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Intervista esclusiva a Montserrat Alcoverro: «Di Ursula mi piace tutto»

Il pubblico di Una vita, la soap spagnola più vista e amata di canale 5, ha imparato ad apprezzarla e ad amarla nonostante la cattivissima dark lady a cui presta il volto. Parliamo dell’attrice Montserrat Alcoverro, originaria di Barcellona e interprete, da più di quattro anni, della perfida Ursula Dicenta, la temibile e arcigna istitutrice capace di macchiarsi di atroci delitti. Tra qualche mese, per i telespettatori italiani arriverà però il momento di dire addio all’iconico personaggio della soap opera iberica, dato che Montse ha deciso di tuffarsi in nuovi ed importanti progetti, proprio come ha raccontato a Sbircia la Notizia Magazine in questa intervista esclusiva.

Ciao Montse, tutta l’Italia ti conosce per il ruolo di Úrsula Dicenta in “Una Vita”. Cosa ti è piaciuto di più di questo personaggio diabolico?
Tutto, di Ursula mi piace tutto, è una creatura creata per essere goduta nella sua complessa struttura mentale. Mi piace quando mente, quando manipola, quando minaccia, quando sadicamente tortura fisicamente o psichicamente e mi piace anche quando è vulnerabile, debole, mentalmente sfidata e disorientata, con rimorsi e lacrime, con amore (a modo suo) e supplica. Mi piace!!!

Qual è la trama relativa a Ursula che ti ha colpito di più?
La trama della mia famiglia, con i flashback dei miei genitori, in quella lontana Russia, i ricordi di una giovinezza offuscata, il ricongiungimento con mia figlia Blanca e successivamente l’apparizione di Olga… tutto è stato molto emozionante e sorprendente. È stato un ottimo lavoro da parte dei creatori e sceneggiatori.

Quali sono gli attori con cui sei stato più legato?
Ovviamente con gli attori che hanno interpretato personaggi legati alla mia storia: per esempio, con la mia cara Inma Pérez Quirós (Fabiana), la nostra vecchia e perenne rivalità con un passato molto doloroso e con il mio caro Carlos Olalla (Mr. Alday), che ho sottomesso costringendolo a sposarmi…

Presto vedremo la partenza di Ursula dalla scena. È stata una tua decisione lasciare il cast?
No, è stata una decisione della società di produzione e hanno preparato una morte all’altezza di un personaggio iconico come Doña Úrsula Dicenta. Sono molto grata a loro.

Che rapporto hai con i tuoi fan? Ti aspettavi che Úrsula apprezzasse così tanto il pubblico?
Molto bene, mi sento profondamente amata e adoro i messaggi e le espressioni di affetto delle persone che mi seguono.

Come sei entrato nel cast di Acacias 38?
Ho fatto un’audizione a Barcellona. All’inizio, la mia partecipazione a “Una Vita” era di tre mesi e, infine, ho finito quattro anni e mezzo dopo. Poche settimane dopo le riprese, mi hanno chiamato dal regista per proporre continuità e condividere le loro intenzioni per dare più risalto al personaggio. Ci siamo messi subito d’accordo e sono molto grata a loro per essersi fidati così tanto di me.

Passiamo a te come attrice. Quando è nata la voglia di agire?
In realtà è stato un caso! Volevo tornare a ballare e dato che lavoravo di giorno, potevo farlo solo di notte. Nella scuola di Performing Arts dove sono andata per iscrivermi non c’erano più posti per la danza e invece c’erano posti per il teatro. Mi hanno chiesto di iscrivermi a teatro e dopo un trimestre, se ci fossero state posti nella danza, avrei potuto cambiare. Quando sono salita sul palco e ho sentito che non solo potevo comunicare con il corpo ma anche con la parola, ho deciso di restare e studiare Arte drammatica.

Ci sono stati altri personaggi, oltre a Ursula, che hanno segnato la tua carriera?
A livello televisivo, la serie che ho girato “Secretos de Shanghai” (una coproduzione di TVC e Shanghai Film Studio) è stata una sfida e un’esperienza indimenticabile. C’erano 23 capitoli in inglese e l’80% girato a Shanghai e il resto a Barcellona. In “El cor de la Ciutat”, anche il mio personaggio “Maise Sendra” è durato quattro anni e ho ricordi meravigliosi di lui e di tutta la squadra. Ma non credo che nessuno di loro sia stato così intenso e con trame così varie e vitali come in “Una Vita” e nella nostra Ursula Dicenta.

