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20 anni fa la guerra, l’ambasciatore a Baghdad: “Una delle poche democrazie in Mo”

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Vent’anni dopo l’inizio della guerra americana in Iraq “molte delle aspettative” sul cambio di regime a Baghdad “sono andate deluse, ma gli iracheni sono comunque riusciti a edificare una delle poche democrazie funzionanti nella regione”. L’ambasciatore italiano a Baghdad, Maurizio Greganti, traccia “un quadro di luci e ombre” alla vigilia del 20mo anniversario della guerra lanciata da George W.Bush per mettere fine al regime “brutale e oppressivo” di Saddam Hussein ed esportare la democrazia nel Paese.

“L’intervento americano – dice l’ambasciatore all’Adnkronos – aveva suscitato grandissime aspettative nella popolazione per un cambio di regime. Vent’anni dopo possiamo dire che parte di quelle aspettative sono andate deluse: il cambio di regime c’è stato, ma non ha portato stabilità e sicurezza, piuttosto guerra civile e il terrorismo di al Qaeda e dell’Isis”. E tuttavia, riconosce Greganti, “gli iracheni sono riusciti a edificare, pur tra mille difficoltà, una democrazia che con tanti limiti funziona ed è una delle pochissime in Medio Oriente”.

In Iraq si vota ogni quattro anni e le elezioni del 2021 “sono state quelle di maggior successo, certificate dalle missioni di osservazione internazionale come corrette e trasparenti, senza problemi di ordine pubblico e accesso al voto, seppur con una bassa affluenza”, ricorda l’ambasciatore. E oggi il Paese vive “una fase di stabilità dopo la formazione del governo lo scorso ottobre”, nonostante la presenza delle milizie filoiraniane, che l’esecutivo sta cercando di “gestire” e che “non rappresentano un elemento destabilizzante per quanto riguarda la sicurezza”, sostiene Greganti.

In questo quadro “gli iracheni guardano con fiducia al futuro, c’è una grande voglia di normalità e di non tornare al passato”. Un’aspirazione, questa, osserva l’ambasciatore, favorita dal fatto che “il 60% della popolazione ha meno di 30 anni, nel 2003 si contavano 23 milioni di abitanti, oggi sono 42, un dato che ha moltissime implicazioni”. Se da una parte, spiega il diplomatico, “la maggioranza della popolazione non ricorda Saddam e non ha vissuto il suo regime”, dall’altra la crescita demografica “così tumultuosa comporta un aumento della domanda di lavoro che il mercato non riesce ad assorbire”.

Sono le luci e le ombre del nuovo Iraq, che ha fra i suoi problemi più urgenti “la necessità di fornire servizi e infrastrutture adeguati, perché in questo ventennio poco è stato fatto, di affrontare le questioni legate alla mancanza d’acqua ed ai fenomeni atmosferici estremi, causati dai cambiamenti climatici, mentre continua a lottare contro la corruzione diffusa”, sottolinea Greganti.

L’ambasciatore parla poi dei rapporti bilaterali tra Italia e Iraq – di cui siamo “uno partner più importanti, non lo abbiamo mai abbandonato e gli iracheni ce ne danno atto” – elencando tutti i settori in cui il nostro impegno è forte e continuo, da quello archeologico a quello della sicurezza, da quello nella cooperazione allo sviluppo a quello economico.

Greganti ricorda anzitutto la cooperazione nel settore archeologico, “con il sostegno italiano a 19 missioni”, e cita il caso di Abu Ghreib, il sobborgo di Baghdad diventato tristemente noto per la prigione che fu teatro di torture ed efferatezze, ma che è invece oggi rilevante per essere sede di un sito archeologico di 600 ettari risalente al 1.400 a.C. Un sito per il quale esiste un progetto dell’università di Bologna guidato dal professore Niccolò Marchetti e che è un po’ il simbolo del nuovo Iraq che vuole lasciarsi alle spalle il passato per “guardare con fiducia al futuro”, trasformandolo in prospettiva in un’attrazione per il turismo.

Poi c’è “il nostro contributo alla stabilizzazione della sicurezza, che è notevolmente migliorata – sottolinea l’ambasciatore – Ci sono ancora delle cellule terroristiche, che ogni tanto conducono attacchi, ma nelle zone più remote del Paese”. “Le nostre Forze armate – ricorda – sono presenti sia nel quadro della coalizione internazionale anti Daesh che a livello bilaterale e nel quadro della missione della Nato, che oggi è la più grande ‘out of area’ ed è sotto il comando del generale italiano Giovanni Maria Iannucci. I nostri militari si occupano soprattutto di addestramento e di sostegno alle formazione delle forze locali e d i nostri carabinieri vengono considerati un modello organizzativo per la polizia federale irachena”.

