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Venezia, un sogno d’inverno

Venezia affascinante, romantica, coinvolgente, pittoresca è una destinazione da sogno ed in questo periodo natalizio, un sogno d’inverno. La città dei Dogi, come viene anche definita, raramente ha conosciuto, come oggi, tanta tranquillità avvolta da una tenue luce d’insolita calma invernale.

In inverno, Venezia è così ancora più bella e suggestiva grazie alle sue luci natalizie. Il Palazzo Ducale, il Canal Grande, la Torre dell’Orologio, Senza dimenticare i Ponti della città, tra cui quello dei Sospiri e quello di Rialto le Chiese ed i Musei. La celebre Piazza San Marco è quasi deserta ma uno stravagante e sfavillante Albero di Natale digitale illumina d’arte prorompente, la Piazza. Un intervento artistico dell’illustre e famoso artista Fabrizio Plessi, albero realizzato di luce tecnologica, con più di 80 moduli di 1m per 50cm, per lanciare da Venezia un messaggio d’amore e di speranza.

L’idea per questa installazione è scaturita dal mio grande amore per Venezia: ho immaginato un gigantesco mosaico dorato, che richiama l’oro della Basilica, in cui ogni tassello vive di vita propria. Per la prima volta nel mio lavoro, ho fatto sì che il flusso luminoso di ciascun elemento vada in direzioni diverse, andando a creare un intreccio di contaminazioni quale metafora, da un lato, della dinamica delle relazioni interpersonali e, dall’altro, per valorizzare la memoria storica di questa città, luogo di incontro e di scambio tra culture diverse per eccellenza. L’uso del digitale in questo contesto diventa emozione spirituale che si esprime nell’unico linguaggio possibile oggi, permettendoci di raggiungere gli altri pur nella distanza fisica. Una scultura evocativa che sta a dimostrare come, ancora una volta, sarà la luce dell’arte ad indicare la strada per superare insieme questi tempi bui.” afferma il grande Artista Fabrizio Plessi.

Una luce nuova illuminerà il Natale di Piazza San Marco, Una luce nata dall’estro creativo del Maestro Fabrizio Plessi e che rappresenterà, idealmente, un segno di quella speranza e di quella resilienza di una Città che vuole farcela. Natale è rinascita e tutti quanti noi abbiamo il dovere di restare uniti e impegnarci per fare in modo che questa nuova luce riesca a diradare l’oscurità che ha colpito il mondo intero in questi lunghi mesi. Da San Marco, cuore della città che tra qualche mese celebrerà il suo milleseicentesimo compleanno, abbiamo voluto lanciare un messaggio di fiducia a tutti coloro che, credenti o meno, si rimboccano le maniche ogni mattina e, nonostante le difficoltà, non si sono scoraggiati. Una nuova luce per dare speranza a tutti i veneziani, a chi ha perso il lavoro, a chi fatica ad arrivare alla fine del mese, a chi ha dovuto dire addio ai propri cari per colpa di un maledetto virus, ma soprattutto a chi, con orgoglio, sa che quando tutto questo sarà finito, avremo comunque fatto tesoro di ciò che ci è capitato e saremo pronti per ripartire. Grazie ancora a Plessi, grazie a Generali e a tutti coloro che hanno reso possibile questo intervento creativo. Sarà un Natale di speranza.” Specifica fiducioso il Sindaco di Venezia Luigi Brugnaro.

Un’atmosfera tenue avvolge Venezia apprezzata da personaggi illustri, cantata e celebrata da poeti, la città dei Dogi è avvolta da un’aura quasi magica, che si respira tra le calli, i canali, i ponti, in ogni angolo, in ogni dove. Un’atmosfera unica in questo periodo e sempre. Sulla facciata della Basilica, gli ultimi raggi di sole segnano la fine della pacata giornata. Molto presto, Venezia entra nella notte e il Canal Grande brillerà, brillerà di luce propria come le luminose stelle che si riflettono in esso. Per secoli l’apertura del mercato del pesce di Rialto è stato ed è l’inizio della giornata, così come il buon profumo di caffè e dolci appena sfornati inebriano l’aria di profumi, alle primissime ore dell’alba.