C’è un ruolo di cui ti senti più capace?
Amo rischiare e sperimentare, non escludo nulla!

Progetti futuri di cui puoi parlarci?
Ora sto vivendo la pandemia a casa e lavoro su progetti teatrali personali. Per la televisione parteciperò il mese prossimo a una nuova serie.

Cosa fa Montse Alcoverro quando può guadagnare tempo per se stessa?
Ebbene, mi piace camminare, andare a vedere il mare, cucinare per i miei ospiti, curare le mie piante, leggere e, quando possibile, andare a teatro e al cinema. Ora è tutto molto complicato, ma seguo su Internet quello che sta succedendo con la mia professione.

Come va l’amore? Sei impegnata?
Condivido la mia vita con un uomo meraviglioso.

Hai animali domestici?
No, purtroppo in un tipo di lavoro come il mio, dove si viaggia molto, non posso assumermi questa responsabilità.

Sei mai stata in Italia? Cosa ti è piaciuto di più della nostra nazione?
Ho visitato l’Italia sin dalla mia giovinezza, ricordo che le mie prime città sono state Roma, Firenze e Pisa, poi Venezia, Toscana, Napoli, Sardegna, ancora Roma… Sempre pronta a tornare!

Come hai vissuto il 2020, fortemente segnato dalla pandemia?
L’ho vissuto con stupore. Ho finito di girare “Una Vita” alla fine di ottobre e ho impiegato un po’ di tempo fino a dopo Natale per riposarmi e riprendermi. Ma già a gennaio e febbraio sono stati spostati nuovi progetti che, a marzo, con l’inizio del lockdown e dell’incertezza, si sono arrestati. È stato difficile per me trovare il mio ritmo dopo aver trascorso più di quattro anni a 300 km orari (come l’AVE che ho preso ogni settimana per andare a Madrid a lavorare), poiché la frenata è stata molto scioccante.

© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.

Giornalista e fondatore dell’agenzia Massmedia Comunicazione, è il motore dietro gran parte delle nostre interviste. Con un occhio per i dettagli e un talento nel porre le domande giuste, contribuisce significativamente al nostro contenuto.

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Interviste

Intervista esclusiva ad Alberto Rossi: «Con la paternità un...

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Alberto Rossi. Livorno. Un ragazzo con un sogno gigantesco e il coraggio di seguirlo fino in fondo. Fin da giovane, si buttava a capofitto nel mondo dello spettacolo, come chi sa che quella strada è la sua e non c’è un piano B. A soli 25 anni era già sotto i riflettori, con il debutto in “Un posto al sole” che l’ha reso un volto amato da milioni di italiani. Eppure, Alberto è un uomo che si reinventa, che esplora, che cresce.

La paternità – con Ada – ha cambiato tutto. È come se l’amore per sua figlia gli avesse aperto nuovi orizzonti, spingendolo a vedere la vita da una prospettiva più profonda, più vera. Poi c’è il mare, la vela, il tennis. La voglia di navigare, di scoprire, di confrontarsi con sé stesso. E il teatro? Sempre nel cuore, come un amore mai dimenticato. In ogni progetto, in ogni battuta, c’è una parte della sua anima. E quando parla di futuro, non è solo lavoro: è curiosità, è passione, è quella luce negli occhi di chi ha ancora tanto da dare e da scoprire.

La nostra intervista esclusiva

*Foto di Giuseppe D’Anna

Ciao Alberto, benvenuto su Sbircia la Notizia Magazine! Qui ci piace andare oltre la superficie, scavare davvero dentro la tua storia. Vogliamo parlare dei sogni, dei successi, delle paure, delle sfide che ti hanno trasformato nell’uomo e nell’artista che sei oggi. Il tuo percorso ha attraversato il cuore dello spettacolo italiano, lasciando segni indelebili. Tu sei un racconto che merita di essere ascoltato, pezzo dopo pezzo, emozione dopo emozione. Oggi siamo qui per raccontare questo viaggio insieme a te.