(segue)

Ci sono poi i rapporti economici: “Secondo i dati relativi al periodo gennaio-novembre 2022 l’interscambio Italia-Iraq si è attestato attorno ai 5,5 miliardi di euro, il 50% in più rispetto allo stesso periodo del 2021 e questa crescita – spiega – è dovuta soprattutto al fatto che abbiamo aumentato gli acquisti di oggi greggio dall’Iraq, che è uno dei nostri principali fornitori. Ma anche le nostre esportazioni sono cresciute del 25% ed aumenta il nostro interesse ad investire”.

Ancora “molto importante il contributo nell’ambito della cooperazione allo sviluppo: l’Italia ha portato avanti moltissimi progetti, nelle aree liberate da Daesh ci sono programmi di sostegno ai rifugiati nei campi profughi, è stata avviata la ricostruzione di scuole, strade e servizi – elenca Greganti, ricordando “l’intervento importante per la diga di Mosul che era a rischio crollo per gli attacchi dell’Isis – Nel complesso siamo uno dei partner più importanti, le relazioni sono ottime, siamo sempre stati al fianco dell’Iraq e non lo abbiamo mai abbandonato”.

Infine l’ambasciatore ricorda che nel 2022 ci sono state cinque delegazioni ministeriali, “l’ultima delle quali il 23 dicembre con la premier Giorgia Meloni, che ha confermato il livello di doverosa attenzione verso un Paese che sembra lontano, ma le cui dinamiche hanno importanti ricadute per l’Italia e per l’Europa, come dimostra la crisi dei migranti, in gran parte curdi iracheni, alla fine del 2021 al confine tra Polonia e Bielorussia”. “Per noi – chiosa – è importante trasmettere il messaggio alle autorità locali che l’Italia è assolutamente attenta a quello che accade in questa parte del mondo e lavoriamo costantemente a favore della sicurezza e della stabilità a livello regionale e globale”.

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Usa, Biden firma legge aumento tetto debito: scongiurato default

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La legge è il risultato dell'accordo di compromesso raggiunto lo scorso weekend dal presidente e lo speaker repubblicano McCarthy

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Joe Biden ha firmato oggi la legge che sospende il tetto del debito fino al primo gennaio 2025, scongiurando così il default che gli Stati Uniti avrebbero rischiato a partire da lunedì. La legge è il risultato dell’accordo di compromesso raggiunto lo scorso weekend dal presidente e lo speaker repubblicano Kevin McCarthy ed è stata approvata a tempo record da Camera e Senato per permettere a Biden di firmare prima della scadenza di lunedì.

In un discorso alla nazione ieri dallo Studio Ovale, Biden ha detto che “se non avessimo raggiunto un accordo, c’erano voci estremiste che minacciavano di portare l’America, per la prima volta nei nostri 247 anni di storia, verso il default”. “Niente sarebbe stato più irresponsabile, niente più catastrofico”, ha aggiunto il presidente che ha poi apprezzato lo sforzo bipartisan per arrivare all’intesa.

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Taiwan, sfiorata collisione tra navi Usa e Cina nello stretto

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La nave cinese avrebbe accelerato tagliando di fronte alla prua del cacciatorpediniere USS Chung-Hoon

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Sfiorata una collisione tra una nave militare cinese e un cacciatorpediniere Usa nello stretto di Taiwan. Lo riporta il sito canadese Global News, che aveva un giornalista a bordo della fregata canadese che partecipava alla missione congiunta con gli Usa nelle acque del Mar meridionale cinese. Secondo la ricostruzione del sito, la nave cinese ha accelerato tagliando di fronte alla prua del cacciatorpediniere USS Chung-Hoon, con una manovra che il comandante della nave canadese HMCS Montreal, ha definito “non professionale”.

Quando la nave cinese ha variato la sua rotta ha notificato alla nave Usa di spostarsi per evitare la collisione, a questo punto gli americani a loro volta avrebbero chiesto ai cinesi di allontanarsi, alla fine hanno dovuto cambiare rotta per evitare la collisione. Per il comandante canadese, capitano Paul Mountford, l’incidente è stato “chiaramente provocato dai cinesi”. “Il fatto che sia stato annunciato via radio mostra chiaramente che fosse intenzionale”, ha aggiunto.