In laguna, sull’Isola di Murano, troviamo il noto Maestro Vetraio Stefano Dalla Valentina. Stefano, ha rilevato la rinomata bottega del padre, fondata nel lontano 1945, dove ogni anno vengono modellati e soffiati migliaia di pezzi artigianali unici, di una bellezza mozzafiato. Stefano e il suo team lavorano in particolare per i principali marchi di lusso francesi. A Venezia, tra gli altri illustri Artigiani, troviamo quelli delle Maschere artistiche, dei veri capolavori, che aspettano pazientemente i festeggiamenti del prossimo Martedì Grasso, pandemia permettendo. Sui Canali, gli esperti Gondolieri, con il loro caratteristico abbigliamento, continuano a mantenere le loro meravigliose e romantiche Gondole, le singolari imbarcazioni, tramandate perfettamente identiche, dai tempi delle ballate, ben lucidate e curate in ogni particolare più recondito, in trepidante attesa di un futuro turistico migliore…

Ma quando siamo usciti, stanchi e intontiti, dalla stazione di Venezia e abbiamo visto il Canal Grande e i palazzi marmorei che sfioravano l’acqua, quel gioiello di cultura che si dondolava sui canali, abbiamo improvvisamente compreso quanto forte e tenace fosse l’uomo e quanto meraviglioso fosse il suo spirito e si è destato in noi un tale amore per l’umanità, l’umanità con le sue pene e le sue epidemie e siamo così penetrati ad occhi aperti dentro un sogno, perché Venezia è il sogno, il sogno di ogni città…” (Abraham Yeshoua)

Una sofisticata esperta in viaggi, turismo e tempo libero, che esplora con passione le frontiere del settore turistico per fornire ai nostri lettori intuizioni uniche e consigli preziosi. Con una profonda conoscenza che va dalle destinazioni esotiche alle gemme nascoste locali, la sua competenza è indispensabile per chi cerca di trasformare ogni viaggio in un’esperienza memorabile. Le sue analisi ricche di sfumature e le sue raccomandazioni su misura sono fondamentali per offrire un panorama completo di tutto ciò che il mondo del turismo ha da offrire.

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Attualità

Truman Capote e la ferita di un delitto: il nuovo sguardo di “Pagine” su Rai 5

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Avvertiamo sempre un brivido, quasi un sussurro inquieto, quando pensiamo a quei delitti che scuotono intere comunità. Voi vi siete mai chiesti che cosa spinga uno scrittore a immergersi così a fondo in un omicidio da farne un romanzo-capolavoro? In “A sangue freddo” Truman Capote fece esattamente questo, scavando nella tragica vicenda della famiglia Clutter e finendo per portarsi dietro un peso enorme. Adesso, questo stesso racconto torna sotto i riflettori grazie al documentario di Julien Gaurichon e Frédéric Bas, che lunedì 24 marzo verrà proposto in seconda serata su Rai 5, all’interno di “Pagine”.

La voce di Federica Sciarelli: dal crimine narrato al crimine reale

Nel nuovo programma di Rai Cultura, ci affacciamo su scenari di letteratura che spesso s’intrecciano con la cronaca. Ed è proprio Federica Sciarelli, popolare volto di “Chi l’ha visto”, a introdurre il mondo di “A sangue freddo”. Sentiamo tutta l’intensità di chi ha familiarità con storie difficili, perché la Sciarelli di crimini ne ha raccontati tanti e sa bene quanto possa pesare l’eco di un fatto violento.

Noi immaginiamo la vita a Holcomb, in Kansas, nel 1959. Un posto tranquillo dove improvvisamente accade qualcosa di mostruoso: quattro membri della famiglia Clutter vengono trovati assassinati il 15 novembre. Capote, ancora noto soprattutto per “Colazione da Tiffany”, resta catturato dalla notizia letta sul “New York Times”. Un crimine così efferato lo spinge a passare cinque anni tra interviste e ricerche, fino alla pubblicazione di “A sangue freddo” nel 1965 sulle pagine del “New Yorker”. Nel 1966 esce il romanzo completo, e quel successo esplode al punto da cambiare la sua vita e quella di una certa narrativa true crime.