Dopo aver conseguito il diploma all’Accademia “Silvio d’Amico”, hai debuttato in “I ragazzi del muretto” solo due settimane dopo. C’è stato un momento in cui hai realizzato l’impatto che questo rapido inizio avrebbe avuto sulla tua carriera o tutto è accaduto così velocemente da sembrare quasi surreale?

“Surreale no, perché dentro di me, in un certo senso ci speravo e me lo aspettavo. Avevo sempre e solo voluto fare quello che stavo riuscendo a fare e si stavano materializzando tutti, non solo i miei sogni, ma anche le aspettative e i desideri.”

Il tuo primo film, “L’olio di Lorenzo”, è stato un progetto internazionale diretto da George Miller. Come ha influenzato la tua visione dell’industria cinematografica italiana ed estera iniziare la tua carriera cinematografica in un contesto così globale?

“Beh, è stata un’esperienza su un set da Formula 1… difficile trovare così tanto spiegamento di mezzi su un film italiano…”

Interpretare Michele Saviani per oltre 25 anni ti ha permesso di crescere insieme al personaggio. In che modo la tua evoluzione personale ha influenzato Michele? Ci sono aspetti del personaggio che hanno a loro volta plasmato te come individuo?

“No, nella maniera più assoluta no! Michele rimane in camerino quando ne svesto i panni.”

Nel 2006 hai diretto alcuni episodi di “Un posto al sole”. Come ha arricchito questa esperienza la tua comprensione del processo creativo? C’è qualcosa che hai scoperto sul set che ti ha sorpreso come attore-regista?

“Volevo tantissimo fare quell’esperienza. E quando finalmente ci sono riuscito, è stato un po’ come coronare un’altra conferma di ciò che sentivo di avere e di poter comunicare in altro modo e forma.”

La tua partecipazione a “Notti sul ghiaccio” ha mostrato un lato di te inedito al pubblico. Quali sfide hai affrontato nel padroneggiare il pattinaggio artistico? C’è qualche lezione che hai portato con te nel tuo lavoro attoriale?

“Mah no, era tutto un altro contesto. Anche lì era Formula 1, Milly Carlucci, Rai 1, prima serata… poi tante botte, tanti lividi, tanta fisioterapia dopo… però bellissimo, magico.”

Il tatuaggio con il nome di tua figlia Ada è un gesto d’amore visibile a tutti. Come la paternità ha influenzato il tuo approccio alla vita e alla professione? In che modo questo nuovo ruolo ha arricchito la tua espressività artistica?

“Con la paternità un uomo finalmente diventa tale. Fino a quel momento non puoi percepire in tutt’altro modo la vita. Tutto diventa entusiasmo, paura, bellezza, crescita, magia… non si può definire la paternità… poi di una figlia femmina…”

Sei appassionato di tennis e vela, sport che richiedono concentrazione e armonia con l’ambiente. Vedi delle similitudini tra queste discipline e la recitazione? Come contribuiscono al tuo equilibrio personale e professionale?

“È sport, la vela significa mare, acqua, quindi il nostro inconscio, sul quale mi piace navigare (son figlio di un ammiraglio). Il tennis è disperazione, solitudine, analisi, tostissimo ma bellissimo. Soprattutto da vedere, poi ora con Sinner e company….”

Hai avuto la fortuna di lavorare con un maestro come Pupi Avati, su progetti intensi e pieni di significato come “I cavalieri che fecero l’impresa” e “Il signor Diavolo”. Raccontaci: cosa ti è rimasto di quelle esperienze?

“Due belle esperienze con un maestro. Per scavare ancora un po’ più a fondo le mie capacità.”

Ci sono opere o personaggi che sogni di interpretare per esplorare nuove dimensioni della tua arte?

“Dopo che per più di 30 anni dai Ragazzi del Muretto ad Upas, mi piacerebbe interpretare un personaggio demoniaco, malefico, al limite dello splatter come quelli della serie Monster.”

Essendo una presenza costante in “Un posto al sole” sin dal suo inizio, hai vissuto l’evoluzione della televisione italiana. Come percepisci i cambiamenti nel modo di raccontare storie in TV e quale pensi sia il futuro delle soap opera nel panorama mediatico attuale?

“Ma il futuro siamo solo noi, siamo stati i primi e siamo ancora lì… siamo passato, presente e futuro…”

In un mondo dominato dai social media, mantieni un equilibrio tra condivisione e privacy. Come gestisci la relazione con i tuoi fan attraverso piattaforme come Instagram? Quale ruolo credi che i social abbiano nel rapporto tra attore e pubblico?