Un conflitto nello stretto di Taiwan sarebbe “devastante”. E’ il monito ribadito dal segretario alla Difesa degli Stati Uniti Lloyd Austin, intervenuto al Shangri-La Dialogue, conferenza sulla sicurezza in corso a Singapore. “La sicurezza delle rotte commerciali e delle catene di approvvigionamento globali dipende da questo. Così come la libertà di navigazione in tutto il mondo. Non commettete errori: un conflitto nello Stretto di Taiwan sarebbe devastante”, ha avvertito con un messaggio alla Cina, che vorrebbe riunificare l’isola alla madrepatria.

Gli Stati Uniti sono “determinati” a mantenere la pace e la sicurezza nell’area, ha poi assicurato Austin, “così come un certo numero di altri Paesi in tutto il mondo, il cui numero continua a crescere”. Ma poi il capo del Pentagono – che il ministro della Difesa cinese Li Shangfu ha rifiutato di incontrare in un bilaterale – si è detto “profondamente preoccupato” che Pechino “non sia disposta a impegnarsi più seriamente per migliorare i meccanismi di gestione delle crisi”.

“Per i leader responsabili della difesa, il momento giusto per parlare è sempre, il momento giusto per parlare è sempre e il momento giusto per parlare è adesso”, ha scandito Austin.

Pechino replica al segretario alla Difesa degli Stati Uniti accusandolo di “distorcere i fatti” sullo status di Taiwan, di cui Washington sostiene di voler difendere “la libertà”. Parlando allo Shangri-La Dialogue, dove è intervenuto anche il capo del Pentagono, il capo di Stato maggiore aggiunto della Commissione militare centrale cinese, il generale Jiang Jianfeng ha detto: “I commenti degli Stati Uniti su Taiwan ignorano i fatti, distorcono la verità e sono completamente sbagliati”.

Austin, ha continuato nella sua reprimenda, “cerca di sottrarsi al principio di ‘una sola Cina'”, in base al quale Pechino rivendica la completa sovranità su Taiwan, “una parte sacra e inalienabile del territorio cinese”. “Questo principio raccoglie il consenso della comunità internazionale. È l’aspirazione comune e la sacra responsabilità di tutto il popolo cinese, compresi i nostri compatrioti di Taiwan, di completare la riunificazione della madrepatria ” , ha concluso Jiang.

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Usa, rifiutava cure per la tubercolosi: arrestata

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La donna è stata costretta a isolamento in carcere, potrà tornare libera solo se accetterà di curarsi

Negli Usa, a Tacoma nello stato di Washington, una donna affetta da tubercolosi è stata arrestata dopo avere rifiutato per oltre un anno di sottoporsi a cure o isolamento. V.M., queste le iniziali con cui viene identificata nei documenti del tribunale, è stata assegnata a una stanza a pressione negativa, appositamente attrezzata per l’isolamento, i test e il trattamento, nel carcere della contea di Pierce, secondo quanto riferito dal dipartimento sanitario citato dai media locali. Per lei la libertà può ancora essere un’opzione, ma soltanto se accetterà di curare l’infezione.

Il dipartimento sanitario spiega che, negli ultimi vent’anni, questo è il terzo caso in cui è stato necessario un ordine di tribunale per costringere una persona alle terapie. Al momento le accuse a carico di V.M. non hanno carattere penale. L’ordinanza con cui il tribunale ne ha autorizzato l’arresto indica che la donna sarà tenuta in quarantena per non più di 45 giorni, o anche per un tempo inferiore nel caso in cui i test stabilissero che non rappresenta più una minaccia per la salute pubblica.

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Ucraina, Prigozhin contro soldati russi: “Minano retrovie Bakhmut, azione contro di noi”

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Il leader di mercenari: "Non sarebbe stato necessario sistemare questi esplosivi come deterrenza per il nemico"

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Il comandante dei mercenari della Wagner Evgheny Prigozhin accusa le forze regolari russe di aver lasciato mine sui corridoi aperti per uscire da Bakhmut, la città controllata da Mosca circondata da militari ucraini. I mercenari della Wagner hanno quasi completato il ritiro da Bakhmut, lasciando le postazioni alle forze regolari russe. Ma sono stati scoperti una decine di siti minati, con centinaia di mine anti carro, nelle retrovie. Su richiesta di spiegazioni della Wagner, il ministero della Difesa a Mosca si è limitato a dire che si è trattato di un ordine dei superiori.

“Non sarebbe stato necessario sistemare questi esplosivi come deterrenza per il nemico dato che si tratta di retrovie. Possiamo quindi ipotizzare che sono stati sistemati contro le unità avanzate della Wagner”, ha aggiunto Prigozhin, precisando che nessuna mina è esplosa e nessuno è rimasto ferito.