Le ombre dei colpevoli e le ferite interiori

Vi siete mai chiesti come reagiremmo davanti a chi ha commesso un massacro? Capote incontrò più volte i due responsabili, Perry Smith e Dick Hickock, ex pregiudicati in libertà vigilata. Ci sconvolge sentire che lui descriveva Perry come colto e sensibile, mentre Dick sembrava incredibilmente pacato. Eppure, nel 1960 furono entrambi arrestati e poi condannati a morte. Cinque anni dopo, Capote assistette alle impiccagioni. Da lì la ferita, un vuoto che lui stesso definì insopportabile: “Nessuno conoscerà mai il vuoto che A sangue freddo ha scavato in me. In qualche modo credo che questo libro mi abbia ucciso”.

Con filmati d’archivio e testimonianze, Gaurichon e Bas riportano alla luce la forza devastante di quella storia e mostrano quanto abbia segnato Capote. Noi ci ritroviamo quasi senza fiato, perché scopriamo un autore diviso fra la voglia di raccontare e il peso di un’esperienza troppo intensa. “Pagine” – curato da Silvia De Felice, Emanuela Avallone e Alessandra Urbani, per la regia di Laura Vitali – ci accompagna lungo questo percorso fra parole e immagini, invitandoci a esplorare la letteratura come specchio della realtà più crudele.

Non sappiamo se avremo mai risposte definitive, ma restiamo uniti in questa riflessione collettiva, mentre la Sciarelli ci introduce a un racconto che vibra ancora di tensione. E forse, alla fine, ci rendiamo conto che l’anima di Capote aleggia ancora su quelle pagine, come se il crimine avesse stretto uno strano patto con la sua penna.

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Attualità

Processo Priebke: l’ombra del passato che ci parla ancora

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Ci sentiamo afferrare alla gola ogni volta che riemerge un episodio legato ai crimini nazisti. Non è semplice, vero? Molti di voi, probabilmente, preferirebbero non rivivere certi ricordi. Eppure sentiamo il dovere di ripercorrere fatti come l’eccidio delle Fosse Ardeatine, perché non possiamo permettere che scivolino nell’oblio.

Un processo fra indignazione e memoria

Il nome di Erich Priebke rimane un simbolo del male: ex ufficiale delle SS, coinvolto in uno dei massacri più atroci del nostro Paese. Nel 1996 lo arrestano in Argentina e lo trasferiscono in Italia. Sembra quasi un film, ma è tutto drammaticamente reale. Il tribunale militare di Roma, in un’aula piccola e soffocante, diventa il palcoscenico di un dibattito giuridico infuocato. La prima sentenza riconosce la colpevolezza di Priebke ma, incredibilmente, dichiara prescritto il reato.

Vi immaginate la rabbia? Familiari delle vittime che protestano, che occupano l’aula, che non riescono ad accettare una conclusione tanto assurda. Eppure quei momenti di tensione hanno contribuito a riaccendere l’attenzione collettiva su un capitolo oscuro della nostra storia. Nel 1997, alla fine, arriva la condanna definitiva all’ergastolo, con un principio che ormai conosciamo bene: i crimini di guerra non vanno in prescrizione.

Sentiamo un fremito nel presentarvi La verità del male – Il processo Priebke, un documentario prodotto da Golem Multimedia, in collaborazione con Rai Documentari e Fondazione Museo della Shoah, che va in onda venerdì 21 marzo in seconda serata su Rai 3. Il racconto, scritto da Giancarlo De Cataldo e Alberto Ferrari, e diretto dallo stesso Ferrari, mette in scena le voci di chi ha vissuto quei giorni intensi: Francesco Albertelli (ANFIM), Giovanni Maria Flick (Ministro della Giustizia di allora), Antonino Intelisano (pubblico ministero del Tribunale Militare) e Riccardo Pacifici, protagonista delle proteste e oggi vice presidente della European Jewish Association. La narrazione di De Cataldo penetra nelle pieghe del passato, mentre la colonna sonora, firmata da Gabriele De Cataldo e il montaggio di Luca Mariani completano un quadro crudo e necessario.