“Mi divertono, li frequento parecchio ma non ne abuso.”

Guardando al futuro, c’è un ambito artistico o un progetto inedito che vorresti esplorare, magari al di là della recitazione, come la scrittura, la produzione o una nuova forma di espressione creativa?

“Con la produzione ho dato e non credo che ripeterò l’esperienza. Mi sono scottato troppo, per il resto si vedrà….”

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Interviste

Intervista a Nadia Carbone, event manager e direttrice...

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A cura di Laura Solimene

Tra le figure professionali più ricercate e affermatesi negli ultimi anni, quella dell’EVENT MANAGER ricopre sicuramente un ruolo fondamentale nel settore degli eventi ancorché, probabilmente, non tutti ne conoscano ancora le numerose e svariate sfaccettature. Cominciamo col dire che un Evento, al contrario di quanto molti pensano, non è solamente un momento di svago, ma fa parte di una vera e propria strategia di marketing aziendale volta ad aumentare la consapevolezza del brand e persino ad acquisire potenziali clienti.

Un evento ben pensato, ben organizzato e ben strutturato, infatti, porterà alla realizzazione di una grande varietà di benefici: a partire dalla creazione di valori fino alla generazione di profitti e nuovi flussi. Uno strumento complesso e articolato che però richiede un’organizzata pianificazione, gestione e coordinamento di competenze diverse, oltre a tanta creatività.

Ecco perché è fondamentale per un’azienda non improvvisare ma affidarsi a professionisti del settore: un event manager è infatti la scelta vincente per tutte quelle società e realtà che desiderano ottenere il massimo da un evento, senza che alcun dettaglio sia trascurato. Ma in cosa consiste esattamente l’event planning e soprattutto cosa fa in pratica un bravo event manager? Per saperne di più ed approfondire l’argomento, abbiamo raggiunto e intervistato la pugliese NADIA CARBONE, fondatrice e direttrice artistica del GENERATION FILM FEST, e con all’attivo oltre 10 anni di esperienza nel settore EVENTI, per farci raccontare i retroscena di una figura professionale che spesso opera dietro le quinte.

Benvenuta, Nadia. Da quanti anni lavori nel settore degli eventi e quando hai capito che avresti potuto fare della tua passione un lavoro?

“La mia è un’esperienza che dura da oltre 10 anni. Nel 2012, durante il Premio Noto all’eccellenza del M° Adriano Pintaldi, io ero l’inviata per un’emittente televisiva locale e fu lo stesso Pintaldi a chiedere al direttore del canale televisivo di farmi presentare le serate sul palco. In seguito mi riconfermò nelle successive edizioni 2013/2014, permettendomi di affiancarlo anche nell’organizzazione e dandomi la possibilità di dialogare e premiare grandi icone del cinema italiano come Giancarlo Giannini, Lina Wertmuller, Pupi Avati ed Enrico Vanzina. Ho capito, fin da subito, che quell’esperienza sarebbe stata solo l’inizio di un cambiamento nel mio percorso artistico!”

Ritieni che, oggi, ci si possa ancora improvvisare “organizzatore di eventi”?

“In generale, credo che nessuno possa svegliarsi al mattino e decidere di svolgere un lavoro senza avere la giusta preparazione o esperienza. Premesso ciò, mi dispiace dire che invece, purtroppo, nel mio settore, è all’ordine del giorno improvvisare! Sono tutti organizzatori, registi, attori, scrittori…”

Sei giovane, tuttavia hai già numerosi eventi (di successo) nel tuo bagaglio professionale…

“Esatto! Il primo grande evento nel quale decisi di mettermi in gioco ‘autonomamente’ fu il Gran Galà della Cultura, nel 2014, senza dubbio un duro banco di prova. In quel periodo studiavo anche ideazione, organizzazione di eventi e show televisivi con il Dir. Rai Carlo Orichuia, grazie al quale – e in aggiunta agli insegnamenti del M° Pintaldi, – compresi tutto ciò che un libro o degli appunti possono solo fare immaginare. Si trattava di un lavoro commissionato dall’Archeoclub -Oria, una grande soddisfazione per me portare a termine due edizioni con ospiti del calibro di Lino Capolicchio, Sandra Milo, Monica Setta, Maurizio Casagrande, Sebastiano Somma e molti altri… Negli anni successivi ho poi spaziato con svariati generi di manifestazioni: musicali, sociali ed editoriali, spesso subentrando come produttrice oltre che a curarne la direzione artistica.”