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Usa, Bibbia vietata in scuole Utah: “Contiene volgarità e violenza”

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Il provvedimento a seguito della denuncia del genitore di un alunno secondo il quale il libro sacro non contiene "valori seri per i minori, perché è pornografica"

Bibbia vietata nello Utah. Il distretto scolastico di Davis, nello Stato americano, ha bandito il testo sacro nelle scuole elementari e medie perché contiene “volgarità e violenza non adatte agli studenti più giovani”. Il provvedimento fa seguito alla denuncia del genitore di uno degli alunni, che secondo il quotidiano Salt Lake Tribune si era lamentato del fatto che la Bibbia di Re Giacomo “non contenga valori seri per i minori, perché è pornografica secondo la nostra nuova definizione”.

L’anno scorso l’amministrazione repubblicana dello Utah aveva approvato una legge che bandisce i libri “pornografici o indecenti” dalle scuole. La maggior parte dei libri vietati finora riguardano argomenti come l’orientamento sessuale e l’identità. I divieti su alcuni libri ritenuti offensivi sono in vigore anche in altri Stati americani, come Texas, Florida, Missouri e Carolina del Sud.

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Biden troppo ‘vecchio’? Polemiche su età presidente dopo caduta in Colorado

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Ma non è il leader più anziano al mondo: ecco la classifica

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Joe Biden è troppo ‘vecchio’ per fare il presidente? E per ricandidarsi? Si riaccende il dibattito sull’età del leader americano, 80 anni, dopo la nuova caduta di due giorni fa durante la cerimonia di consegna dei diplomi ai nuovi cadetti della U.S. Air Force Academy di Colorado Springs. In realtà, secondo un rapporto del Pew Research Center (Prc), basta dare uno sguardo altrove per capire che Biden non è il leader più anziano al mondo, ma si trova in buonissima compagnia.

A guidare la classifica dei leader ‘più vecchi’ – nessuno dei quali governa comunque un Paese così come grande come gli Stati Uniti – c’è infatti il 90enne presidente camerunese Paul Biya, di ben 10 anni più anziano di Biden. Dietro a Biya, si trova il presidente dell’Autorità palestinese, Mahmud Abbas, 88 anni. Medaglia di bronzo per il re Salman dell’Arabia Saudita, con 87 anni. Quarto posto per re Harald V di Norvegia, 86 anni, seguito dal coetaneo emiro del Kuwait Nauaf al-Ahmed al-Sabah, dal leader supremo dell’Iran, Ali Khamenei, che ha appena compiuto 84 anni, dalla regina Margherita di Danimarca, 83 anni e dal presidente irlandese Michael Higgins, 82 anni.

Il Prc rivela che la maggior parte dei leader internazionali hanno tra i 50 e i 60 anni, mentre il 18% di loro ha circa 40 anni. Sempre il 18% dei leader ha circa 70 anni, mentre i ‘vecchietti’ come Biden, che superano gli 80 anni, costituiscono il 5%.

L’età di Biden è sempre stata oggetto di discussione, sin dalla sua elezione nel novembre 2020, quando, a 78 anni, è diventato il presidente americano più anziano di sempre. I sondaggi indicano che la maggioranza degli americani è preoccupata riguardo la sua età e lo considera inadatto alla carica che ricopre. Dopo l’episodio di ieri, l’ex presidente americano, Donald Trump, che tra qualche giorno compirà 77 anni e che si è ricandidato anche lui, ha ironizzato, definendo l’episodio “una cosa da pazzi”. Nonostante le critiche ricevute e l’ironia diffusa sui media, Biden ha intenzione di presentarsi alle presidenziali del 2024, quando avrà 82 anni. Se dovesse ottenere un altro mandato, resterebbe alla Casa Bianca fino a 86 anni.

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Ucraina, Zelensky: “Pronti a controffensiva, avrà successo”

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"Non so quanto ci vorrà, può andare in molti modi completamente diversi, ma ce la faremo", ha assicurato il leader ucraino

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L’Ucraina è pronta a lanciare la controffensiva per riconquistare i territori occupati dai russi. Lo ha confermato il presidente Volodymyr Zelensky in un’intervista al Wall Street Journal: “Crediamo con forza che avremo successo. Non so quanto ci vorrà, per essere onesti può andare in molti modi, completamente diversi. Ma ce la faremo e siamo pronti”.