Siamo convinti che un lavoro del genere non sia solo un prodotto televisivo. È un richiamo collettivo a guardare in faccia l’orrore e a non smettere di fare i conti con ciò che è stato. Voi siete pronti a rivivere tutto questo? Noi crediamo che non ci sia scelta: occorre ricordare, sempre.

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Attualità

Mafie, corruzione e innovazione: un viaggio tra resistenza civile, politiche globali e...

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È strano, vero, ritrovarci con tante storie diverse che si intrecciano? Ci fa un po’ girare la testa, perché passiamo dalla lotta contro le mafie qui in Italia a proteste in altre parti del mondo. Eppure, tutto ci appare connesso. Noi stessi sentiamo il bisogno di capire in profondità come questi eventi si influenzino a vicenda. Voi potreste chiedervi: perché accostare tecnologie futuristiche, vicende di repressione politica e corruzione? Forse perché, nel loro complesso, ci mostrano la direzione in cui stiamo andando.

La rincorsa all’AI: soglia del “Sovrumano”

Iniziamo da qualcosa che cattura l’attenzione di tutti: l’intelligenza artificiale. Fino a ieri ci chiedevamo se le macchine potessero mai pensare. Ora siamo arrivati a porci una domanda più inquietante: quando supereranno le nostre abilità? Abbiamo ascoltato il parere di Nello Cristianini, professore all’Università di Bath, che sembra convinto di una prossima svolta. Ci dice che le IA non si limiteranno a eguagliare le nostre competenze, ma potrebbero addirittura superarle. C’è un brivido che corre lungo la schiena. Siamo davvero pronti?

Eppure, questa corsa alla tecnologia non è così astratta. È connessa al modo in cui gestiamo il potere, le libertà individuali e persino la trasmissione del sapere. Senza rendercene conto, l’AI irrompe nella nostra vita con una velocità inaudita. Inquieta, appassiona, spaventa. Ci sentiamo sospesi: da un lato siamo entusiasti di scoprire fin dove possiamo arrivare, dall’altro ci domandiamo se stiamo perdendo di vista i nostri valori più umani.

Riflessioni dalla Sicilia: il coraggio di dire no

Parallelamente, entriamo in un mondo che abbiamo appena dietro l’angolo, ma che a volte fingiamo di non vedere: quello delle mafie. Oltre 40 miliardi di euro, un giro d’affari colossale qui in Italia. Lì, nella giornata dedicata al ricordo delle vittime di mafia, migliaia di persone hanno sfilato a Trapani insieme a Libera e Don Ciotti. E ci siamo commossi quando abbiamo incontrato i fratelli Lionti, imprenditori di Niscemi. Loro si sono opposti al pizzo e hanno rischiato di essere ammazzati. Vivono sotto scorta, non vogliono lasciare la Sicilia, e continuano a lavorare fianco a fianco con la federazione antiracket. Uno slancio di determinazione che ci fa sentire un po’ più speranzosi.

Il Procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca, ha lanciato l’allarme: ci sono sequestri frequenti di armi da guerra. Armi pesanti destinate – dice – a gesti clamorosi. Parla di un mandamento di Cosa Nostra in mano a giovani reclutati con un compenso misero, poche migliaia di euro, per uccidere. Tutto questo scuote la nostra coscienza. E ci fa chiedere se stiamo facendo abbastanza per sostenere chi non si piega.

Corruzione e proteste: drammi condivisi

Potremmo spostarci lontano, in Macedonia, dove un incendio in una discoteca abusiva – un capannone privo di uscite di sicurezza – ha causato 59 vittime e 155 feriti. Una strage che ha scioccato il Paese e che ha scatenato proteste furiose contro la corruzione. Non sono bastati gli arresti dei responsabili e le dimissioni del sindaco. In Serbia, intanto, da quattro mesi non si fermano le manifestazioni iniziate dopo il crollo di una pensilina, costato la vita a 15 persone. Più proteste, più rabbia, più richieste di cambiamento. E noi ci chiediamo: quante altre tragedie dovranno avvenire prima che le istituzioni intervengano davvero?

