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Israele-Hamas, si lavora per estendere tregua: pronta lista...

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Israele-Hamas, si lavora per estendere tregua: pronta lista ostaggi da liberare oggi

Pronta lista nuovi ostaggi da liberare. Si lavora per estendere tregua ma Israele non sarebbe disposto ad andare oltre domenica 3 dicembre. Scontri a Jenin. Hamas rilascerà 2 ostaggi russi: "Gesto apprezzamento per posizione Putin"

Israele-Hamas, media:

Mentre la tregua prolungata tra Israele e Hamas entra nel suo sesto e potenzialmente ultimo giorno oggi mercoledì 29 novembre, sono in corso sforzi diplomatici per prolungarla. Intanto l'ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato di aver ricevuto una lista con i nomi degli israeliani rapiti che Hamas dovrebbe rilasciare nel corso della giornata, il sesto gruppo di ostaggi ad essere liberato nell'ambito della tregua.

Secondo i termini dell'accordo, il cessate il fuoco potrebbe essere esteso di altri giorni - fino a un totale di 10 giorni, compresi i primi quattro - se Hamas rilascerà almeno altri 10 ostaggi al giorno, mentre Israele libererà altri detenuti della sicurezza in un rapporto di tre prigionieri per ogni ostaggio.

 Israele però non sarebbe comunque disposto a estendere il cessate il fuoco oltre domenica 3 dicembre ha scritto ieri Haaretz, citando fonti in Qatar, dove sono in corso colloqui tra il capo del Mossad David Barnea, il capo della Cia William Burns e il primo ministro del Qatar sull'ampliamento del numero di ostaggi israeliani idonei per il rilascio una volta completato l'attuale accordo e sulla possibilità di una tregua più lunga tra Israele e Hamas.

Blinken: "Faremo possibile per estendere tregua"

"Faremo il possibile per estendere la tregua a Gaza", in modo da permettere che gli ostaggi vengano liberati e gli aiuti umanitari arrivino alla popolazione della Striscia. All stesso tempo "dobbiamo essere sicuri che il 7 ottobre non accada mai più", ha detto il segretario di Stato americano Antony Blinken al termine della ministeriale Nato a Bruxelles. Fin da quando si è insediata, l'amministrazione Biden è stata a favore di una soluzione di pace con due stati, ma si tratta di un processo da portare avanti, ha detto Blinken rispondendo alle domande dei giornalisti. Ora bisogna occuparsi anche "del giorno dopo" a Gaza, della "governance, la sicurezza e la ricostruzione" dopo il conflitto. E poi del giorno "ancora dopo", con una pace globale e durevole.

Qatar: "Molto ottimisti su proroga tregua"

Il Qatar è "molto ottimista" sulle possibilità che venga annunciata nelle prossime ore una proroga della tregua tra Israele e Hamas, dopo l'atteso rilascio di un sesto gruppo di ostaggi. Lo ha detto alla Cnn un portavoce del ministero degli Esteri, confermando negoziati in corso. "Speriamo che nell'arco di poche ore avremo il rilascio dell'ultimo gruppo (di ostaggi) e anche che riusciremo ad annunciare una proroga - ha detto alla rete americana il portavoce Majed Al-Ansari - Siamo molto ottimisti sul fatto che oggi avremo buone notizie da condividere".

Secondo Al-Ansari, che ha riferito di negoziati in un "clima positivo" anche se "parliamo di una zona di guerra con molte complicazioni sul campo", un'eventuale proroga sarebbe con gli stessi criteri dei precedenti accordi. Il portavoce ha aggiunto che la questione del rilascio degli uomini adulti e dei soldati delle Idf in ostaggio è oggetto delle trattative e che potrebbero essere rilasciati nel prossimo futuro.

"Abbiamo dato priorità a coloro che tra gli ostaggi sono più a rischio, ovvero donne e bambini - ha aggiunto - Andiamo verso il rilascio di civili di sesso maschile e poi verso colloqui più lunghi riguardo i soldati".

