è davanti a una realtà cristallizzata, ma ogni anno viene individuato un “periodo finestra” nel quale si può fare domanda per l’accreditamento. In tutte le regioni dove non c’è una rete assistenziale la Sicob si è dotata di un sistema di accreditamento che è costituito da centri affiliati, accreditati e di eccellenza. La Sicob si è fatta carico di individuare i criteri minimi che individuano i diversi livelli di accreditamento e rilascia la qualifica di centro accreditato per svolgere la chirurgia bariatrica a seguito di verifica dei requisiti.
L’Eras Society si è fatta promotrice al livello globale di un programma di accreditamento di centri certificati che seguono il protocollo Eras (Enhanced Recovery After Surgery). Dal congresso Sicob è emersa la proposta di adattare il protocollo alle caratteristiche del Sistema sanitario italiano. Ci si propone di individuare degli items fra i quali scegliere quelli che possono essere implementati più facilmente in Italia. Il fine ultimo è quello di costruire un sistema di accreditamento gestito dalla Società sia dal punto di vista della formazione sia per quanto attiene alle procedure di verifica.
“Il nostro scopo deve essere assicurare la salute pubblica – chiosa Giuseppe Navarra, presidente Sicob - Per questo occorre innanzitutto diffondere il concetto che l’obesità non è una colpa ma una patologia cronica e che fortunatamente esistono più approcci terapeutici. La decisione sul percorso deve essere presa quindi da un team multidisciplinare, seguendo le Linee guida della Sicob, i Pdta e muovendosi all’interno di Reti Assistenziali. Tutto questo consente di aumentare il numero di pazienti trattati e di garantire un’elevata qualità e sicurezza delle cure”.
Salute e Benessere
Medicina, diagnostica per immagini sempre più centrale...
Gli interventi del radiologo Gualdi nei prossimi congressi
La frontiera della cardiologia viene applicata allo sport, e in particolare alle risposte degli atleti agli stress cardiaci. I casi drammatici e recenti di problemi cardiaci riscontrati durante le competizioni hanno riacceso il dibattito sulla salute degli sportivi e sulle potenzialità della medicina di leggere in anticipo i rischi e individuare le soluzioni. Anche di questo si parlerà il prossimo 25 ottobre a Roma con Gianfranco Gualdi, direttore scientifico del servizio di Diagnostica per immagini dell’Istituto di Medicina e scienze dello sport del Coni, terrà una relazione sulle “modificazioni che possono verificarsi negli atleti sottoposti ad attività agonistica a carico delle strutture cardiache con individuazione del sottile margine tra fisiologico e patologico al fine di accertarne l’idoneità sportiva”. L’intervento è inserito all’interno del 21.simo Congresso Romacuore 2024, organizzato da Collegio federativo di Cardiologia che avrà come tema centrale ‘il ruolo dell’imaging avanzato nelle idoneità sportive: tra fisiologia e patologia’.
Verranno invece descritte nel corso del 107.simo Congresso nazionale Siot, Società italiana di ortopedia e traumatologia, le ultime scoperte mediche sull’instabilità post-traumatica acuta e cronica della spalla nell’atleta. Nell’ambito dell’evento, previsto a Roma dal 29 e il 31 ottobre, è previsto infatti l’intervento di Gualdi che nasce dall’esperienza maturata nel settore sportivo. Partendo dalle modificazioni con coinvolgimento delle strutture anatomiche della spalla, nel suo intervento, il professore, già direttore dell’Unità operativa complessa di Radiologia d’Urgenza del Policlinico Umberto I di Roma, punterà a dimostrare le alterazioni che possono verificarsi a carico delle strutture legamentose e tendinee, oltre che a carico della cartilagine e dei capi ossei e delle strutture muscolari.
Salute e Benessere
Colecistectomia laparoscopica, al congresso Sic relazione...
L’esperto interverrà su ‘skills, prevenzione e trattamento multidisciplinare’
L’intervento chirurgico mininvasivo per l’asportazione della cistifellea è sempre più diffuso, ma non esclude possibili complicanze. Proprio quelle complicanze sono state studiate dal professor Gianfranco Gualdi, direttore scientifico del servizio di Diagnostica per immagini dell’Istituto di Medicina e scienze dello sport del Coni, che ha raccolto le sue conclusioni in una approfondita relazione dedicata alla “colecistectomia laparoscopica: skills, prevenzione e trattamento multidisciplinare” e che verrà presentata al 126.simo Congresso nazionale della Sic, Società italiana di chirurgia, che si terrà a Roma tra il 13 e il 16 ottobre. Nel suo intervento il professor Gualdi approfondirà le possibili complicanze della colecistectomia laparoscopica con immagini dimostrative delle raccolte fluide, degli ascessi e dei sanguinamenti che possono verificarsi durante o a distanza dell’intervento. Oltre a questo saranno analizzate anche le possibili resezioni delle vie biliari e le lesioni vascolari che possono complicare gli interventi.
Salute e Benessere
Schillaci, cancro al colon: casi in aumento, i segnali...
E' l secondo carcinoma più diffuso nel nostro Paese, con oltre 48mila diagnosi nel 2022
In Italia i casi di tumore al colon retto, la malattia che ha colpito Salvatore Schillaci morto oggi a 59 anni, "sono in aumento": è il secondo carcinoma più diffuso nel nostro Paese, con oltre 48mila diagnosi nel 2022 e una mortalità stimata di 21.700 decessi nel 2021 (dati Aigo), "e purtroppo l'adesione degli agli screening non è alta, mentre la prevenzione è la strada per anticipare questa malattia e proprio chi sta bene deve fare prevenzione. La tragica scomparsa di Totò Schillaci deve far capire quanto non deve essere sottovalutato questo tumore e l'importanza dei test". Così all'Adnkronos Salute Maria Di Paolo, consigliere nazionale dell'Aigo (Associazione italiana gastroenterologi ed endoscopisti digestivi ospedalieri).
"Quando c'è la comparsa di sangue nelle feci, associata ad un calo di peso, deve scattare la prima sirena d'allarme - spiega la specialista - quindi fare il test del sangue occulto nelle feci e procedere poi con la colonscopia. Quello che vediamo in ospedale, invece, è che quando si scopre il sangue nelle feci si fa passare del tempo prima di arrivare allo screening - sottolinea Di Paolo che lavora al Ao San Giovanni di Roma - Se il sangue è visibile si deve fare un'indagine di secondo livello come la colonscopia". Se invece si ha una familiarità con il tumore del colon, con adenomi o polipi, "la colonscopia va anticipata ai 40 anni e se c'è un parente di primo grado con la malattia scoperta da giovane si deve anticipare la prevenzione", rimarca la gastroenterologa.
"La grande forza dello screening - conclude - è poter interrompere il passaggio dalla lesione con potenzialità cancerogene allo sviluppo del tumore. Se si anticipa questo passaggio, si può intervenire e rimuovere il tumore con una sopravvivenza molto alta. Una lesione ci mette 7-10 anni a sviluppare un tumore, il nostro obiettivo come specialisti è di non fare arrivare questi pazienti all'oncologo".