In quale tipologia di eventi ritieni di essere più specializzata o di annoverare più esperienza?

“Sicuramente in quelli culturali, inerenti all’arte, alla letteratura e al cinema in particolar modo, in quanto mi permettono di dare spazio e voce anche al mio lato artistico. Il mio ruolo, naturalmente, muta in base al genere di manifestazione e alla tipologia di cliente, è chiaro che occorre un’organizzazione e un iter burocratico differente per ciascun singolo settore. Ad ogni modo, che si tratti di un evento sociale, politico o relativo allo spettacolo, il focus è portare a casa l’obiettivo che ci si prefigge.”

Quali sono le maggiori difficoltà incontrate nel tuo percorso come direttrice artistica?

“L’essere giovane e, al contempo, donna. Sai, a volte mi sono ritrovata a far fronte a situazioni imbarazzanti. Quando mi ritrovo davanti a clienti o fornitori, o anche collaboratori, non è raro sentirmi dire: ‘Ah, ma sei giovanissima!’ oppure ‘Una donna, complimenti!’ o ancora ‘Per chi lavori?’. E quando rispondo: ‘In realtà sono io che ti pago!’, spesso leggo nei volti altrui diffidenza o anche solo stupore. Purtroppo, soprattutto al sud, esiste ancora quel sottile maschilismo, figlio dell’ignoranza e del patriarcato. Tuttavia, non mi sono mai lasciata intimorire o scoraggiare e, oggi, posso dire a testa alta di essere l’artefice di tutto ciò che ho creato. E non è poco!”

Ci spieghi perché è così importante che un’azienda scelga di puntare sugli eventi per promuovere il proprio brand?

“Gli eventi, da sempre, sono una cassa di risonanza per le aziende, ecco perché è fondamentale curarne tutti i dettagli: dalla promozione al valore sociale. Sponsorizzare un evento, inoltre, è un’opportunità per i brand di ampliare la visibilità e rafforzare la propria immagine utilizzando il contatto diretto con il pubblico. È una strategia che, se ben studiata, può portare benefici duraturi come quello di instaurare partnership di lungo termine e aumentare il fatturato.”

Quali doti indispensabili dovrebbe avere un bravo organizzatore di eventi?

“Sicuramente la pazienza, la tenacia e la capacità di problem-solving. Inoltre è importante creare un ambiente di lavoro sereno e propositivo, chi svolge la mia professione ha il dovere di motivare e rispettare qualsiasi ruolo all’interno dello staff: si potrà pur essere il motore di una grossa cilindrata, ma senza gli altri pezzi non si corre da nessuna parte! Personalmente, nel team, sono una che preferisce ‘agire’, dando il buon esempio, piuttosto che impartire ordini.”

Tra tutti gli eventi da te organizzati, qual è quello che ti rende più fiera?

“Senza ombra di dubbio il GENERATION FILM FEST, il mio brand, e sottolineo ‘MIO’. Ho ideato questo format cercando di riportare tutto il mio bagaglio formativo ed esperienziale. Racconto il cinema italiano, la sua storia fino ai nostri giorni, attraverso ospiti, incontri, proiezioni e mettendo a confronto le varie generazioni. Da qui, ho dato inoltre vita ad una serie di eventi collaterali, come masterclass, workshop e la realizzazione di un cortometraggio che vedremo nel 2025. Senza nulla togliere a tutti gli altri eventi, il GFF è senza dubbio il progetto più importante e difficile da organizzare e portare avanti nel tempo, in termini di risorse ed energie.”

Ci sveli qualche tuo progetto in corso d’opera?

“Proprio in questi giorni sono in piena fase organizzativa di un evento che si terrà in primavera a Lugano e che vedrà protagonista il Luxury Magazine POPULAR (edito da Resalio Produzioni). Sarà un evento che farà parlare molto, non solo per i numerosi successi ottenuti durante il primo anno di vita del magazine, ma anche per gli ospiti che ne faranno parte, tra imprenditori, case nobiliari e artisti. È la prima volta che organizzo un evento fuori dall’Italia, spero possa essere il primo di una lunga serie!”