"Morti 3 ostaggi in precedenti raid di Israele"

Ma secondo quanto reso noto dalle Brigate Ezzedin al-Qassam, braccio armato di Hamas, in comunicato, 3 ostaggi israeliani sono morti in un precedente raid israeliano sulla Striscia di Gaza.

Secondo i media palestinesi i tre israeliani morti sarebbero il neonato di 10 mesi Kfir Bibas, suo fratello di 4 anni, Ariel, e la madre dei due, Shiri Silverman Bibas. Lo riportano i media palestinesi, citando un comunicato delle Brigate Ezzedin al-Qassam, il braccio armato di Hamas. "Non sappiamo se siano ancora vivi o feriti", aveva dichiarato un cugino di Shiri Bibas, Yossi Schneider, in un'intervista rilasciata all'emittente Kan prima della diffusione delle voci sulla loro morte.

Ancora 161 ostaggi a Gaza, tra loro 4 minori e 15 stranieri

Israele ritiene ci siano ancora almeno 161 ostaggi nelle mani di Hamas e delle altre fazioni palestinesi nella Striscia di Gaza. Lo riporta la Cnn, citando i dati forniti dall'ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu. Tra i 161 ostaggi, si contano 146 israeliani (alcuni con doppia cittadinanza) e 15 stranieri. Quattro sono minori, quattro hanno 18-19 anni e 10 hanno più di 75 anni.

Finora, invece, sono stati rilasciati 86 ostaggi, 66 dei quali israeliani. Sessanta israeliani (alcuni con doppia cittadinanza) sono stati liberati nel quadro dell'accordo on Hamas insieme a 20 sono stranieri. Inoltre sono stati rilasciati quattro donne un cittadino russo-israeliano al di fuori dell'accordo con Israele, mentre una soldatessa è stata tratta in salvo dalle Idf.

L'esercito israeliano ha confermato che la famiglia Bibas è stata rapita dal kibbutz Nir Oz durante l'attacco di Hamas del 7 ottobre.

Scontro in Cisgiordania

Il Ministero della Sanità palestinese ha reso noto che due bambini palestinesi sono stati uccisi da colpi di arma da fuoco israeliani a Jenin, in Cisgiordania. Fonti locali hanno riferito all'agenzia di stampa palestinese Wafa che le forze israeliane hanno costretto i residenti del quartiere di Damj a lasciare le loro abitazioni sotto la minaccia delle armi dopo aver distrutto case e strade nel quartiere. L'agenzia di stampa aggiunge che l'esercito ha anche bombardato una casa con un drone e che le forze israeliane hanno fermato uno dei feriti da un'ambulanza, mentre veniva trasportato in ospedale.

L'asssociazione dei Prigionieri Palestinesi (Pps) e l'Autorità per gli Affari dei Prigionieri affermano che le forze israeliane hanno arrestato 35 palestinesi in Cisgiordania nelle ultime 24 ore, compreso un bambino di 12 anni. Il numero totale delle persone arrestate dal 7 ottobre è ora superiore a 3.325, si legge in un post sulla pagina Facebook del Pps.

Erdogan: "Netanyahu passerà alla storia come il macellaio di Gaza"

Con quasi 15mila palestinesi morti nella Striscia di Gaza, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, "ha commesso una delle più grandi atrocità del secolo e passerà alla storia come il macellaio di Gaza". Lo ha dichiarato il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, intervendo a una riunione del suo partito, l'Akp. Il leader turco, riporta l'agenzia Anadolu, ha anche annunciato che oggi salperà verso Gaza una seconda nave turca con un carico di 1.500 tonnellate di aiuti umanitari. La Turchia, ghaa ggiunto, "intensificherà gli sforzi diplomatici per il rilascio degli ostaggi" e per un "cessate il fuoco permanente a Gaza". Parola di Recep Tayyip Erdogan.