Tagli e repressione: gli Stati Uniti di Trump

Da un’altra parte del mondo troviamo un altro scontro. Trump vs Campus. Forse alcuni di voi hanno sentito parlare di Mahmoud Khalil, studente siriano di origine palestinese, con una famiglia, una green card e una laurea alla Columbia. La sua detenzione e la minaccia di espulsione hanno sollevato proteste accese a New York. Khalil paga per essere stato un leader delle dimostrazioni a favore della Palestina. E la Columbia rischia pure la perdita di 400 milioni di dollari di fondi federali. Pare che tutti i campus americani siano entrati nel mirino, costretti a tagliare corsi e ricerche su temi sgraditi a Trump: inclusione, riscaldamento globale, ogni cosa giudicata troppo “ribelle”. Sembra un attacco alla libertà di pensiero. A noi pare gravissimo.

Un rifugio per animali (e per noi)

Spostiamoci in Lazio, provincia di Viterbo. Due sorelle gemelle, una avvocata e una medica, hanno deciso di prendersi cura di cani, gatti, pecore non riproduttive e perfino cinghialetti. Hanno creato un rifugio per animali abbandonati, malati o capitati in eredità a chi non li voleva. Sembrava un sogno ingenuo. Invece, con un po’ di donazioni e tanta testardaggine, ci sono riuscite. Noi ammiriamo la loro scelta. Sì, perché ci dimostrano che esiste un modo diverso di vivere e trovare serenità, riscoprendo un contatto autentico con la natura.

I problemi del lago Trasimeno

Nel frattempo, in Umbria, il lago Trasimeno segna un metro e 25 centimetri sotto lo zero idrometrico. Poche piogge e cambiamenti climatici preoccupanti. Il turismo e la pesca ne risentono. Si parla di convogliare l’acqua dal lago Montedoglio, in Toscana, per evitare il peggio. Ma è un progetto da accelerare, prima che arrivi l’estate. Noi, se fossimo in voi, cercheremmo di capire quanto questo specchio d’acqua, il quarto lago d’Italia, rappresenti un patrimonio da non perdere.

Una pausa dai social?

In carne e ossa: secondo alcuni studenti della Civica scuola di cinema di Milano, i “reel” e i video brevissimi su TikTok o simili potrebbero non essere più così irresistibili. C’è voglia di stare insieme, di rallentare. Li vediamo correre e pedalare a mezzanotte per le strade della città, alla ricerca di un contatto vero. Rimane il fatto che, tramite i social, ci si organizza e si condivide ogni novità. È un paradosso che fa sorridere. Ma forse è solo la nostra natura, sempre in bilico tra tecnologia e desiderio di relazione.

Tradizioni giapponesi: spade e cicatrici dorate

Avete mai sentito parlare dei fabbri di katane? In Giappone ne sono rimasti solo 80, custodi di un’arte che esiste da mille anni. Le spade dei samurai non erano concepite come strumenti d’offesa, ma come protezione contro le forze negative. Poi c’è il kintsugi, la riparazione dei vasi rotti con oro fuso. Qualcosa che ci fa riflettere: le ferite si trasformano in elementi preziosi della nostra storia. E noi ci emozioniamo davanti a una cultura che, pur essendo proiettata al futuro, difende le proprie radici.

Come eravamo: Giappone 1963

Concludiamo con un salto indietro. L’archivio di TV7 ci mostra un Giappone del 1963 lanciato verso la modernità: treni rapidi, città in fermento, costruzioni vertiginose. Eppure il confronto con le tradizioni, il ruolo delle geishe e i ritmi antichi era già allora un enigma. Forse è sempre la stessa storia: un popolo in bilico tra evoluzione e rispetto delle proprie origini.

Alla fine di questo viaggio, abbiamo la sensazione di un’umanità che lotta, a volte soffre, e cerca risposte in mille direzioni. Siamo convinti che voi, come noi, abbiate bisogno di queste storie: per trovare il coraggio di resistere o per custodire un ricordo prezioso. Noi, tutti insieme, non dovremmo mai smettere di cercare un equilibrio tra innovazione e radici, tra legalità e libertà. Il resto è un percorso da costruire, un passo alla volta.

Tutto questo e molto altro nel prossimo appuntamento su Rai 1 con TV7, venerdì 21 marzo, a mezzanotte!

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