Esiste ‘il progetto’ nel tuo cassetto dei sogni da realizzare?

“Io non sogno un solo progetto/evento in particolare, ma tanti, tantissimi… forse anche troppi! (ride, ndr)”

Nadia, salutandoci, dove e come ti vedi tra dieci anni?

“Mi piacerebbe tramutare in realtà tutto ciò che scrivo. Creare arte è certamente ciò che mi rende felice, non desidero altro. Ovviamente mi piacciono le evoluzioni e anche gli ardui obiettivi da raggiungere, per cui, sono certa che fra dieci anni, se mi intervisterai nuovamente, avrò ancora molto altro di cui raccontare!”

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Interviste

Intervista a Nicol Angelozzi, dal set a Madrina del Catania...

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Nicol Angelozzi è un’attrice emergente dal talento e dalla determinazione straordinari. Nonostante la giovane età, ha già conquistato ruoli importanti, arrivando al pubblico televisivo con la serie Confusi, disponibile su RaiPlay, in cui ha interpretato un ruolo da protagonista. Ora è pronta a ricoprire il prestigioso ruolo di Madrina al prossimo Catania Film Fest, evento di spicco nel panorama del cinema indipendente.

In questa intervista, Nicol condivide la sua passione per la recitazione, i sogni ed i progetti che la attendono nel futuro.

Nicol, sei giovanissima ma hai già fatto passi importanti nella tua carriera di attrice, come ad esempio il ruolo da protagonista in Confusi. Come è nata questa passione per la recitazione e cosa ti ha spinta ad intraprendere questa strada?
“Da quando ero piccola ho sempre amato il mondo dello spettacolo. Ricordo che appena trovavo una spazzola in giro per casa, la prendevo e iniziavo a cantare, ballare e ad inventare storie. A scuola, non perdevo occasione di partecipare alle recite; ero sempre in prima linea. Da lì ho capito che quello poteva essere il mio mondo. La recitazione mi rende viva e mi fa provare emozioni intense. Per questo, mi impegno ogni giorno con tutta me stessa per inseguire il mio sogno.”

Sarai la Madrina della prossima edizione del Catania Film Fest, che si terrà dal 13 al 17 novembre 2024. Cosa significa per te questo ruolo e quale contributo speri di portare al festival?
“Sono molto emozionata di poter ricoprire un ruolo così importante, tornare nella mia città Catania e aprire le porte del festival. Spero di portare tanta freschezza e gioia, e di contribuire al successo di questo evento che valorizza il cinema indipendente.”

Il Catania Film Fest è un importante evento per il cinema indipendente. Secondo te, qual è il valore di questi festival per i giovani attori e per l’industria cinematografica in generale?
“Ieri in un’intervista dicevo che i festival avvicinano le persone al mondo del cinema e permettono di approfondire le proprie conoscenze. Avere l’opportunità di vedere film che in sala sono spesso difficili da trovare è un’occasione preziosa. Tantissime scuole ed università parteciperanno al programma del festival, e questa adesione mi rende molto felice.”

Guardando alla tua esperienza professionale, c’è un ruolo o un progetto che consideri particolarmente significativo nel tuo percorso?
“Sicuramente il ruolo di Maria Grazia in Confusi mi ha segnato particolarmente. Avere la possibilità di interpretare un personaggio per un mese intero è una sfida bellissima: ti permette di creare e cucirti il personaggio addosso, di viverlo davvero dall’inizio alla fine.”

Quali sono i tuoi progetti futuri?
“Ci sono dei progetti di cui purtroppo non posso ancora parlare, ma che saranno molto entusiasmanti. Soprattutto, continuerò a studiare ed a formarmi, perché credo che lo studio faccia davvero la differenza in questo mestiere.”

Quali attori o registi ti ispirano di più nel tuo lavoro, e con chi sogni di collaborare in futuro per continuare a crescere professionalmente?
“Mi piacerebbe interpretare un ruolo action, magari sullo stile di Lara Croft—sarebbe davvero divertente! Vorrei lavorare con Ferzan Ozpetek, per la sua grande delicatezza nella narrazione. Spero di avere la possibilità di esplorare sempre di più in questo mestiere, passando dalla recitazione alla televisione, o anche alla radio.”

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