Oms: "A Gaza si rischiano più morti per malattie che per bombe"

Il direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus, teme il rischio di epidemie a Gaza, dove "1,3 milioni di persone vivono attualmente in rifugi". "Alla luce delle condizioni di vita e della mancanza di assistenza sanitaria, le malattie potrebbero fare più vittime dei bombardamenti", ha avvertito in un post su X in cui chiede un "cessate il fuoco duraturo" a partire da "adesso" perché "per i civili è questione di vita o di morte". "Il sovraffollamento e la mancanza di generi alimentari, acqua, servizi igienico-sanitari di base, gestione dei rifiuti e accesso ai medicinali stanno portando a un numero elevato di casi di infezioni respiratorie acute (111.000), scabbia (12.000), pidocchi (11.000)", ha messo in guardia, elencando una serie di criticità dal punto di vista sanitario e avvertendo per "un aumento del rischio di epidemie".

Tregua Israele-Hamas

L'accordo tra Israele e Hamas è stato esteso lunedì per altri due giorni. Ora Hamas sta "cercando di estendere la tregua", ha dichiarato un membro dell'ufficio politico del gruppo militante si legge sulla Cnn. Ghazi Hamad ha detto che Hamas sta usando tutte le carte che ha nei negoziati. Hamas ha rilasciato ieri altri 12 ostaggi - 10 israeliani e due cittadini thailandesi, secondo quanto riferito dalle Forze di Difesa israeliane e dall'ufficio del primo ministro israeliano. Non sono stati rilasciati americani, anche se la Casa Bianca aveva detto in precedenza che si prevedeva la liberazione di due donne. La Casa Bianca ha dichiarato di sperare che alcuni americani possano essere rilasciati oggi.

I 12 sono stati trasferiti dalla Croce rossa in Egitto, attraverso il valico di Rafah. Quindi, hanno fatto rientro in patria e hanno incontrato i familiari in diversi ospedali. Con la loro liberazione sale a 85 (61 i civili israeliani) il numero degli ostaggi rilasciati negli ultimi cinque giorni nell'ambito dell'accordo tra Hamas e Israele. Gli ostaggi israeliani liberati nelle ultime ore sono Gabriela Leimberg (59 anni) Mia Leimberg (17 anni) Clara Marman (63 anni) Tamar Metzger (78 anni) Ditza Hayman (84 anni) Norlin Babdila (60 anni) Ada Sagi (75 anni) Ophelia Edith Roitman (77 anni) Rimon Kirsht (36 anni) e Merav Tal (53 anni).

Hamas rilascerà 2 ostaggi russi: "Gesto apprezzamento per posizione Putin"

Un dirigente di Hamas, Moussa Abu Marzouk, ha annunciato che l'organizzazione palestinese rilascerà due ostaggi russi come gesto di "apprezzamento" per la posizione adottata dal presidente Vladimir Putin sulla guerra a Gaza. Lo riporta l'emittente israeliana Kan, senza precisare se i due ostaggi abbiano anche cittadinanza israeliana. La liberazione dei due russi si aggiunge ai 10 israeliani che dovrebbero essere rilasciati più tardi nel corso della giornata.

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Chi era Henry Kissinger, tessitore della politica estera...

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Prima sul proscenio dell'amministrazione e poi dietro le quinte, ha lavorato fino all'ultimo tra premi Nobel contestati ed accuse di aver appoggiato dittatori e guerre in tutto il mondo

Henry Kissinger - (Afp)

Aveva compiuto 100 anni lo scorso 27 maggio, Henry Kissinger, il Grande Vecchio della politica estera americana che per oltre mezzo secolo, prima sul proscenio dell'amministrazione e poi dietro le quinte, ha lavorato fino all'ultimo, ha orientato tra luci ed ombre, tra premi Nobel contestati ed accuse di aver appoggiato, con l'esercizio spregiudicato della sua realpolitik, dittatori e guerre in tutto il mondo.

Kissinger, che ancora lavorava 15 ore al giorno del suo studio, aveva recentemente rivendicato di conservare un ruolo a livello globale in un'intervista con Cbsnews. Dopo aver spiegato che "ci sono buone probabilità" che Xi Jinping e Vladimir Putin avessero preso una sua chiamata, alla domanda se sarebbe stato pronto, dietro la richiesta di un presidente, "a volare a Mosca per parlare con Putin", rispose: "sarei propenso a farlo, ma lo farei come consigliere non come persona attiva".