Già ieri, nel corso di una conferenza stampa con il presidente Alan Karis, Zelensky aveva assicurato che il risultato della controffensiva dovrebbe essere la liberazione dei territori ucraini e, quando accadrà “lo capirete”. “Questo non è un film, è difficile per me dire come sarà la controffensiva. La cosa principale è che la Russia lo vede, e non solo lo vede, ma lo sente – ha affermato – La liberazione dei nostri territori ci sarà e sarà il risultato della controffensiva. Quando succederà, capirete che sta succedendo”.

L’Indonesia propone un piano di pace per l’Ucraina, che prevede la creazione di una zona smilitarizzata e un referendum sotto l’egida delle Nazioni Unite nei territori ‘contesi’. Nel suo intervento al Shangri-La Dialogue, conferenza sulla sicurezza in corso a Singapore, il ministro della Difesa di Giacarta, Prabowo Subianto, ha parlato di un piano in più punti che prevede un cessate il fuoco “sulle posizioni attuali di entrambe le parti in conflitto” e la creazione di una zona demilitarizzata con un ritiro di 15 chilometri dalle posizioni avanzate di ciascuna parte.

La zona demilitarizzata dovrebbe essere osservata e monitorata da una forza di pace dispiegata dalle Nazioni Unite, ha detto, aggiungendo che dovrebbe essere indetto un referendum dell’Onu “per accertare oggettivamente la volontà della maggioranza degli abitanti delle varie aree contese”. “Propongo che il Shangri-La Dialogue trovi una modalità di… dichiarazione volontaria che solleciti sia l’Ucraina che la Russia ad avviare immediatamente i negoziati per la pace”, ha dichiarato Prabowo.

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Debito Usa, Biden: “Con accordo su tetto evitato collasso economico”

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"Nessuno ha ottenuto tutto quello che voleva, ma il popolo americano ha avuto quello di cui aveva bisogno", ha detto il presidente americano

“Era cruciale raggiungere un accordo” sul debito Usa e il via libera del Congresso “è una buona notizia per il popolo americano”. “Nessuno ha ottenuto tutto quello che voleva, ma il popolo americano ha avuto quello di cui aveva bisogno. Abbiamo evitato una crisi economica ed un collasso economico”. Così, nella notte, in una dichiarazione dallo Studio Ovale della Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha commentato l’accordo sul debito approvato prima della Camera e poi dal Senato e che lui firmerà oggi.

Biden ha lodato lo speaker della Camera Kevin McCarthy, con cui nelle settimane scorse aveva avuto duri negoziati, conclusi con un’intesa nella notte tra sabato e domenica scorsi. “Lui e io e i nostri team siamo riusciti a metterci d’accordo e a portare a termine le cose – ha riconosciuto il presidente – Siamo stati diretti l’uno con l’altro, completamente onesti l’uno con l’altro, rispettosi l’uno dell’altro. Entrambe le parti hanno operato in buona fede, entrambe le parti hanno mantenuto la parola data”.

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Scontro tra treni in India, 288 morti e oltre 900 feriti

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L'incidente nello stato orientale di Odisha. Il bilancio delle vittime è destinato a salire ancora

Si aggrava il bilancio dello scontro fra due treni avvenuto ieri in India, nello stato orientale di Odisha. Secondo fonti locali, i morti sono saliti a 288, mentre i feriti sono oltre 900 e il bilancio, secondo il chief secretary dello stato (la massima autorità civile) Pradeep Jena il bilancio è destinato a salire ancora.

Il primo ministro indiano Narendra Modi ha espresso il proprio dolore, rivolgendo la sua vicinanza alle famiglie delle vittime. “Sono in corso operazioni di soccorso sul luogo dell’incidente e viene fornita tutta l’assistenza possibile alle persone colpite”, ha twittato Modi. Le cause dell’incidente sono ancora in corso di accertamento.

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India, scontro tra treni: 50 morti e centinaia di feriti

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I soccorritori sono al lavoro per liberare centinaia di persone rimaste intrappolate tra le lamiere

Terribile incidente ferroviario in India, nello Stato dell’Odisha orientale, in seguito allo scontro tra due treni. Cinquanta morti e tra 300 e 400 feriti, secondo le prime notizie, riportate dai media locali. Ma il bilancio è ancora provvisorio.

Il primo ministro indiano Narendra Modi ha espresso il proprio dolore, rivolgendo la sua vicinanza alle famiglie delle vittime. “Sono in corso operazioni di soccorso sul luogo dell’incidente e viene fornita tutta l’assistenza possibile alle persone colpite”, ha twittato Modi. Le cause dell’incidente sono ancora in corso di accertamento.

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