In Sicilia, Mazara Del Vallo in festa per il ritorno dei suoi pescatori. Ieri mattina hanno attraccato in porto i due pescherecci con a bordo i 18 marinai imprigionati per più di cento giorni in Libia e rilasciati nei giorni scorsi. Il saluto di tutta la città, poi tamponi e visite mediche prima dell’abbraccio con i familiari.
Erano prigionieri in Libia da più di tre mesi, i 18 pescatori italiani sono ritornati liberi ed hanno così rimesso finalmente piede in terra siciliana. L’epilogo di un intenso confronto politico tra Roma e le forze del potente Generale e Politico libico Khalīfa Belqāsim Ḥaftar Alferjani. In Italia, alcuni hanno accusato le autorità di non resistere a sufficienza alle forti pressioni del potente uomo nella Libia orientale.
“Oggi è un giorno di festa, senza recriminazioni o polemiche. Da domani dobbiamo aprire una nuova fase. L’Unione Europea deve esserci, artefice di una nuova politica economica nel Mediterraneo“. Ha dichiarato Salvatore Quinci, Sindaco della città di Mazara del Vallo.
Il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale nel Governo Conte II, Luigi Di Maio, ieri è tornato a parlare del caso dei pescatori, salutando vivamente tutti i parenti in video-conferenza: “Siamo andati in Libia perché era importante riportarli a casa il prima possibile: quando i riflettori si saranno abbassati vi verrò a trovare con più tranquillità e fuori dalla bagarre mediatica”.
I 18 pescatori erano su 2 barche il 1° settembre, a 80 km dalla costa libica, quando sono stati arrestati da una milizia del Generale Haftar, accusati di aver pescato nelle acque libiche e fatti prigionieri vicino a Bengasi. Haftar, sostanzialmente, aveva ordinato brutalmente il sequestro dei pescherecci italiani quando aveva visto che, dopo aver di fatto perso la guerra per l’assedio a Tripoli, veniva messo da parte da molti alleati. Anche dall’Italia, un Paese da sempre in equilibrio fra lui e Tripoli. Il ricatto in qualche modo ha pagato, perché l’Italia è stata costretta così ad inviare due leader politici alla corte del Capo-milizia, il Premier Conte e il Ministro Di Maio.
“Rassegnarmi a tutto l’orrore d’una lunga prigionia, rassegnarmi al patibolo, era nella mia forza. Ma rassegnarmi all’immenso dolore che ne avrebbero provato padre, madre, fratelli e sorelle, ah! Questo era quello a cui la mia forza non bastava.” (Silvio Pellico – Dal libro: “Le mie prigioni“)