E riguardo poi allo scenario ucraino, il grande tessitore dei rapporti con Pechino aveva le idee chiare: "Ora che la Cina è entrata nei negoziati, ne verremo a capo, penso entro la fine dell'anno - disse sempre nell'intervista - parleremo di un processo negoziale e persino di veri e propri negoziati".

Non erano mancati poi nell'intervista i riferimenti alla politica interna americana con il centenario Kissinger che si era mostrato scettico su un possibile, nuovo, duello per la Casa Bianca tra l'80enne Joe Biden e il 76enne Donald Trump. "Ci vuole una certa capacità, a livello fisico. Ci sono alcuni vantaggi nella maturità, ma pericoli nella stanchezza ed una limitata capacità di lavorare", spiegò Kissinger che, segretario di Stato tra il 1969 e il 1977, prima al fianco di Richard Nixon e poi di Gerald Ford, fu invitato alla Casa Bianca da tutti i presidenti degli ultimi 50 anni tranne che da Biden.

Il rapporto con Trump

Con Donald Trump lo statista repubblicano ebbe un rapporto particolare, svolgendo un ruolo di consigliere ombra del tycoon, che incontrò diverse volte prima e dopo la sua vittoria elettorale, tessendo poi le lodi della sua politica estera. "Il presidente Trump unisce un grande spirito decisionale ad una personalità vibrante: è un fenomeno unico nella politica estera americana", diceva sempre al Post Kissinger che del resto apprezzava anche Barack Obama per "l'alto livello della sua intelligenza".

Giudizi che confermano come in questi anni, nonostante l'età avanzata, Kissinger abbia continuato ad essere non solo un osservatore attento delle vicende globali, ma continuava a partecipare al dibattito, a dare la linea con interventi e consigli diretti ai leader.

Come quando nell'aprile del 2020, con il mondo paralizzato per il Covid 19, esortava, dalle colonne del Wall Street Journal, Trump e gli altri leader mondiali a combattere insieme contro la "ferocia" del virus, lanciando l'allarme sul rischio che la pandemia potesse "cambiare per sempre l'ordine mondiale".

Posizione sull'Ucraina

Ma l'esempio di questo ruolo sono le posizioni, anche controverse, che negli ultimi anni ha avuto sull'Ucraina. Provocarono un'alzata di scudi a Kiev le dichiarazioni che a maggio dello scorso anno, quando la guerra infuriava da due mesi e la Russia sembrava ancora avere l'iniziativa, Kissinger fece sulla necessità di avviare "negoziati di pace entro i prossimi due mesi prima che si creino tensioni che non si potranno superare facilmente".

Di fatto l'ex segretario di stato consigliava di "tornare allo status quo ante" in Crimea e Ucraina orientale, suggerendo quindi a Kiev una cessione di territori in cambio di pace. D'altra parte già nel 2016, Kissinger - descritto come uno dei pochi americani che ha avuto contatti frequenti con Vladimir Putin - aveva presentato, secondo quanto rivelato allora dalla stampa, all'allora candidato Trump un piano per l'Ucraina che comprendeva l'accettazione dell'annessione russa della Crimea del 2014, con la sospensione delle sanzioni in cambio di un ritiro delle truppe russe dal Donbass.

Un piano in linea con la posizione che aveva assunto pubblicamente sulla neutralità che l'Ucraina avrebbe dovuto adottare tra Russia ed Occidente "se vuole sopravvivere e prosperare", esprimendo quindi contrarietà all'idea di un suo ingresso nella Nato. Su questo però Kissinger ha recentemente cambiato idea, come lui stesso annunciò sempre a Davos, lo scorso gennaio, ritenendo che dopo l'invasione russa è diventato "appropriato" l'ingresso di Kiev nell'Alleanza.

"Prima di questa guerra io temevo che da questo ingresso potesse iniziare esattamente il processo a cui noi stiamo assistendo, ma ora l'idea di un'Ucraina neutrale in queste condizioni non ha più senso", disse, dimostrando ancora una volta l'adesione ai principi della realpolitik. Parole sicuramente gradite a Kiev, che invece a maggio dello scorso anno aveva tuonato contro Kissinger, con Volodymyr Zelensky che l'aveva descritto come una voce che "emerge da un profondo passato", con un calendario che "non è del 2022 ma del 1938", accusandolo di pensare di "parlare non a Davos ma a Monaco di Baviera".

Origini e vita

Parole che sembravano fare riferimento, in modo indelicato, alla storia stesso del centenario statista di origini ebraiche, nato il 27 maggio 1923 a Furth in Germania da dove nel 1938 fuggì con la famiglia per sfuggire alla persecuzione dei nazisti. La famiglia Kissinger si stabilì a New York dove Henry frequentò prima il liceo e poi i corsi universitari serali, lavorando la mattina come operaio.

Nel 1943 venne arruolato nell'esercito e durante l'addestramento Kissinger, che intanto era diventato cittadino americano, venne notato per la sua conoscenza del tedesco e per la sua intelligenza ed assegnato alla sezione controspionaggio dell'intelligence militare. "Tutte le persone in gamba hanno iniziato con l'intelligence, anche io", disse Kissinger ad un giovane, ed ancora poco conosciuto Vladimir Putin, che, incontrato il leggendario ex segretario di Stato, si presentò spiegando di aver lavorato del Kgb.

Finita la guerra, Kissinger - che come tutti ricordano non ha mai perso un particolare accento tedesco - tornò agli studi, laureandosi nel 1950 a Harvard in scienze politiche e poi, nel 1954 prese il dottorato, sempre nell'ateneo dell'Ivy League, con una dissertazione sul Congresso di Vienna dal titolo "Pace, legittimità ed equilibrio".

Rimasto come docente ad Harvard, Kissinger iniziò a lavorare come consulente di diverse istituzioni, compreso il dipartimento di Stato, e centri di ricerca e think tank. Il primo impegno politico arriva nel 1960 quando diventa consigliere di politica estera della campagna presidenziale di Nelson Rockfeller con il quale continuerà a lavorare anche per le presidenziali del 1964 e del 1968. Fu proprio durante queste ultime primarie che avvenne il suo primo incontro con Richard Nixon che Kissinger all'inizio definì, forse con una certa lungimiranza, "l'uomo più pericoloso da candidare alla presidenza".

Ma una volta che Nixon vinse la nomination, fu lo stesso Kissinger a contattare la sua campagna per offrire il suo aiuto e così, dopo la vittoria a novembre, divenne prima consigliere per la Sicurezza Nazionale e poi segretario di Stato. Carica che mantenne anche dopo che, nell'agosto del 1974, Nixon fu costretto, per evitare l'impeachment per lo scandalo Watergate, a dimettersi, lasciando la Casa Bianca a Gerald Ford, fino ad allora suo vice presidente.

Kissinger ha giocato un ruolo dominante nella politica estera Usa dal 1969 al 1977, ispirandosi ai principi della Realpolitik e della distensione che portarono ad una riduzione delle tensioni con l'allora Unione Sovietica ed alla firma nel 1972 del Salt (Strategic Arms Limitation Talks, Trattato per la limitazione degli armamenti strategici) e dell'Abm (Trattato Anti Missili Balistici).

Kissinger lavora anche sul fronte di un 'nemico comunista': la Cina dove nel luglio 1971 compie una missione segreta sospendendo, con la scusa di un malore, il programma di una visita in Pakistan, ma in realtà spostandosi a Pechino per 48 ore di colloqui con il premier cinese Zhou Enlai. Era la famosa "Operazione Marco Polo", che permise preparare il terreno allo storico viaggio che, sette mesi dopo, Nixon fece in Cina per riaprire i rapporti diplomatici tra Stati Uniti e Cina.

Rapporti privilegiati con Pechino che fino all'ultimo Kissinger ebbe fino all'ultimo, come dimostra l'incontro avuto lo scorso luglio nella residenza Diaoyutai, nella capitale cinese, con Xi Jinping. Un incontro che si tenne all'indomani della conclusione della missione nel gigante asiatico dell'inviato Usa per il clima, John Kerry, che non incontrò Xi. Durante la sua visita in Cina, l'ex segretario di Stato vide anche il capo della diplomazia Wang Yi e il ministro della Difesa Li Shangfu, sotto sanzioni americane.

Intanto gli Stati Uniti continuano ad essere nel "pantano" della guerra del Vietnam, e anche su questo fronte Kissinger avvia trattive segrete che portarono agli accordi di Parigi per un cessate il fuoco, il ritiro delle forze militari americani e la riunificazione pacifica del Vietnam. Per questo accordo, a Kissinger viene conferito quell'anno il premio Nobel della pace insieme al nordvietnamita Le Duc Tho che rifiutò il premio perché lo scontro tra il Nord e il Sud continuava a dilaniare la sua terra.

Due membri del comitato del Nobel si dimisero per protesta contro la decisione di premiare Kissinger ed in tutto il mondo venne, e viene ancora criticata, la scelta di conferire il riconoscimento per la pace al maestro della 'realpolitik'. Soprattutto da parte di chi ricordava e ricorda il ruolo che Kissinger ha avuto su un altro fronte caldo della politica estera americana, quella del cosiddetto "back yard", il cortile di casa, l'America Latina dove Washington ha appoggiato golpe e giunte militari sanguinarie.

A partire da quello con cui, l'11 settembre proprio dell'anno in cui Kissinger vinceva il Nobel, il generale Augusto Pinochet rovesciò il governo democraticamente eletto del socialista Salvador Allende. In molti sostengono che Kissinger abbia avuto pesanti responsabilità nel sostenere Pinochet ed abbia avuto un ruolo nella triste stagione delle dittature latino-americane. In particolare nel cosiddetto Plan Condor, un'operazione a cui partecipavano le giunte militari di Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Paraguay e Uruguay per sopprimere i dissidenti all'interno dei loro Paesi ed all'estero.

Nel 2001 il famoso giornalista Christopher Hitchens ha pubblicato il libro 'The trial of Henry Kissinger', in cui accusa l'ex segretario di Stato di "crimini di guerra, contro l'umanità, violazioni delle leggi internazionali", facendo un lungo elenco di crimini in Vietnam, Bangladesh, Cipro e Timor est, bollando il diplomatico come "un fantastico bugiardo con una memoria prodigiosa".

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Esteri

Ucraina, Nato ribadisce sostegno: “Imporsi come...

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Blinken promette impegno per aiuti durevoli. Ma Stoltenberg avverte: "Prepariamoci, lotta sarà lunga e dura. Kuleba: "Continuiamo a combattere, nulla ci fermerà"

Militari ucraini - (Fotogramma)

La Nato ribadisce, quasi due anni dopo l'inizio dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, l'impegno a sostenere Kiev nella difesa contro Mosca, ma la narrativa inizia a cambiare, adattandosi all'evolversi della situazione lungo il fronte nell'est del Paese, lungo 1.200 km. Tutti gli alleati riuniti a Bruxelles per la ministeriale Esteri, ha spiegato il segretario di Stato Usa Antony Blinken, "hanno espresso un forte impegno ad un sostegno durevole dell'Ucraina" di fronte all'invasione russa. Kiev, ha aggiunto il segretario generale Jens Stoltenberg, "è più vicina alla Nato che mai. Continueremo a sostenerli nel percorso verso l’adesione. E continueremo a sostenere la loro lotta per la libertà".

Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, venuto a Bruxelles per partecipare al Consiglio Nato-Ucraina, ha notato che oramai l'esercito del suo Paese è praticamente un'armata Nato, dati i progressi fatti nella transizione verso gli standard atlantici (Stoltenberg ha detto che Kiev beneficerà di un programma di sostegno pluriennale dedicato). Il socialdemocratico norvegese, che sintetizza la linea politica dell'Alleanza, ha inserito una considerazione nuova nel suo discorso sull'Ucraina: ha notato che Kiev ha "liberato il 50%" del territorio invaso dai russi e che ha "prevalso come nazione indipendente, libera e sovrana", cosa che costituisce già "una grande vittoria". A cosa porterà questa considerazione apparsa nella narrazione della Nato, ripetuta per tre volte dal segretario generale, è presto per dirlo e dipenderà probabilmente dall'evoluzione della situazione sul campo di battaglia.

Stoltenberg ha poi ammesso, in pratica, che la guerra tra Ucraina e Russia è arrivata ad una situazione di stallo, cosa che Kuleba ha recisamente negato: "Non c'è nessuno stallo", ha detto il ministro. Per il politico scandinavo, invece, non si sono osservati "cambiamenti significativi in prima linea negli ultimi mesi", anche se "sono in corso intensi combattimenti" e i progressi militari si possono misurare "in modi diversi", non solo in "chilometri quadrati" conquistati. Conta anche "il fatto che siano stati in grado di effettuare attacchi profondi, distruggendo le principali capacità russe, inclusi aerei da combattimento, bombardieri pesanti ed elicotteri", ha detto.

Andrebbe anche considerato il fatto, ha aggiunto Stoltenberg, che gli ucraini "sono stati in grado, senza una vera Marina, di respingere la flotta russa del Mar Nero fino a Novorossijsk, di modo che ora possono trasportare grano sulle navi da Odessa, attraverso il Mar Nero". Una fonte Nato conferma che "sul fronte la situazione è diventata relativamente statica, a mano a mano che ci avviciniamo all'inverno". Entrambe le parti, russi e ucraini, "incontrano difese trincerate" e "faticano a mettere insieme forze d'urto in grado di fare progressi decisivi".

Il fatto è che i russi hanno rafforzato le loro linee difensive, minando il terreno, a volte per una profondità di "decine di km". Questo tipo di guerra, spesso paragonata al macello della Prima Guerra Mondiale, comporta perdite umane molto elevate. E' una descrizione che fa il paio con quella del comandante in capo delle forze armate ucraine, Valery Zaluzhny, che all'Economist all'inizio di questo mese ha dichiarato che la guerra è arrivata ad una situazione di stallo, cosa che il presidente Volodymyr Zelensky ha recisamente negato. Per la fonte Nato, entrambi hanno ragione, dato che partono da punti di vista diversi: il primo militare, il secondo politico. Stoltenberg, che fin dall'inizio della guerra in Ucraina aveva ricordato che la Russia è una "formidabile potenza militare", ha ribadito che Mosca non va "sottovalutata", dato che l'economia russa "è sul piede di guerra" e produce per sostenere lo sforzo bellico.

Inoltre, ha sottolineato, il presidente Vladimir Putin ha "un'alta tolleranza per le vittime". Il trattamento riservato dai comandi alle truppe russe spedite al fronte, osserva l'alto funzionario Nato, è "orribile". Spesso soldati poco addestrati "vengono spediti verso la morte". Gli obiettivi di Mosca nel Paese invaso, ha avvertito Stoltenberg, "non sono cambiati". E il nemico dell'Ucraina "ha accumulato una grande riserva missilistica prima dell'inverno", che probabilmente userà "per colpire la rete elettrica e le infrastrutture energetiche" del Paese, con l'obiettivo di lasciare la popolazione "al buio e al freddo", durante il rigido inverno ucraino. Il ministro Kuleba, per nulla intimorito dai russi, è arrivato a Bruxelles con un messaggio chiarissimo: "Dobbiamo continuare a combattere - ha scandito - l'Ucraina non arretra". L'obiettivo di Kiev, "invariato", è ripristinare "l'integrità territoriale all'interno dei confini internazionalmente riconosciuti del 1991. E niente ci fermerà", ha avvertito.

Stoltenberg ha ribadito che la Nato continuerà ad aiutare militarmente l'Ucraina e ha lodato Olanda, Danimarca e Norvegia per la decisione di consegnare a Kiev dei jet da combattimento F-16, ma ha anche avvertito che occorre prepararsi ad una "lotta lunga e dura", poiché "non esistono soluzioni magiche" che possano determinare, di per sé, svolte decisive sul campo di battaglia. Per la fonte Nato, le forze armate ucraine "hanno un piano e lo stanno eseguendo", ma "è davvero duro combattere contro la Russia". Ciò nondimeno, i progressi fatti dagli ucraini contro Mosca possono essere descritti solo come "humbling", dice, vale a dire tali da incutere rispetto e da indurre a ridimensionare la propria autostima.

La situazione sul terreno nei prossimi mesi, durante l'inverno, determinerà anche come la Nato, i nordamericani e gli europei, si regoleranno. Stoltenberg ha sottolineato che i compiti dell'Alleanza di fronte a questo conflitto sono essenzialmente due: sostenere l'Ucraina nella sua difesa contro l'invasore russo, ma anche evitare che la guerra subisca un'escalation, coinvolgendo la Nato. In tutto questo, l'Ue, che è un gigante economico ma ancora un nano geopolitico, si trova in difficoltà, come si è visto nella vicenda del milione di munizioni da artiglieria promesse all'Ucraina, che avrebbero dovuto essere consegnate entro la fine di marzo 2024. Obiettivo che non verrà raggiunto. Kuleba ha confermato che a Kiev sono arrivati finora circa 300mila pezzi. Per la fonte Nato, i ritardi dell'Ue su questa promessa non sono determinanti, dato che l'Ucraina si procura munizioni anche altrove.

Il ministro ucraino ha detto di non dubitare della volontà dell'Occidente, e dell'Ue, di aiutare Kiev. Il problema, ha notato, è "tecnico" e bisogna che "le persone che sanno" come funzionano le catene di produzione si dedichino alla risoluzione di questo problema, anche perché, in caso contrario, l'Europa rischia di restare "indifesa". Forse mai come in questa vicenda si è misurata la distanza tra le promesse dell'Unione, nel suo insieme, e le azioni dei suoi singoli Stati membri. Il problema, ha ammesso recentemente l'Alto Rappresentante Josep Borrell, non riguarda tanto la capacità produttiva, quanto il fatto che le imprese europee della difesa "operano sul libero mercato", con il risultato che ben il 40% della produzione delle munizioni che servirebbero agli ucraini per difendersi dai russi viene esportato verso altri Paesi. Si vedrà se l'Europa saprà dimostrare con i fatti che Angela Merkel aveva torto, nel 2015, quando osservò che, a suo giudizio, l'Occidente non aveva la volontà di vincere una guerra in Ucraina e che la Russia non era disposta a perderla.

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Attentato a Gerusalemme, uccisa una 16enne. Tregua a Gaza...

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Due terroristi hanno aperto il fuoco contro una fermata del bus e sarebbero stati uccisi in circostanze ancora da chiarire.

 - AFP

Mentre arriva la notizia che la tregua tra Israele e Hamas proseguirà per altre 24 ore a Gaza, una ragazza è morta e altre 7 persone sono rimaste ferite in un attentato a Gerusalemme. Secondo il Jerusalem Post, che cita la polizia, "due terroristi" hanno aperto il fuoco contro una fermata del bus e sarebbero stati uccisi in circostanze ancora da chiarire.

Secondo Haaretz, la ragazza uccisa aveva 16 anni, mentre solo uno dei "terroristi" è stato ucciso, con l'altro gravemente ferito. Il Times of Israel, che cita il Magen David Adom - il servizio nazionale di primo soccorso dello Stato di Israele - sostiene che la donna uccisa avesse 24 anni. Il direttore del Magen David Adom ha affermato all'emittente Kan che cinque feriti sono in condizioni gravi.

Il Qatar ha confermato che "la parte palestinese e quella israeliana" hanno raggiunto un'intesa per estendere la tregua di un ulteriore giorno. Lo ha reso noto sul social X il portavoce del ministero degli Esteri di Doha, Majed al-Ansari, dando conto dell'esito delle trattative tra Hamas e Israele.

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Dr. Henry Kissinger Dies at Age 100

NEW YORK, Nov. 30, 2023 /PRNewswire/ -- Dr. Henry Kissinger, a respected American scholar and statesman, died today at his...

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Elton John welcomes expansion of opt-out testing for HIV to...

Elton John: "HIV is not yesterday's story. It should be a priority today." LONDON, Nov. 29, 2023 /PRNewswire/ -- Elton...

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Il sottosegretario alla Giustizia sarà processato per rivelazioni del segreto d'ufficio in relazione al caso dell'anarchico. La premier difende il...

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